"Al di là del cancro" di Augusto Benemeglio (lettura Doris Emilia Bragagnini)

Augusto Benemeglio, Al di là del cancro, 2010.

Associazione Culturale “L’uomo e il mare” ed.- Gallipoli (Lecce).

Copertina Mimmo Anteri, geometrie esistenziali –  acrilico su tavola.

aldiladelcancro[1]

Scritto e vissuto da Augusto Benemeglio
Presentato dal Gruppo Recital 2010  Biblioteca – Centro di Formazione giovanile Madonna di Loreto – Casa della Pace – Roma, giovedì 29 settembre 2011 evento creato da Valeria Vezzil
***

Il dolore derivante dalla malattia diventa comunemente un monito insormontabile, nulla vi può essere accostato, pena il decadimento all’autorizzazione a parlarne. Eppure è proprio questo che andrebbe sovvertito, sempre rimanendo nel rispetto, con attenzione e presenza. Sovvertire l’idea del dolore come – unicamente strazio -. Augusto Benemeglio nel suo libro è riuscito a fornire una via d’uscita “laterale”, ricca di significato, la sua personale sì, ma anche quella che potrebbe essere di molti, non una rimozione, piuttosto un modo di correre vivi parallelamente, a “quanto” vuole sottrarre la vita, affievolendo sempre più. La valenza effettiva del libro, si presenta già dal titolo che dice appunto: “al di là… “, dove l’autore attraverso la sua specificità di poeta e scrittore che “ vi passa attraverso”, riesce a profondere un incanto del senso, derivante da percezione acuminata. Attraverso un colloquio fitto, nella rivisitazione di tempi, luoghi, volti e straordinari riferimenti a pagine letterarie, moltissimi i voli lirici capaci di forte emozione, immersi una scrittura vivida e avvolgente capace di toccare dentro. Un testo che cattura da subito fin dalle primissime battute, con quel suo andare poetico, capace di accedere alla parte del lettore che sceglierebbe sempre di farsi trascinare in un gioco di proiezioni intensissime e incantate, a volte visionarie, dove la bellezza è, diviene, a portata di mano e grazie alla “magia” della parola, salvifica. Proprio qui si verifica la trasgressione più grande, capace di rendere questo libro un bellissimo esempio di libertà d’animo, dove la creatività dà libero svolgimento a quello che potrebbe essere il suo – canto del cigno – (“il puro cigno sospeso tra cielo e onda”), si fa straordinaria testimonianza di un percorso attraverso le terre buie di un dolore complesso, fisico e morale, mai descritto in modo subalterno, sempre “giocato” alla pari, contro l’artiglio pronto a ghermire, dove tutto è trasformato in senso pieno, nulla viene sprecato, verso una dimensione descritta con lucidità straordinaria, capace di sorridere alla lacerazione e di sussistere all’idea di un dono da lasciare come orma di sé, di quel sé spremuto dalla malattia (anche). Una dimensione che porta “oltre”, dove la sofferenza non ha più un nome o una dimensione precisa:

*… ”ci sono dolori che non hanno tempo

immobili, enormi, mille volte più forti

della nostra capacità di soffrire

mille volte più forti

della nostra capacità di sopportarli

dolori che restano lì

inesorabili come pugnali nel cuore,

dolori che non danno tregua

che ogni giorno ci svegliano

quando noi ci svegliamo

e che di notte non ti fanno dormire”…

 

*“la sofferenza ha un valore/ il dolore ha un suo costo”…

*“Sono come un ricercatore d’inchiostro e della notte illuna, la notte perfetta, pura tenebra, macchia nera, e l’elemosina è il colore, ma non c’erano più colori in quella stanza, neppure di giorno…”

Eppure Augusto Benemeglio ha saputo trovare la strada, ha intuito come muoversi nella partita più volte richiamata nel testo e da questo, regalare una creatura letteraria non collocabile, unica nel suo genere, generosa, preziosa.

Doris Emilia Bragagnini

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*“Friedrich Wilhelm Nietzsche ha detto: “Quello che non mi uccide, mi fortifica”.

Al di là del cancro è l’ultima fatica, in ordine di tempo, di Augusto Benemeglio, un esercizio di stile, una denuncia delle ovvietà, ma soprattutto un accorato racconto di chi ha lottato contro il male per antonomasia – il cancro – e ha sofferto per la soccombenza di amici e affetti di fronte a questa malattia, riscoprendo quanto tortuoso possa essere il percorso che il destino riserva a ognuno di noi.”

