8 risposte a "Maurizio Manzo: Ionelse il fantasma"
Il “giovanile” di questa raccolta di Maurizio Manzo va inteso nel senso strettamente biografico. I versi infatti vanno oltre l’eta’, arrivano nella loro compiutezza stilistica come variazioni/riflessioni sul tema dell’urgenza per chi scrive ( e da giovani soprattutto) di avere un interlocutore, un altro (se stesso) in ascolto. Di giovanile, il poemetto, non ha la fede nella parola, qui messa spietatamente in discussione con il piglio e la freschezza del dettato. Per il resto, le poesie non sono che fantasmi, questioni irrisolte e lasciate in aria, bisogno di lasciarsi dietro un prolungamento.
Abele
Il fantasma è muto e stante. Lo circondano parole che sgranano tutte le tonalità della tavolozza per un canto “zutique” che è un crogiolo formativo. Il silenzio del fantasma è anche il punto d’arrivo ben chiaro già dalla citazione di Rimbaud
(che per me , dopo tanti anni, è ancora l’alfa , l’origine e il proseguire di una passione).
Grazie Abele per questo eBook, il decimo di Neobar, dieci è sempre un bel numero…:)
il prolungamento è quel che ci sembra un rilascio, un distacco ma ci consente un legame continuo con noi stessi…
Carla, I’ te vurria vasà…:)
grazie per “l’ascolto” del “canto” e del segno che lasci…
Giancarlo, i tuoi commenti sono come le tue traduzioni, aggiungono luce e splendore…:)
mi piace poi quest’affinità, l’origine e il proseguire…grazie per la lettura!
bello. m’è venuto da chiosare: c’è più vero nel velo che nel fantasma (o nel male che nel buio).
una compenetrazione ricorsiva fin dal nome “io nel sé”. un ripiegamento del foglio scritto che ha qualcosa di embriogenetico (ectoderma, mesoderma ed endoderma) che puzza di pensieri andati a mare (“la tromba del mare”, “il tamburo del fondale”) e che viene alla luce rompendo le acque (“tutto si bagna”): ecco il feto innaturale dell’immobilità mentale che an-nega il tempo. tipo una funzione d’onda, dove non c’è uno spostamento velo, ma solo un’oscillazione di monologo attorno a un punto che comunica energia (“osserva l’alone che lascio, appena m’alzo”… il punto di contatto dell’e-retto all’infinito). è allora che appare il soliloquio della risacca. amara. amare le pietanze e il pasto nudo (scomodo galleggiamento dell’umano, gettato fuori bordo dopo un pasto in barca).
davvero notevole e urticante, ‘sto ragazzino…
: )))
Il “giovanile” di questa raccolta di Maurizio Manzo va inteso nel senso strettamente biografico. I versi infatti vanno oltre l’eta’, arrivano nella loro compiutezza stilistica come variazioni/riflessioni sul tema dell’urgenza per chi scrive ( e da giovani soprattutto) di avere un interlocutore, un altro (se stesso) in ascolto. Di giovanile, il poemetto, non ha la fede nella parola, qui messa spietatamente in discussione con il piglio e la freschezza del dettato. Per il resto, le poesie non sono che fantasmi, questioni irrisolte e lasciate in aria, bisogno di lasciarsi dietro un prolungamento.
Abele
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XII canti per una sola voce…
che si incide come un timbro sulla terra, e rimane.
Complimenti!
ciao
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Il fantasma è muto e stante. Lo circondano parole che sgranano tutte le tonalità della tavolozza per un canto “zutique” che è un crogiolo formativo. Il silenzio del fantasma è anche il punto d’arrivo ben chiaro già dalla citazione di Rimbaud
(che per me , dopo tanti anni, è ancora l’alfa , l’origine e il proseguire di una passione).
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Grazie Abele per questo eBook, il decimo di Neobar, dieci è sempre un bel numero…:)
il prolungamento è quel che ci sembra un rilascio, un distacco ma ci consente un legame continuo con noi stessi…
Carla, I’ te vurria vasà…:)
grazie per “l’ascolto” del “canto” e del segno che lasci…
Giancarlo, i tuoi commenti sono come le tue traduzioni, aggiungono luce e splendore…:)
mi piace poi quest’affinità, l’origine e il proseguire…grazie per la lettura!
un caro saluto
mm
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bello. m’è venuto da chiosare: c’è più vero nel velo che nel fantasma (o nel male che nel buio).
una compenetrazione ricorsiva fin dal nome “io nel sé”. un ripiegamento del foglio scritto che ha qualcosa di embriogenetico (ectoderma, mesoderma ed endoderma) che puzza di pensieri andati a mare (“la tromba del mare”, “il tamburo del fondale”) e che viene alla luce rompendo le acque (“tutto si bagna”): ecco il feto innaturale dell’immobilità mentale che an-nega il tempo. tipo una funzione d’onda, dove non c’è uno spostamento velo, ma solo un’oscillazione di monologo attorno a un punto che comunica energia (“osserva l’alone che lascio, appena m’alzo”… il punto di contatto dell’e-retto all’infinito). è allora che appare il soliloquio della risacca. amara. amare le pietanze e il pasto nudo (scomodo galleggiamento dell’umano, gettato fuori bordo dopo un pasto in barca).
davvero notevole e urticante, ‘sto ragazzino…
: )))
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grazie per il tuo improvviso apparire e lasciare un segno sempre profondo!
un carissimo saluto.
🙂
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Che bello questo scritto Maurizio, tanti complimenti…come sempre!
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Grazie, Sonia, un abbraccio!
m
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