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(Metadone blues part.1)
Gonfio di vita
aveva dalla sua tutte
le droghe provate, tutti gli
eccessi: un quasi-prodigio
di sopravvivenza. Ora, sorride
appena, mentre guarda
dove il fiume dirige ad ovest,
acque tranquille adesso; un tempo
rapide e gorghi di siringhe
e miserie umane.
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Ignorare il disastro
servirà a un bel
nulla: ammesso che il nulla
basti all’ignoranza…
Sarà comunque marciare di
pecore umane, in fila
ottusa: finestre aperte
per cambiare aria
dove aria non c’è.
(Da “Album Selvatico” nella sezione “La Creazione del Buio”)
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Dopo una certa quota la vegetazione dirada, finiscono boschi e si compongono limiti fra territori sferzati dal vento e piste per tagliare incendi. A volte si scorgono piccole comunità umane che salgono in silenzio, con fatica e rispetto. File indiane lungo crinali, che le bestie del luogo osservano con sommesso bisbigliare; si spiega ai cuccioli che a valle ce n’è una marea infinita di quei bipedi farlocchi.
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Dopo due giorni di neve era riapparso, lo davano ormai per spacciato, in realtà l’hanno ritrovato vispo, infreddolito, ma vispo. Parlava di bivacchi, forre e ghiaccio. In pochi notarono tutto l’attaccamento a cose semplici passare veloce nello sguardo. Fece il gesto di scaldarsi le mani con un soffio caldo d’aria dai polmoni rimasti.
(Dalla sezione “Istruzioni naturali per paesaggio”)
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Tu che portavi la spesa
da posti sconosciuti,
io che non sapevo cosa fare
di tutta quella benedizione di cibo;
poi si finiva all’amore
senza mangiare, aspettando
la fame e l’apri/chiudi
del frigorifero alle tre del mattino.
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Sono lo scontro quotidiano,
la pace cercata, che spingono
a continuare. Si tratta
di una tazza di caffè,
un tavolo imbandito con pezzi
di pane e mattine chiare, friabili.
Un sorriso che tace,
pieno risplende di sé,
racconta tutto
e tutto accende.
(Dalla sezione “Utili conversazioni notturne”)
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Arriverà il momento in cui
le cose torneranno al loro posto:
un contagocce di piccole pianure
e scorci di vallate prenderà a formarsi,
sommando elementi del paesaggio
a persone, sentieri conosciuti
e scorciatoie da selvatici.
In pochi metri sarà il sottinteso
di questa presenza
e cosi sia.
(Dalla sezione “Ipotesi sul ritorno”)
Stefano Lorefice (Morbegno – Settembre 1977) attualmente è tornato a vivere dove è nato, dopo essersi trasferito a Roma, poi in Francia per diverso tempo. Ha pubblicato le raccolte poetiche Frontenotte (Transeuropa Edizioni, 2011), L’esperienza della pioggia (Campanotto Editore, 2006), Prossima fermata Nostalgiaplatz (Clinamen, 2002) e Budapest Swing Lovers (Edizioni Clandestine, 2004). Nel 2010 è uscito il suo primo romanzo Il giorno della Iena (Eumeswil Edizioni), dopo la raccolta di racconti Cosmo Blues Hotel (Edizioni Clandestine, 2004).
Sito web: www.stefanolorefice.wordpress.com
Queste poesie le ho sentite nella mia carne, così tanto ci assomigliamo!
Grazie
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Piccole e grandi sopravvivenze quotidiane, di “uomini e mondi”, creature anima_li e spazi, relativi a ognuno…
…Si tratta
di una tazza di caffè,
un tavolo imbandito con pezzi
di pane e mattine chiare, friabili.
Poesie limpide, di una naturalità che disarma, ci si sente partecipi.
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Acuta visione delle cose della vita, bel raccontare.
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vero, concordo con vincenzo errico, un bel narrare..
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grazie!
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