[di Agnese Bascià, per “Cultura Salentina”  http://culturasalentina.wordpress.com/2010/10/15/oltre-il-cancro-lultima-fatica-di-augusto-benemeglio/]

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*“Nell’Avvertenza l’autore scrive che il suo non vuol essere altro che il tentativo, a mio avviso riuscito, di dare significato a ciò che, d’un tratto, gli appare incomprensibile. Dare, cioè, un senso a quello che all’improvviso gli è accaduto, la sua malattia… E per farlo Benemeglio si consegna alla parola, alla scrittura che in questo modo acquista una funzione, direi, terapeutica. A pagina 60 leggiamo: “Vivere eternamente grazie alla parola, vivere nella parola, grazie alla magia della parola”. Questa dichiarazione ci rimanda, come sappiamo, alla natura salvifica della parola, e più precisamente ci ricorda il possibile riscatto, la via d’uscita che offre la narrazione. Narrare vuol dire procrastinare, differire, rinviare l’appuntamento col proprio destino. Fintantoché si racconta una storia la morte può attendere.”

[Di Antonio Imbò, estratto dalla relazione letta nella Sala della Tipografia del “Commercio” di Lecce. Sabato, 16 ottobre 2010 da  http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/12/06/al-di-la-del-cancro/ per Fabrizio Centofanti a “La poesia e lo spirito”.]


23 risposte a ""Al di là del cancro" di Augusto Benemeglio (lettura Doris Emilia Bragagnini)"

  1. Grazie, cara Doris. Sei stata formidabile. Ti pagherò un caffè sontuoso al bar di Piazza del Popolo, dove l’etrusco Vincenzo Cardarelli teneva pubblica lezione, col suo cappottone di lana grossa, la scialletta che l’avvolgeva completamente, anche d’estate ( soffriva di una malattia rara, che lo faceva tremare di freddo in tutte le stagioni), e una notte assistè ad un lite furibonda tra Isadora Duncan e Sergej Esenin, il poeta russo delle cantilene deliranti e allucinate, squassate da improvvisi soprassalti di rivolta e rimpianto. Erano entrambi sbronzi. Cardarelli si avvicinò al poeta ( non so quale lingua parlassero, forse l’inglese) e gli disse: fratello, il tempo è dietro di noi, ma come fondo che non appare , a questa, che è la vita , azioni di contrasti, nel vuoto. E quello si calmò. Andarono insieme in un altro bar e parlarono fino all’alba. La Duncan , intanto, si era eclissata.

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  2. vorrei saper commentare come sanno fare alcuni e la stessa Doris, perché mi colpisce nel profondo tutto, per esperienza diretta e perché amo chi riesce a trasmetterne la drammaticità con tanta serenità e poesia.
    grazie ad Augusto e a Doris.
    grazie anche ad Abele.

    “la sofferenza ha un valore/ il dolore ha un suo costo”…

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  3. Caro Augusto, spero davvero in quel caffè prima o poi, anzi ne vorrei uno in ogni dove tu avessi qualcosa da raccontare come appena fatto. Grazie sempre per il tuo modo di porgere la bellezza che conosci e di renderla vicina, quasi palpabile, i tuoi “ritratti” sono memorabili, quasi come averli sperimentati. Isadora per esempio, sai dove si era cacciata… (sorrido!).

    Un caro saluto, a te e agli amici di neobar. Doris

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  4. Credo nelle coincidenze, in quei segni che arrivano insieme come parte di un disegno, di un incontro inevitabile. Prima coincidenza: Tempo fa su La poesia e lo spirito tra i commenti al nostro libro, La Versione di Giuseppe, ce n’era uno di un certo Augusto che non solo conosceva l’opera di don Tonino ma gli aveva dedicato un lavoro teatrale, ora ho scoperto, grazie a Doris, che si tratta di Augusto Benemeglio. Seconda coincidenza: Proprio ieri, prima del post di Doris, avevo ritagliato dal Guardian un articolo su Philip Gould, uno dei “guru” del partito laburista che sta scrivendo un libro sulla sua esperienza di malato terminale di cancro. L’articolo l’ho conservato perché mi capita spesso ultimamente di pensare a questo male, così diffuso da caratterizzare, direttamente o indirettamente, l’esistenza di noi tutti. Di cancro ho visto morire mio suocero, è malato di cancro mio padre e un amico. Il libro che sta scrivendo Gould è centrato sul fatto che da quando gli è stato detto che ha soli tre mesi di vita sente di non avere più paura della morte. “Avere una scadenza”, dice, aiuta a mettere ordine nella propria esistenza; e questa consapevolezza lo ha aiutato a riconciliarsi con la moglie, a scoprire, grazie a lunghe conversazioni, ciò che la vita frenetica che conducevano gli aveva nascosto. Questa esperienza, nella sua specificità, testimonia come si può andare oltre il cancro, anche nel caso più estremo. Andare oltre è sovvertire tutta una cultura che porta alla rimozione del male, a relegare il malato nel passato, nel momento in cui, invece, come nel caso di Gould, la vita ritrova tutta la sua pienezza.
    Un grande grazie ad Augusto Benemeglio (mi piacerebbe molto proporre dei tuoi testi, incluso qualche estratto dal lavoro su don Tonino), e a Doris, come sempre.
    Abele

