Abele Longo: La Passerella di 8 ½

Fellini: “Otto e mezzo è un mosaico di sogni, ricordi, fantasie, mescolati alla realtà della preparazione della pellicola, diario cinematografico del film che si deve fare e non si arriva a mettere insieme, ma alla fine ci si accorge che è fatto e non è altro che la storia del film che non si farà mai” (in M. Verdone, 1995).

(Dalla sceneggiatura del film) Il critico Daumier: Lei ha fatto benissimo. Mi creda oggi è una buona giornata per lei. Sono delle decisioni che costano, lo so, ma noi intellettuali, dico noi perché la considero tale, abbiamo il dovere di rimanere lucidi fino alla fine. Ci sono già troppe cose superflue al mondo, non è il caso di aggiungere altro disordine al disordine. (…) No, mi creda, non abbia né nostalgia né rimorso. Distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche cose necessarie. E poi c’è qualcosa di così chiaro e giusto al mondo che abbia il diritto di vivere? (…) Meglio lasciar andare giù tutto e far spargere sale, come facevano gli antichi per purificare i campi di battaglia. In fondo avremmo solo bisogno di un po’ di igiene, di pulizia, di disinfettare. Siamo soffocati dalle parole, dalle immagini, dai suoni, che non hanno ragione di vita, che vengono dal vuoto e vanno verso il vuoto. A un artista veramente degno di questo nome non bisognerebbe chiedere che quest’atto di lealtà: educarsi al silenzio. Ricorda l’elogio di Mallarmé alla pagina bianca? E di Rimbaud? Un poeta mio caro, non un regista cinematografico (…). Se non si può avere il tutto, il nulla è la vera perfezione. (…) La nostra vera missione è di spazzare via le migliaia di aborti che ogni giorno oscenamente tentano di venire al mondo. E lei vorrebbe addirittura lasciare dietro di sé un intero film, come lo sciancato si lascia dietro la sua impronta deforme. Che mostruosa presunzione credere che gli altri si gioverebbero dello squallido catalogo dei suoi errori. E a lei che cosa importa cucire insieme i brandelli della sua vita, i suoi vari ricordi, o i volti delle persone che non ha saputo amare mai?

Fellini aveva in mente un altro finale per 8 ½: un treno, con i personaggi del film, che si lancia nell’oscurità della notte. Decise poi per la passerella che doveva fungere in un primo momento da trailer. La passerella è sostanzialmente una marcetta da circo frammezzata dal Tema di Carla (l’amante di Guido) e Ricordo d’infanzia che caratterizza il flashback di Guido bambino. Ascoltiamo per la prima volta la marcetta, in un andamento lento, quando appare il telepata nello spettacolo serale nei giardini delle terme. Il telepata è da considerare come simbolo del cinema di Fellini, dell’arte intesa come magia: è il telepata che nel carosello finale invita Guido a riprendere il suo lavoro. Sempre nello spettacolo nei giardini la marcetta diventa un ballabile, prova della malleabilità dei temi rotiani. Ritorna anche nella sequenza dell’harem come sorta di “residuo diurno” del lavoro di Guido. Trova infine la sua applicazione più riuscita quando, eseguita con lo staccato al pianoforte, commenta l’impiccaggione fantasticata di Daumier, il saccente critico francese che rappresenta l’antitesi del telepata.
A. L.


2 risposte a "Abele Longo: La Passerella di 8 ½"

  1. già. vieppiù la musica è l’antitesi dell’assenza di suono (onde per cui, giustamente, l’applicazione più riuscita della marcetta è quella che impicca l’elogio del silenzio).
    🙂

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