Poetry Lab: Stefano Giorgio Ricci

 

Stefano Giorgio Ricci

Da dove viene la tua poesia?
La poesia, nella mia ottica di sempre, dovrebbe occuparsi di ogni cosa che stimoli passioni ed emozioni. Passioni ed emozioni vengono dalla strada. Nella mia vita attuale di cinquantenne che lavora ed in quella di ragazzo cresciuto ai margini, la strada ha un ruolo fondamentale. Voglio affermare che la mia poetica è figlia della strada e dell’inesauribile passione per la parola scritta.

Per chi scrivi, come immagini il tuo lettore?
Ho sempre scritto per me e, in epoche non molto remote, per le fiamme. Scrivo e scrivevo per dar corpo ad un impulso irrefrenabile, un’urgenza che, sul foglio bianco o in qualsiasi supporto scrivibile (depliant, lista della spesa, bugiardino,  pelle delle mani), doveva avere vita. Fino a non molto tempo fa, trascorso un tempo indeterminato, destino inevitabile erano le fiamme del camino. Non avevo interesse che alcuno leggesse. Io e le fiamme abbiamo letto molte rime. Le fiamme sono state, per molti anni, il lettore finale della mia poetica, praticamente l’unico.

Come vivi, con te stesso e con gli altri, il tuo essere poeta?
Sentirmi definire Poeta è gratificazione, esagerata, che non mi impedisce di vivere la mia quotidianità fatta di lavoro, affetti, amicizie, maschere, impulsi e necessità che non rispondono allo stereotipo di Poeta. Il muratore, il marinaio, il poliziotto, il bidello, l’usciere, il vigile del fuoco, il contadino ed io condividiamo molti aspetti comuni…io scrivo…pure loro. Non mi riesce di scindere il Poeta dall’uomo.

Come hai iniziato?
Osservando la strada. L’universo strada, i suoi ritmi e passioni, mi hanno messo  in mano la penna ed in mente la rima. Ho solamente dovuto fare un lavoro di recupero di armonie e dissonanze.

Come ti veniva insegnata a scuola la poesia, che ricordi hai?
Inchiodando le parole alla lallazione. Non si poteva recitare la poesia: si doveva rispondere al canone memorizzato dall’insegnate. Più ritenevo frustrante questo insegnamento è più amavo la ribellione della recita.

A chi fai leggere per primo i tuoi versi?
Un tempo abbastanza lontano, alla mia donna. Oggi  esordisce sul blog.

Usi la penna e/o il computer?
qualunque strumento mi consenta di fermare un pensiero, un respiro, un’emozione. Ricordo di avere usato, nella mia esperienza lavorativa di muratore, un coccio di mattone per scrivere su un muro l’urgenza di un pensiero:

Cosa, oltre?

Cosa, oltre i muri?

Cosa, oltre il concetto

di casa?

Quanto viene di getto o è frutto di lunghe elaborazioni?
Sono attraversato da milioni di linguaggi: la mia poesia è cristallizzazione d’istanti di linguaggio. Raramente ho ritoccato ciò che è espressione dell’attimo.

A parte le tue, quante poesie di altri pensi di ricordare a memoria?
Ho un talento incredibile nel dimenticare ciò che scrivo. La parola mi urge dentro ma, una volta diventata composizione, non m’appartiene più: diventa patrimonio di chi l’interpreta assecondando i suoi canoni, la sua educazione culturale.

Poesie intere? Nessuna.

Un consiglio prezioso da passare agli altri.
Qualsiasi supporto può fermare una rima. Tenete a portata di mano una penna.

Un poeta su tutti.
Ho molto amato la poetica di Juan Ramon Jimenez, colui il quale, unitamente a Montale /Quasimodo/D’Annunzio, mi ha incendiato l’innesco poetico. Ho molto amato, in una fase diversa della mia vita, i poeti della beat generation.

Oggi: Anedda, Bevilacqua, Cappi, De Luca, Pontiggia…

*
Libro

Consumo il nudo pasto di parole

bevendo l’oscuro vino della notte.

Oltre la cella bianca

evadono le nere ali di libertà,

esattamente dove tende il mio cielo:

che ora un vento sfoglia.

Voglia di foglio

versa il miele

sul mio nord:

scia di stella.

*
Ogni pietra scagliata

Ogni pietra scagliata

è frammento di madre,

senza odore né dolore,

ripara paradossi di verità

il volto che accoglie le ombre

di radici contorte               – sonore –

neppure il vento asciuga

il sangue:

sfiora, appena, il colore

riflettendo il sole

delle ferite

aperte

grembo nel grembo

mentre rinasce

il volto

Ricci Stefano Giorgio, nato a Oristano nel 1959

vita dai mille mestieri fino all’approdo, in età matura, all’uniforme. Vita non agevole, in parte vissuta in una Via dove: “… è meglio non passare…”, con grandi dolori che mi hanno consentito di gustare (fino ad inebriarmene) le piccole grandi soddisfazioni.