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  5. caro Abele , su Don Tonino ho scritto molto, in passato, forse troppo. Ho ricevuto il libro antologico (La versione di Giuseppe) che tu (credo) hai curato, e ti manderò una breve recensione. Alcune poesie l’ho apprezzate, altre meno.
    Ma è difficile dire chi era Tonino. Era “l’altrove” Disse Mons. Riboldi (n il vescovo antimafia, molto amico di Tonino) che era un poeta, uno scopritore di stelle. Ma era , soprattutto, un santo, e i santi sono rari, sono persone che portano sulle spalle anche le nostri croci, ma con gioia, con un amore illimitato, a prova di tutto , i santi sono i giullari di Dio, come San Francesco d’Assisi , che portano un soffio di speranza sulla salvezza dell’uomo, nonostante tutto…”. Io mi trovavo lì, a Taviano, in attesa che Riboldi arrivasse e intrattenevo il pubbolico con i “dialoghi di don Tonino” ( segue)

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  6. Riboldi era venuto nel Salento per onorare la sua memoria ( era morto da un paio d’anni) , ma anche per portare testimonianza, per dire a chiare note con la sua voce robusta, tonante , vibrante , che don Tonino era la purezza della vita librata sul mondo , uno di quei doni che il Padre Eeterno elargisce una volta ogni secolo , e che noi spesso non ce ne accorgiamo , non vediamo, non ascoltiamo, rimanendo prigionieri nella sfera angosciosa del nostro nulla ( il posto di lavoro, la casa, i soldi in banca, le cose da esibire, la nostra falsa tranquillità, la nostra falsa sicurezza, sempre ben chiusi nel bunker che è il nostro cuore , un lago di indifferenza)
    Don Tonino era stato ed ara ancora lì dove si raccolgono tutte le ansie le pene le ingiustizie le umiliazioni , le sconfitte , le macerazioni, le disperazioni, dove tutte le passioni della terra si uniscono per far trionfare la giustizia, la pace , la solidarietà, il bene comune , e diventano carezza di voce , tenerezza, rinascita.
    Lui solo, Tonino da Alessano , era il vero grande cuore, la grande anima , la speranza Salentina , e da lui bisognava iniziare ogni progetto, ogni costruzione affinchè il Salento diventasse davvero quell’ arco di pace e di solidarietà di cui aveva sempre parlato.

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  7. Tonino è già santo , – disse Riboldi – , non c‘è bisogno di alcun processo ,di alcuna causa di beatificazione per averne conferma . .

    Dai numeri alterni, dalla danza perenne di nascite e morti , da celesti città di sabbia o infernali città di fuoco , da imperio e servitù, da inedia e opulenza, da grazia e venustà, da asprezza e calma, dalle dominazioni di secoli su una terra che vomita morti , dal profondo Salento , quello del Capo , a poche miglia da Leuca finibus terrae , era nato lui, Tonino Bello , terzo figlio di una famiglia poverissima . Lui era miele di miele , sostanza di sostanza, essenza di essenza, l’amore che aiuta a vivere e a sperare , ma anche un prigioniero nella sfera delle nostre piccolezze , abitudini, indifferenze , grigiore; era venuto a scuotere , a far crollare le nostre sicurezze , le nostre certezze con le parole del Vangelo, parole che fanno sempre male per chi non conosce l’umiltà di cuore . Tra fuori e dentro , tra lo’altro e noi , tra l’istinto animale e il collegamento divino , s’infiltrava lui come una passione senza limiti , senza confini , senza spazi , ed era accettato da giovani , dai poveri, dai diseredati, dai drop out, dagli ultimi , combattuto dagli altri, dai potenti, dai benpensanti , dalle istituzioni , e, talora, dai suoi stessi confratelli. Lui era “l’altrove”.

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  8. Tonino è già santo , non c‘è bisogno di alcun processo ,di alcuna causa di beatificazione per averne conferma . .
    Dai numeri alterni, dalla danza perenne di nascite e morti , da celesti città di sabbia o infernali città di fuoco , da imperio e servitù, da inedia e opulenza, da grazia e venustà, da asprezza e calma, dalle dominazioni di secoli su una terra che vomita morti , dal profondo Salento , quello del Capo , a poche miglia da Leuca finibus terrae , era nato lui, Tonino Bello , terzo figlio di una famiglia poverissima . Lui era miele di miele , sostanza di sostanza, essenza di essenza, l’amore che aiuta a vivere e a sperare , ma anche un prigioniero nella sfera delle nostre piccolezze , abitudini, indifferenze , grigiore; era venuto a scuotere , a far crollare le nostre sicurezze , le nostre certezze con le parole del Vangelo, parole che fanno sempre male per chi non conosce l’umiltà di cuore . Tra fuori e dentro , tra lo’altro e noi , tra l’istinto animale e il collegamento divino , s’infiltrava lui come una passione senza limiti , senza confini , senza spazi , ed era accettato da giovani , dai poveri, dai diseredati, dai drop out, dagli ultimi , combattuto dagli altri, dai potenti, dai benpensanti , dalle istituzioni , e, talora, dai suoi stessi confratelli. Lui era l’altrove.

