Plinio Perilli: HOLLYWOOD ODIOSAMATA (7) – Hollywood va alla guerra

7 – Hollywood va alla guerra

Ciò, mentre in qualche modo la nuova poetica del cosiddetto neorealismo (di Rossellini e De Sica, Visconti e Da Santis, Germi…) finì per gettare semi anche altrove, in tutt’Europa e perfino oltreoceano: vanno infatti ricordati l’importante film d’esordio di Elia Kazan, o le prime pellicole di Jules Dassin. Citiamo almeno, per il primo, Un albero cresce a Brooklyn (1945), e per il secondo opere come Forza bruta (1947), “disperato apologo sull’impossibilità della liberazione per l’uomo” (Mereghetti), e La città nuda (1948), semidocumentario girato nei quartieri poveri di New York. “Questo nuovo regista si era già fatto notare con Brute Force,” – concorda Sadoul – “un film che era stato influenzato dalla scuola europea e che paragonava il fascismo al regime di certe prigioni”…

Poi si andò anche più avanti, ricollegando la piccola alla grande Storia. Il diario di Anna Frank (1959) – con la storia della povera ragazza ebrea olandese, in Amsterdam occupata, che invano cerca scampo dai nazisti – non ebbe eccessivi meriti estetici; ma fu girato, con impeccabile trasporto, da quel George Stevens che, come operatore dell’esercito americano, aveva filmato lo sconvolgente documentario della liberazione del lager di Dachau… Qui per quasi tre ore non si esce da un appartamento: eppure sentiamo, vediamo lo stesso sullo sfondo in trasparenza il dolore di tutto il mondo travolto dalla guerra e soprattutto, direbbe la Hannah Arendt, dalla insopprimibile, inaccettabile Banalità del male.

Ecco, fu una pagina storica, quella dei cinegiornali di guerra. Gli americani li affidarono anche a loro grandi registi, quali Frank Capra (che supervisionò tutta la serie dei Why we fight), John Huston (il quale girò in Italia, nel ’44, The Battle of San Pietro) etc. E nella vasta pletora degli esempi, non ci dispiace citare anche alcuni film a colori ripresi durante gli sbarchi statunitensi nel Pacifico: La vera gloria, realizzato da Garson Kanin in collaborazione con l’inglese Carol Reed; e Memphis Belle di William Wyler, cronaca delle giornate degli aviatori che in quei giorni bombardavano la Germania…

Ma qui l’estetica individuale, o meglio la filmologia, s’incontra e si scontra con l’etica pubblica – nonché, diciamolo pure, con una sorta di fenomenologia della Storia suffragata e potenziata dalla tecnica più caparbia, accanita, e dal rito laico dello Spettacolo… Commenterà amaramente Bazin in pieno ’46, con le ceneri del conflitto ancora fumanti, e troppo corpi caldi o traumi insepolti: “Dato che la Storia, dopotutto, non è un balletto perfettamente regolato in anticipo, conviene sparpagliare sul suo passaggio il maggior numero di macchine da presa per essere sicuri di coglierla sul fatto (sul fatto storico naturalmente). È così che le nazioni in guerra hanno previsto l’equipaggiamento cinematografico del loro esercito allo stesso titolo dell’equipaggiamento propriamente militare. L’operatore accompagna il bombardiere nella sua missione, il commando nel suo sbarco. L’armamento del caccia comportava una macchina da presa automatica fra le due mitragliatrici. Il cameramen corre altrettanto pericolo dei soldati di cui è incaricato di filmare la morte, anche a rischio della propria vita (che importa, se la pellicola si salva!). La maggior parte delle operazioni militari comprendono una minuziosa preparazione cinematografica. Chi potrà dire in che misura l’efficacia strettamente militare si distingue allora dallo spettacolo che se ne attende?”…

Neorealismo inconscio, propagandistico e amplificante? O era soprattutto nell’aria, come spora o seme, bacillo, enzima, germe profetico ed infebbrato? …Ma tutto ciò non toglie – anzi dolcemente lo conferma – che la vera storia del cinema, come disse Otto Preminger, si divide oramai in due sole parti: prima e dopo Roma, città aperta.

© Plinio Perilli, casa editrice Mancosu (Roma), 2009
® Vietata ogni riproduzione e/o uso del testo se non previa autorizzazione dell’autore.

 


3 risposte a "Plinio Perilli: HOLLYWOOD ODIOSAMATA (7) – Hollywood va alla guerra"

  1. Gli americani che bombardarono Cinecittà a guerra ormai finita…
    A proposito dell’impatto del neorealismo negli Stati Uniti, secondo uno studio basato sui giornali del tempo l’interesse era nato grazie anche al fatto che trovavano le attrici italiane molto attraenti. Questo era il caso anche di Anna Magnani in Roma città aperta…
    Abele

    "Mi piace"

  2. La guerra nel cinema, e specie in quello americano, è stata rappresentata tante e tante volte, e non solo per amore storiografico o della cronaca, ma perchè tutti i registi sanno che ha un potere fascinatorio ineguagliabile sul pubblico. Il caso del film Roma città aperta è però davvero un caso a sè; e come ci ricorda Plinio Perilli, rappresenta uno spartiacque nella storia del cinema che ha marchiato in maniera indelebile tutta la filmografia successiva.

    monica

    "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...