Autore di una raccolta poetica “Pareidolia”, edita da “Il Filo”

Coautore di due raccolte poetiche: “Anima Indivisa” e “Parole d’anima indivisa” con finalità sociali.


16 risposte a "Poetry Lab: Stefano Giorgio Ricci"

  1. “Ricordo di avere usato, nella mia esperienza lavorativa di muratore, un coccio di mattone per scrivere su un muro l’urgenza di un pensiero.” Un’immagine stupenda, un “manifesto”, tutto un modo di vivere la poesia che ritrovo nella poetica di Giorgio. Un poeta che, come può confermare chi lo conosce, è capace di spaziare su tanti temi diversi “scolpendo” con la stessa eleganza e misura.
    Abele

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  2. anzitutto Giorgio, complimenti per l’intervista tutta (viene fuori benissimo la tua persona, almeno quella che si percepisce a distanza), oltre che per la parte bellissima, già ripresa da Abele.
    Per quanto riguarda la poesia, che seguo oramai da un po’, trovo davvero che ti calzi a pennello quell'”essere attraversato da linguaggi”, anche rispetto al suono, sempre curatissimo nelle tue composizioni.
    I tuoi temi sono a 360°, guardano fuori, agli altri, quasi mai ripiegati sull’io, o se lo fanno, è un io allargato, condiviso. Molto belle infine le poesie che qui hai inserito, quel libro cella bianca, che il vento sfoglia, scia di stella mi fa stare ottimamente 🙂

    Bravo!
    ciao

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  3. Cominciando con tre commenti come quelli sopra non si può sfuggire: devo cominciare a credere realmente all’esistenza di un poeta chiamato Stefano Giorgio Ricci.
    Per gioco, crediamoci…
    cosa c’è dietro, ormai, lo sappiamo…cosa si presenta davanti?
    secondo voi?
    Per ora vedo amici disposti a leggere ed apprezzare
    facendomi sentire ricchissimo…

    Grazie amici miei.

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  4. “Cominciando con tre commenti come quelli sopra non si può sfuggire: devo cominciare a credere realmente all’esistenza di un poeta chiamato Stefano Giorgio Ricci”…

    Credo sia giusto, Giorgio. Un’intervista dove ti sei dato generosamente, molto apprezzata. Un saluto,

    Doris

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  5. beh, io condivido tutto quanto di bello e di buono è stato detto sulla poesia di Stefano, che credo sia una delle migliori da conoscere e amare.
    Lo seguo sempre con interesse e non sono mai delusa dal suo trasporre l’anima nei versi.
    Grazie
    cri

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  6. dare le parole alle fiamme ha indubbiamente un qualcosa – oltre il concetto di casa – d’esoter(m)icamente poetico.
    io amo quest’uomo.
    🙂
    ps: “riparaparadossi” è stupendo!!

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  7. Ho visto tra le notifiche questa nuova pubblicazione e come sempre, quando incontro persone che stimo e ammiro in luoghi diversi da quelli in cui di solito li vado a cercare e leggere, beh… ne ho una gran soddisfazione!
    Leggo che è stato detto molto, certamento non tutto quello che le pieghe del tuo sentire e poi trasmettere nascondono. Leggerti è ogni volta un regalo nuovo, e allora vorrei precisare che non siamo noi (tuoi lettori) a renderti ricco, lo sei di tuo(e basta, che ho la retorica che fa capolino).
    Un saluto, a presto leggerci.
    (grazie)

    clelia

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  8. di fiamme se ne sentono in questa “voce”, sì voce che cresce dalla terra scrittura.
    Non ha parole nate dalla scrittura, ma dai segni, in una strada che, ne sono sempre più certa, è maestra. Trovarsi segni in corpo e portarli fuori, renderseli visibili,visitabili e casa, quando l’altro, il tu sempre, anche quello del segno, è una porta che manca alla propria casa, una qualsiasi lungo l’itinerario del viaggio.
    Grazie per l’incontro.fernanda

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  9. è stato un fiorire copioso di carezze…ve ne sono grato anche al liscia sciatiche del mio inimitabile amico Malos….
    Doris, Cristina, Clelia, Fernanda ricevere da voi questo diluvio di critiche positive è incentivo a crescere….
    Grazie.

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  10. Alla bella immagine della poesia incisa sul muro col coccio, corrisponde un impianto solido e monumentale dei versi, una poesia concreta che nella mia fantasia vedo scolpita su un’architettura,
    con la funzione decorativa di un affresco, no meglio, vediamo questi segni incisi sull’asfalto della strada.

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  11. Sono stata davvero contenta di leggere di Stefano.
    E’ una di quelle voci belle ed eleganti ma discrete che vanno cercate e ritrovarlo qui, con le sue parole e i suoi pensieri, è stata proprio una sorpresa che però non mi sorprende, conoscendo l’occhio acuto di Abele.
    Grazie di questo regalo.

    betta

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