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  9. Don Tonino Bello , il “ fratello vescovo” , il profeta della chiesa del grembiule , “l’uomo tutto evangelico” , le cui spoglie mortali si trovano nel cimitero di Alessano, nella sua piccola patria natìa, in quel recinto della febbre e della polvere dove per mille anni il nascere fu spento , e del perire non ci fu traccia ; ora c’è lui , Tonino riposa lì, dove suo fratello Trifone ha piantato un ulivo che fa ombra e musica sulla pietra tombale , e poi ha costruito un arco di pace , in pietra viva , che guarda a oriente. E tutt’intorno ha disposto i bianchi gradini , che sanno di eternità silenzio e preghiera ; un piccolo sacrario dove molte persone s’adunano per un saluto, un’orazione , una meditazione, un lieve bacio un sospiro nell’orlo della luce , spargendo profumi di nostalgiche memorie. A pregare su quella tomba c’era stato anche lui , Riboldi, allora ancora vescovo di Acerra , ed era venuto nudo ,come il più nudo dei misteri ( via i paramenti , via la scorta, via il seguito religioso e civile , via le voci , i suoni , le immagini , le parole ) . E stava lì in silenzio a delirare coi suoi ricordi , lui e l’amico insieme sulla croce , o nella sua casa di Milano , insieme a pregare con vibranti parole mute , ma anche a scherzare , a sorridere impacciati davanti al Cardinale Martini ; era lì a risvegliare l’amico verso il profilo della sua reincarnazione , sotto i flutti dell’oscurità della prima alba , a piangere umilmente, sì, ora piangeva e con lacrime che facevano laghi sulla pietra intatta , a mormorare frasi alla sbiadita luna come un errante pastore dell’Asia . O, Tonino, fratello vescovo , guerriero di pace e di gentilezza , la tua forza, il tuo canto, il tuo oro del cuore … che vuoto!, che mancanza questa mancanza del tuo cuore!

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  10. una presentazione molto bella e accurata: “e grazie alla “magia” della parola, salvifica. Proprio qui si verifica la trasgressione più grande, capace di rendere questo libro un bellissimo esempio di libertà d’animo”

    un tema che ci tocca tutti, così come ci afferra e incontra la sua condivisione aperta e non rimossa.

    Grazie!

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  11. Augusto!!
    Sei tu lo spilungone romano che ti pascevi di poesie e di pensieri metafisici fra sogni fantasie e realtà, mentre facevamo il servizio militare a Taranto nel 1966 in una combriccola di 5 o 6 amici con le uniformi da sergente-diplomato belle della marina, e passavamo le libere uscite seduti ai tavolini dei bar all’aperto a parlare di sogni sessantottini mentre gustavamo dei magnifici gelati, oppure girovagavamo in una fiat 600 dello scrivente, napoletano, per i paesi limitrofi come Alberobello o Martina Franca e altri posti a spendere i soldi della paga in quei magnifici ristoranti pugliesi ove veramente assaggiavamo il cibo degli Dei che solo in quella terra esiste, infarcito e condito con le tue visionarie e fiabesche dissertazioni poetiche e rinvigorito dal vino rosso stupendo che sollevava neil’infinito dei cieli lo spirito generale?????

    Sono sicuro che sei tu!!
    Io sono quello che aveva un amore cileno ed al quale tu inviasti anche una lettera bellissima che conservai per molti anni ma che poi persi, assieme a tante altre cose ed amori, nella turbolenza ciclonica degli anni che seguirono.

    Adesso mi chiamo beautiful41, sono semi paralizzato ed in pensione da alcuni anni ma seguo il computer ed internet da dilettante, dove ti ho ripescato per caso, dopo aver fatto della Terra e dell’Universo la mia dimora per oltre 40 anni.

    Ho riscoperto la mia vera passione di rivoluzionario per cambiare questo mondo malato totalmente, capovolgendolo come un cestino e lasciando cadere il suo contenuto per fare spazio ad un nuovo mondo di idee che possano riportare questo pianeta sulla giusta perduta strada.

    Noi che veniamo dal niente o dallo zero e che ci siamo cullati ed illusi su un futuro eternamente migliore, proprio per questa esperienza vissuta sulla nostra pelle siamo i più indicati a dare una virata decisiva ai destini dell’umanità mostrando una nuova direzione verso la quale dover procedere.

