Carmelo Bene: Il monologo dei cretini

“Basta cogliersi in un gesto o pensare un istante a ciò che si sta dicendo, ripensarlo e sorge la parodia.”

“Io cito cose che potrebbero essere mie. Solamente per ragioni di sintesi dico l’ha detto tizio; così per confortarvi perché non sia sempre io a parlare.”
Carmelo Bene

Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna. Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai. Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla. San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando.

I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani, fidenti a ragione dell’emorragia imminente che lo fermerà. Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa. Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono.

È l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sè, dentro un altro oggetto. Tutto quanto è diverso, è Dio. Se vuoi stringere sei tu l’amplesso, quando baci la bocca sei tu. Divina è l’illusione. Questo è un santo. Così è di tutti i santi, fondamentalmente impreparati, anzi negati. Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall’ebetismo della loro psicosi o da forze telluriche equilibranti – ma questo è escluso -. È così che un santo perde se stesso, tramite l’idiozia incontrollata. Un altare comincia dove finisce la misura. Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione. Dove è passata una strega passerà una fata.

Se a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano. Lui non poteva perdersi o salvarsi, perchè senza intenzione, inetto. Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale. È così che si vede la Madonna. Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perchè una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati – erano di pietra gli strati – li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.

I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta: se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo. E davanti a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio. Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sè. Hanno visto la Madonna. Santi. I cretini che non hanno visto la madonna, hanno orrore di sè, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne – in convenevoli del quotidiano fatti preghiere – e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio.

L’ umiltà è conditio prima. I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque. Essere più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino. Religione è una parola antica. Al momento chiamiamola educazione.

da Carmelo Bene, Nostra Signora dei Turchi

                                                                                                                                                                                                                                                                                  “Giuseppe da Copertino è personaggio controverso, la chiesa aspetterà duecento anni prima di farlo santo. […] Sempre circondato da poveri. Chi orbo, chi storpio, chi deforme. Si aggrappano alla sua tonaca e lui se li porta in alto, salvo poi lasciarli sfracellare al suolo quando la presa dei malcapitati manca. […] Si risvegliava, frate Asino, quasi sempre in cima al cornicione della chiesa o sopra un ramo d’ulivo, in posizioni molto precarie. […] Analfabeta totale, parlava da ignorante ma, nella sua ignoranza, è degno di San Giovanni della Croce. Morì a Osimo. Disteso su un catafalco, appena coperto da un velo fu esposto ai fedeli. La ressa nella cattedrale era tanta e tale che scoppiò improvviso un grande incendio. Fu una carneficina, morti, ustionati. Il cadavere di frate Asino rimase intatto. Gli fu asportato il cuore e tagliato un dito. Fanatismo devozionale d’un conterraneo. Si possono ammirare queste reliquie nella bacheca sacra della “grottella” a Copertino” . C. B.

In Nostra Signora dei Turchi (1968) troviamo l’esempio più compiuto del neobarocco di Carmelo Bene, film in cui forma e contenuto vengono a non esistere piu’ come concetti differenzianti. Si tratta di uno stravolgimento totale dello stesso apparato cinematografico in nome di una concezione “visionaria” dello spettacolo, ricco di movimento e “decorazioni”. Nostra Signora dei Turchi, divertissement di citazioni e autocitazioni, è una sorta di autobiografia immaginaria che lo stesso autore ha definito ‘bricolage di suoni e immagini destinato a una citazione di racconto’ (Cosetta Saba). “Incurante delle regole, concentrato soprattutto in un gioco continuo fatto di colpi di scena, continue trovate e un grande lavoro di montaggio, Bene cerca anche nelle immagini, utilizzando ad esempio vetri colorati posti davanti all’obiettivo, di proporre una visione fluttuante e “liquida”  della realtà” (ibidem).


10 risposte a "Carmelo Bene: Il monologo dei cretini"

  1. un delirio immaginifico che ricordo bene quando, in quattro gatti, lo vedemmo con poche persone nella mitica saletta “CINEMA NO” in quel di napoli, e ricordo il compianto prof. agostino renna, morto giovanissimo, che ne fece una dotta analisi marxiana, davvero altri tempi, forse così…
    erremme

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  2. grazie
    ferni: niente di più lucido del barocco; nonostante le così tante “decorazioni”, nel caso di Bene, tipiche del barocco leccese (pietra “dolce” e decadente 😉
    roberto: c’erano una volta le mitiche salette e chi faceva analisi marxiane (altri tempi, sì, tanta nostalgia anche da parte mia)
    sabrina: molto bello il Se di Kipling, su youtube c’e’ anche una bella traduzione…
    Antonio: contento di averti qui, proporrò il nostro più spesso:-)
    abele

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  3. Bellissimo questo pezzo di poesia fuori dalla poesia, al limite della filosofia: “religione è una parola antica, per il momento chiamiamola educazione”.
    Interessante anche in un altro articolo quando dice che la poesia non è comunicabile, non è cultura: quasi che il fine comunicativo della parola desse valore e valore culturale alla parola stessa.
    Mi piace, se non ho capito male, il senso critico verso un bisogno di aggiungere significato e valore alla poesia perché venga riconosciuta. Come se non potesse essere anche diversamente da così.
    Bella occasione di riflessione.
    Vincenzo

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