Saloon, un inedito di Anna Maria Papi

L’Eco, per gli antichi greci, era una cosa magica. Come tale lo infilarono nella loro copiosa mitologia, nelle vesti di un dio, un seducente ermafrodita. Un salto di ventisette secoli, ed ecco come i filosofi illuministi tedeschi, i protagonisti della “Aufklaerung”, descrivevano nel 1700 i grandi open spaces, dal ventre della balena alle gigantesche caverne fino agli smisurati saloni patrizi della loro epoca: “Widerhall der Seele” , cioè “eco dell’anima”.

Evidentemente nel loro conturbamento romantico, vedevano questi luoghi come indispensabili alle corpose musicalità corali e/o all’espressione profonda dello sprigionarsi dell’eco di un singolo ego. Tutta questa muffa da biblioteca è completamente sconosciuta ad una fanciulla bionda che in virtù di una chiave proibita ed in virtù della sua attrazione per luoghi o cose inusuali, per diciotto mesi di fila si è infilata dentro il più grande salone fiorentino dopo quello del “ Cinquecento” di Palazzo Vecchio. Salone ormai vuoto, polveroso e privo di qualsiasi utenza, oggetto, e motivazione di essere; immobile tra i suoi stucchi, affreschi, finestre, ballatoi e balconi. Il film di quando era usato, pulito animato, feste, balli, aste mostre, lei lo conosceva “in diretta”, ma tutto quello starnazzare era volato via da un vetro rotto della seconda fila di finestre, da dove adesso entravano a volte i piccioni per le loro acrobazie di volo.

Resta la fascinosa scatola nella quale si alternano le luci di albe e tramonti, delle lune, dei soli, i riflessi di mutevoli nuvole, i freddi colori balzati dentro da sterili inverni, il pigolare cromatico delle primavere, il calore degli autunni, gli incendi estivi, la girandola dei suoni esterni rimbalzanti come nitida testimonianza degli uccelli notturni, i fringuelli del mattino, le voci stemperate dei passanti, lo stridere di un pneumatico, il picchiolare di piogge e grandini. In questo mondo incantato – per chi sa leggerlo e sentirsene avvolto – Dominique Papi fotografa, insieme a Dominique Papi esploratrice ambedue con a fianco Dominique Papi testimone di cosa è bello, hanno violato con la chiave segreta il portoncione dell’enorme salone respirandone tutte le sfaccettature: luci, colori, suoni , spigoli, angoli, piani, forme vuoti, tremilaseicento mesi uno sopra all’altro dalla sua costruzione, centoottomila giorni, milioni di attimi di variazioni sul tema, milioni di letture della frase musicale estetica, storica, semantica, architettonica, e perché no entomologica.

Perché? Basti pensare quanti milioni di insetti, zanzare, scarafaggini, mosche, bruchi, tarli, millepiedi, ragni ,farfalle , falene hanno transitato in tre secoli su questo pavimento, mura , soffitto, stucchi infissi, è già un gioco che apre la fantasia. Oltre che animarsi nei suoi sbalordimenti, e vivificarsi nelle emozioni che le negavano comunque il possesso della totalità del fenomeno per i soliti seccanti ed importuni limiti umani, a Dominique restavano tre percorsi, durante i quali ne poteva elaborare degli altri. Il primo fu di attendarsi a piccoli sbalzi nello spazio, gustandolo sia pure nella sua sedata aggressività. Il secondo itinerario, a dorso di un insetto immaginario del giurassico, lo ha compiuto con la sua macchina fotografica scattando fotografie all’ambiente, trattandolo come se fosse la foresta amazzonica, vale a dire destituendolo dalla sua ubicazione tradizionale accademica. Indi ha tentato il colpaccio. Nella vita di un artista tentare il colpaccio è determinante. Ha cominciato a pescare – con la sua bilancia – le anguille. Uno dopo l’altro, o da soli o in coppia, e anche magari in gruppo, ha attirato le mosche nella sua tela di ragno. Mosche o anguille, ben 52 persone, celebri o ignote, giovani o vecchie, belle o brutte, sono entrate con lei, un poco per volta, nell’arco di diciotto mesi, nell’antro incantato. Di  giorno, con le luci del cielo, vive od opache. Di notte, con una candela. Vi ricordate Pavlov? Quello che inventò i riflessi condizionati con i topini bianchi. Nel grande salone tra il vuoto e la polvere, è successo il contrario che ai topini di Pavlov. Ognuna di quelle persone si è  decondizionata. Con la meraviglia di Dominique Papi, ormai avvezza e connaturata al luogo, ognuna di quelle persone si è sbilanciata testualmente, nei modi più diversi.

Correva su e giù il compassato architetto pentito e fotografo, qualcuno si appisolava in piedi appoggiato agli stucchi, altri emettevano suoni, muovevano mani, braccia, gambe; la smania di una cosmica avventura sconosciuta e imprendibile aveva rovesciato in ciascuno il modo di fare abituale. Chiamarlo un esperimento comportamentale sarebbe inesatto, perché chi lo opera ne è sempre consapevole ed autore. Appunto in questa fase di reazioni particolari dei 52 amici, Dominique ha fuso con uno o più scatti loro col salone e i loro atteggiamenti desueti ricavandone una superba ricerca che tocca molte voci della interpretazione artistica, umana, storica e futuribile. Non è stato casuale quel suo appropriarsi da sola – come un’anima in un mare benefico quanto inconsueto; nel suo periodo di conoscenza quando vagava segmentando ogni direttrice geometrica del salone incorporata nell’enorme massa di vuoto che questo conteneva e che – per differenza algebrica – diventa un volume pieno, racchiuso in petali solidi. Una realtà che il profondo afferra mentre l’occhio tende ad ignorare. Da questa sua perlustrazione solitaria, è nata la possibilità di poter servire su un piatto d’argento questa sua serie di foto in cui mirabilmente lo spazio il tempo l’uomo equivalgono in queste immagini ai principi base della vita, ai suoi quattro elementi principali la terra, il fuoco, l’acqua, l’aria. 

1997 Anna Maria Papi

Nota: questo articolo, scritto per una mostra fotografica di Dominique Papi, è un “dono” esclusivo dela figlia della grande autrice scomparsa di recente. Pertanto ringraziamo Dominique, anche per conto di tutti i lettori di Neobar (Pasquale Vitagliano)


4 risposte a "Saloon, un inedito di Anna Maria Papi"

  1. grazie tante caro Pasquale. E’ un emozione grande poter finalmente vedere il testo di Anna Maria pubblicato insieme alle mie foto. E’ un grande regalo per ricordare Anna Maria e spero di poter condividere questa emozione con quanti la leggeranno.
    Dominique

    "Mi piace"

  2. Bellissimo, poetico il testo di Anna Maria per la sua Dominuque, bella la descrizione magica del luogo vuoto ma contenitore di elementi vitali, pieno di incentesimi e di meraviglia come le fotografie di Dominique suggeriscono e come la intelligente e amorosa curiosità di Anna Maria ha saputo cogliere e trasmetterci. Grazie a tutte e due
    maria gloria

    "Mi piace"

Lascia un commento