    Mentre leggi so che ti sta ribollendo il sangue ed il tuo spirito sta ritornando a quei lontani anni della gioventù. La tua malattia non conta niente. Tu e noi siamo immortali finchè avremo idee e l’entusiasmo di quei lontani anni che rimarranno per l’eternità nei nuovi destini, nuovi orizzonti e nuove filosofie di vita da noi elaborate.

    Sconfiggi pertanto la tua malattia con la forza della tua anima e della tua mente per quest’ultima grande titanica impresa.

    Sei arruolato all’istante fra i rivoluzionari del Rubicone del Terzo Millennio. So che non rifiuterai. Paga per il lavoro zero. Retribuzione composta da Onore, Fede, Fiducia, Autostima, Sicurezza, Orgoglio.

    Sei venuto per cambiare il mondo e ci riuscirai!!!

    Ti abbraccio e ti auguro Buona Fortuna

    Beautiful41

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  12. Hai ragione, amico mio carissimo , ho tremato d’emozione! Ho ancora i brividi per il tuo scritto! Tu eri allora un navigante vero, che faceva una sosta, una pausa , nella marina militare . Eri già , ai miei occhi, un “uomo vero” che sapeva dell’Oceano , di Leviatan e dell’arpione insanguinato di Melville , dell’aroma delle notti e dell’alba , dell’orizzonte ove la sorte guata , della felicità di aver coraggio , della tua Itaca-Capri , dove mi portasti dopo una lunga notte trascorsa nella tua seicento. Io ero solo un ragazzo pieno di sogni,e non avevo nessuna chiave, e non potevo aprire nessuna porta, nè tantomeno cambiare il mondo, però era bello ordire meraviglie capaci di spiegare le sorti più ostinate.
    Il periodo trascorso con te ( c’era un altro sergente, biondo, triestino, di cui non ricordo il nome, con facevamo uno splendido Trio errante) è stato uno dei più belli e intensi di tutta la mia vita marinara . E’uno di quei momenti che ritornano come memorie piene di melodia , vere e proprie note musicali del cuore. Ora sento che tu sei crocifisso ( lo siamo un po’ tutti, ma tu in modo particolare) e – come dice Borges – devi essere anche la croce e i chiodi. Che devi bere il calice come Socrate e devi essere la cicuta. Che ti bruciano e devi essere l’inferno. Su te grava il peso preciso dell’universo ,con le sue brutture , le sue umiliazioni, le sue disfatte quotidiane, la sua “liquidazione”, giorno dopo giorno. Sei un uomo pieno di ferite , un uomo murato , privo di qualsiasi valore contrattuale, anzi un peso per la società, e tuttavia non piangi, non imprechi , non ti lamenti per la tua sventura , anzi giustifichi tutto ciò che ti ferisce e ti annienta , perchè hai riscoperto la tua natura rivoluzionaria, il tuo grande coraggio di marinaio che conosce il salato, l’amaro, il concavo, il liscio, il ruvido, i sette colori dell’arcobaleno e le lettere dell’alfabeto, i volti degli uomini, gli astri, gli animali, le mappe , il tutto col dubbio, anzi la certezza quasi totale che noi, e solo noi, con la forza dei nostri ricordi, ombre cardarelliane troppo lunghe per i nostri giovani corpi ( parliamo di quasi cinquant’anni fa , caro amico!!),e con la fede del rivoluzionario , che sempre ci ha animato, siamo ancora in grado di cambiare il mondo, di dare uno scossone a questo vecchio mondo malato e in via di liquidazione.
    E perchè no? Tanto non abbiamo nulla da perdere!!
    Hai sempre avuto un’innata capacità di scopritore dell’ignoto, eri un po’ il mio Erik il Rosso, o Sindbad , ma la tua magia , la tua sublimità , che è propria dell’essere umano, si manifesta pienamente ora, che sei su una sedia a rotelle.
    Che dirti, caro caro amico dell’anima?
    Sono lieto, felice di far parte del tuo esercito rivoluzionario.
    Un grande, fortissimo, fraterno abbraccio.

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  13. Caro Augusto, il mio ricordo di don Tonino è legato agli anni del liceo, a Tricase, proprio prima che lo facessero vescovo. Eravamo tutto sommato una generazione di sfaccendati, ma riconoscevamo la grandezza di don Tonino, c’era per lui un rispetto assoluto. Rappresentava, al di là di tutto, un “modello”: la sua cultura, i suoi tanti interessi, la personalità, umanità, etc. e soprattutto la modernità del suo pensiero e il saper parlare la lingua di tutti. Quello che andava facendo, organizzando, durante i suoi anni da vescovo, non mi ha sorpreso; era semmai una conferma. Quello che ne è seguito, invece, dopo la sua morte, mi ha fatto da una parte piacere ma lo ho anche percepito a volte come frastuono. Don Tonino è diventato suo malgrado un mito. Gli hanno dedicato di tutto, eretto statue (non sempre all’altezza), ne hanno parlato così tanto… che ho sentito il bisogno di starmene in silenzio. Nelle mie classi, in quello che ho scritto, mi sono occupato di altre figure importanti della nostra cultura, ma don Tonino me lo sono riservato tutto per me, negli angoli più intimi della mia esistenza. Finché, e siamo a quanto successo quest’anno, ho sentito che di don Tonino ce n’è tanto bisogno, e da qui la nostra Versione di Giuseppe, partendo proprio dalle sue parole…
    a presto!
    Stupendo l’incontro con il tuo Sindbad!
    abele

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  14. Carissimo Augusto,
    che emozione leggere le parole che provengono dalla tua anima e dalla tua essenza di Uomo immortale dopo che nuove dimensioni di spazio e di tempo hanno cambiato la realtà circostante in tutti questi anni, quasi come se ci fossimo incontrati su un altro pianeta o su una stella lontana migliaia di anni luce!!

    Ma tu con la tua umanità e personalità sei sempre lo stesso, sei lo stesso Socrate che intratteneva la combriccola di suoi amici sergenti che lo ascoltavano in silenzio mentre tu li ammaliavi dall’alto della tua statura, della tua parola e della tua sapiente e fantasiosa poesia, come un fachiro indiano che con la musica del suo strumento intrattiene nella magia e nell’incantesimo l’attenzione dei cobra che gli stanno in piedi davanti. La magia delle tue parole è incantevole e si passerebbe la vita volentieri a leggerle e a rileggerle.

    Il biondo triestino al quale accenni si chiamava, e spero che si chiami ancora, Stocca e ricordo che mi diceva che sua madre vendeva fiori in una strada di Trieste. Il buon Stocca era un simpaticone dal carattere d’oro. Gli altri della combriccola erano un altro triestino chiamato Visentini o Visintin, un milanese o bergamasco ed ancora un altro della sardegna o sicilia dei quali però non ricordo i nomi.

    E’ stato quello un periodo fantastico della vita che poi, anche per me, non si è più ripetuto. Come l’ombra di un sogno fuggente, per usare un genere di idee e parole a te familiari. L’ombra di questo sogno però non è passata invano perchè l’aspirazione alla concretizzazione di questo sogno sta ritornando, a mio giudizio, con forza irresistibile nell’animo umano, abbrutito negli ultimi decenni dal puro materialismo che conosciamo.

    Forse è la memoria di questo sogno fuggente che mi ha convertito ad una nuova mentalità rivoluzionaria nel senso di rigettare tutti i valori falsi e “moderni” strombazzati ai quattro venti negli ultimi decenni, per riscoprire una realtà eterna ed immortale di Civiltà che è stata per millenni sotto il nostro naso ma che l’uomo non ha mai voluto riconoscere.

    Come avrai già potuto vedere da qualche anno esprimo questo nuovo rivoluzionario pensiero su un blog, “Pensieri dell’Uomo”, per cercare di concretizzare il sogno lasciato sfuggire come un’ombra vagante , ma reale, durante gli anni della gioventù.

    Sono sicuro che questo tuo arruolamento fra i rivoluzionari del Rubicone del Terzo Millennio, di cui sono comunque onorato, ti darà nuova linfa vitale e renderà più solida e sicura la tua anima ed essenza di uomo.

    Ti sei affermato ed hai comunque raggiunto quello che era per te un importante traguardo di scrittore apprezzato e stimato e penso che le tua parole ed i tuoi scritti abbiano tutte le condizioni perchè tu divenga un Socrate Millenario. Per questo la nuova linfa vitale ti catapulterà ancora di più verso un futuro da conquistare, risparmiandoti di rimanere seduto sugli allori di una corsa già ultimata e vinta.

    Ti ringrazio delle tue parole e dei tuoi sentimenti, ti abbraccio fortemente e ti saluto.

    Ringrazio e saluto la Signora Doris Emilia Bragagnini.

    Saluto il Signor (o Signora?) Abele Longo.

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  15. Carissimo Augusto, continui ad essere per me una luce, un esempio di forza indicibile. l’altro ieri ho appreso dell’ennesimo suicidio di un poeta. quanto avrei voluto che tu gli fossi stato vicino. di sicuro con la tua sovrabbondanza di cuore gli avresti fermato la mano. ma non ci è dato conoscere il perchè del nostro destino. so soltanto che persone come te diffondono serenità intorno, oltre ogni impensabile ostacolo. e sono felice di averti conosciuto.
    e bello sapere che hai conosciuto don Tonino,di sicuro ti ha trasmesso la sua immensa forza, insieme alla sua capacità di muovere con la parola. grazie, Augusto. grazie, Doris

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  16. Mi sento un po’ confuso. Fate di me un monumento vivente , ed io sono in realtà pieno di dubbi, di incertezze, di manchevolezze, di fragilità. Siete voi i veri giganti , caro Beatiful 41 ( grazie di aver ricordato il nome del biondo sergente triestino, che ricordo proprio così, pieno di allegria, con una voce di gioia , così lieve e musicale , che gli gorgogliava nella gola) con la tua incredibile energia di guerriero di un’ utopia rivoluzionaria , che sa di agonia e pur di ultima , fatale speranza ; e tu , cara Annamaria ,poetessa di statura internazionale che traccia ostinatamente, instancabilmente, oserei dire pervicacemente, altri segni , nuovi arabeschi , nuove preghiere, nuovi universi, nuovi enigmi racchiusi nel segreto labirintico e misterioso della poesia.
    Siete voi , amici miei , che proiettate su di me la vostra grandezza d’animo, e mi conferite una statura che non è la mia. A me sembra – onestamente – di essere un povero scriba che cerca di far bella mostra di sè , uno che s’arrampica sulle parole come un acrobata, un equilibrista degli alti piani , ma sotto sotto c’è il trucco, perchè c’è la rete e se precipita non succede nulla. Al cospetto di uomini e donne come voi , per tacere di don Tonino, – vero e proprio dono , carezza tenerissima , ma spietata , del Creatore , faro della nostra povera umanità, – mi sento solo un mucchietto di ossa e polvere , incessante materia di atomi e tempo , che non ha realizzato nulla di concreto e aspetta ancora il momento di poterlo fare, se gli è concesso tempo. Chissà , forse basta un istante. Un solitario istante . E tutto può cambiare.
    Grazie della vostra stima e del vostro affetto.
    Un grande abbraccio.

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  17. nessuna statura di nessun tipo, caro Augusto. non siamo che quella polvere di cui tu parli, lievissima, che però vibra e cerca di riassemblarsi in fango-parola vitale ancora, chissà.
    la tua rete: l’umiltà, che ti fa altissimo.
    giovedì partirò per Tricase, ma sarò virtualmente in prima fila tra gli spettatori più entusiasti,
    annamaria

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  18. Caro Abele, capitai un giorno , una domenica a Tricase ,ancora feudo della DC , (Codacci Pisanelli, Donato Valli , la Vallonea, il piccolo porto col Delegato di Spiaggia che era un “lavativo” , questi allora erano i miei riferimenti) , per una gita ( allora stavo a Gallipoli) e quando vi giunsi era quasi l’ora della messa (11,30?) , imperdibile per mia moglie. Entrammo nella cattedrale che era affolatissima, e ci colpì soprattutto la presenza di moltissimi giovani di quella fascia d’età che si abbandona la chiesa e soprattutto la messa domenicale ( 17-20 anni)in modo quasi definitivo ( solo pochi ritornano a frequentare la chiesa, e sempre per via della fidanzata o moglie). Non erano più i Sabati del Villaggio, non erano “”i tempi delle botteghe “” quando “” l’amore /contava i rintocchi del ciabattino/ prima che la notte lo soprendesse / con i chiodi ancora ta le gengive”” . Che sortilegio era questo, ci chiedemmo con mia moglie? Era presto spiegato. Celebrava don Tonino, che sapeva affascinare e avvincere l’anima dei ragazzi, con cui si divertiva ancora a giocare al calcio, all’ala destra, una sorta di Garrincha con l’abito talare ( sì, perchè anche quando giocava a pallone indossava la tonaca!).

    Ricordo un altro episodio . C’era un mio amico , un querulo pittore e poeta, che reclamava la sua gloria che gli veniva lesinata, e conosceva Tonino soprattutto per via della moglie che era di Ugento e il prete di Alessano aveva a lungo diretto il Seminario di quel paese dove era stato per un periodo anche il loro figliolo; gli mandò l’ultimo suo libro di poesie, quando Tonino era ormai già roso dal cancro e gli contavano i mesi i giorni e le ore. Siamo nell’epoca del famoso viaggio a Sarajevo , con il medico che gli faceva la chemio sulla nave, tra l’altro con mare in burrasca . Bene, con tutti i problemi che aveva, Tonino gli scrisse una lettera meravigliosa, quelle lettere che sapeva scrivere soltanto lui, che aveva innato il carisma della poesia, ma aveva anche un rigoroso geometrico spietato senso di autocritica , qualunque cosa scrivesse, anche la lista della spesa.
    Con quella lettera in mano , che fece stampare in diecimila copie, forse, il mio amico toccò il cielo con un dito fu – per un certo periodo almeno – l’uomo più felice e “vanitoso” del mondo. Questo era Tonino: ti faceva sentire grande, importante, unico, qualsiasi cosa tu fossi, anche una pezza da piedi come ritenevano tutti gli altri. Qualsiasi cosa ti dicesse o scrivesse, o facesse , quando suonava la fisarmonica, o facesse una battuta in dialetto salentino, Tonino ti scuoteva , ti arrivava dritto dritto alle frattaglie ; sì, agiva fisicamente su di te , e non solo spiritualmente. C’erano stuoli di donne innamorate di lui, ma anche molti uomini, e lo amavano nel senso più nobile e pieno del termine, perchè oltrechè intelligente e gentile era anche bello a vedersi, fino a quando la malattia non lo ha reso un teschio vivente, un morto che cammina.
    Tutto ciò per dirti che , – pur essendo d’accordo , d’accordissimo con te , quando parli del deterioramento pagano , del kitsc che si fa oggi della sua immagine,- era inevitabile che ciò avvenisse, e sarà anche peggio quando lo faranno beato. Ma io non ci sarò, per fortuna. Se non fosse stato cristiano , Tonino sarebbe stato un Guru stratosferico, uno di quelli che hanno milioni e milioni di persone al seguito , persone che spendono la vita intera per vederlo in carne e ossa.
    Grazie a Dio lui era cristiano vero , e propugnava la chiesa del Grembiule, al servizio dei disgraziati . Era schivo, e perfino timido , a volte.
    La tomba del cimitero di Alessano è stata fatta secondo le sue indicazioni, secondo la sua volontà, ed è un sacrario toccante.
    Speriamo che non si guasti anche quello.
    Della santità ufficiale francamente non è che me ne freghi molto più di nulla , lui lo è comunque per la vita che ha fatto, che è stesa come un tappeto agli occhi di tutti. Quando si ospitano nel vescovado i pubblicani e le puttane ( non pentite), che ” ci precederanno nel regno dei cieli” , significa adottare il Vangelo come guida vera, autentica, significa crederci, e il vangelo, come dice Fabrizio, finchè non fa male , non è quello giusto. Perchè dalla ferita nasce il nuovo.
    Don Tonino è una costante tenerezza e dolcezza , è ancora miele di miele , ma applica il Vangelo senza sconti , e il suo “ritorno”, da grande anima salentina , richiede intervalli aspri. E noi stiamo vivendo quel lungo intervallo senza di lui.
    Un abbraccio, Abele. E a risentirci.
    Augusto

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  19. Caro Augusto, sì, la Tricase di Pisanelli e di Donato Valli ( a cui abbiamo donato il nostro libro e da sempre segue il festival Il Montesardo) e il porto, mare della mia infanzia… Come ben dici, don Tonino resta santo indipendentemente se lo faranno. I miei ricordi sono legati soprattutto all’esperienza scolastica. Allora si usava che il preside passasse per ogni classe e leggesse i voti di ogni trimestre e una volta successe durante la lezione di don Tonino. Io vittima di un’ingiustizia (un voto in meno di quanto mi aspettassi) da parte di un docente lavativo come il Delegato di Spiaggia (non esistevano mezzi termini o docenti come don Tonino e un prof che si chiamava Dante e ci ha fatto amare la Commedia, oppure gente quanto mai demotivata) osai lamentarmi; e don Tonino prese le mie difese. Un piccolo episodio, certo, ma la reazione di don Tonino non era semplicemente dettata dal suo dovere di sacerdote, piuttosto invece dalla sua insofferenza di fronte a qualsiasi ingiustizia. Mi è rimasta impressa infatti la sua determinazione nel far notare come l’aritmetica del docente in questione non convincesse, e soprattutto la sua fiducia nei miei confronti, che ho sempre sentito. Di fronte a lui, a quel suo sguardo mite ma che incuteva anche, o almeno a me, soggezione, non ci si poteva nascondere. Invitava ad essere esigenti, soprattutto con se stessi.
    Peccato non poter esserci alla presentazione del tuo libro, ma mi auguro di cuore che prima o poi ci incontreremo.
    un abbraccio
    Abele

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  20. Abele caro,
    ti manderò prima o poi la recensione a La versione di Giuseppe. Per quanto riguarda il mio libro, mandami l’indirizzo che te lo faccio avere. Si tratta in realtà di un libro “anomalo” la sua parte,un prosimetro-diaristico, una sorta di miscellanea di sensazioni-emozioni-sogni-memorie-di memorie, che ho scritto a freddo, due anni dopo i fatti narrati, perchè non volevo che fosse una mera testimonianza, ma un fatto artistico, o , almeno, una cosa interessante.Ci sono diversi toni e registri, diverse oscillazioni , dall’ironia alla nostalgia,
    dall’ira alle sabbie gialle del tramonto. C’è la coscienza dei miei limiti, di ciò che mi è precluso e ciò che posso ancora osare, ma non è privo di speranza. A tutti il cancro ci ha portato via almeno una persona cara ( don Tonino stesso), ma forse se facciamo corpo, se camminiamo insieme come diceva Lui, se vogliamo insieme, possiamo andare al di là.
    Ciao, Abele.

    A presto.

    Augusto

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