Maurizio Manzo – Sette terribili ostriche e una perla (Narda Fattori)

manzo copertina

“ Canto d’emergenza di pensieri /nato da un sentimento, /non molti, / spinoso,/ così incon¬fondibile,”: Celan detta la situazione e la condizione della poesia di fine novecento: è canto, né può essere diversamente malgrado l’appropriarsi della scena della poesia descrittiva; non esalta e non si esalta, rincorre e afferra rimasugli di vita, il dolore spalancato e quello soc¬chiuso, la futilità di ogni appiglio, la resistenza di ogni male. Partire da Celan per riflettere sulle poesie di Manzo può sembrare presuntuoso perché il primo è già consacrato fra i grandi, e il secondo appartiene ancora alla folta schiera che ha trovato nella poesia uno strumento per una comunicazione intrapersonale e sociale centripeta e salda. E’ la voce che definisce il poeta; la sua biografia è cosa di poco conto. In questa opera, perfettamente inclusa in una spirale di evocazioni e ri¬flessioni, il battito e il ritmo non mutano: la stessa voce, la voce del poeta Manzo, si svela in una scrittura pulita, ben accordata su un tono rapsodico e melanconico, puntato su un obiettivo che a poco a poco svela.
“Ho provato fin troppo
a vivere senza morirne
…………..”; un incipit del genere ci può condurre nell’eversione , nel rovesciamento dei tempi, invece il significato è letterale; quello che non è letterale ma dimostrativo è quanto segue “è che non riuscivo mai a smettere
di guardare le luci
nelle città in chissà
quali fessure
andavano spegnendosi
se in silenzio o in carezza –
persino senza fumo, polvere,
sembra sempre un’invasione
di stelle che si tolgono
calzoni magliette mutande
e si danno la buonanotte.
Già tutta la poetica di Manzo è racchiusa in questi pochi versi; tutta la retorica del sentimentale è solo una tragica menzogna , che poi non può essere considerata tale: le stelle sono la notte della coscienza, gli indumenti intimi rappresentano quell’eccesso di cui necessitiamo per porre un giorno accanto all’altro.
La raccolta, corposa, ha un titolo a lettura multipla: “ Sette terribili ostriche e una perla”:; le ostriche sono piuttosto bruttarelle, non levigate, hanno forme irregolari, puzzano un po’ ( forse); se le metamorfosiamo in questo modo potremmo quasi affermare che ci somigliano, ci somigliano anche nell’essere terribili, solo con una lama si aprono, eppure, eppure custodiscono “una perla” , ovvero sono in grado di trasformare un granello di sabbia nell’immagine tonda della bellezza madreperlacea. Non tutte, naturalmente. Non conosco il sottotesto di Manzo, quindi vi passo il mio, perché si colloca a fianco dell’argomento dei versi.
Il poeta coglie soprattutto la casualità degli eventi e non riesce a rendersi conto del percorso compiuto per giungere là dove neppure voleva.
La precarietà, la casualità dominano il farsi nel tempo:
Mi riferisco a me stesso
quando penso è avviata
male l’umanità
probabilmente peggio
e se al pensiero segue la detonazione
alla detonazione segue
la ricostruzione
non ti ricordi di aprire
gli armadi
far uscire gli scheletri a passeggio.
E’ una poesia che non vuole essere consolatoria, nemmeno addita perentoriamente da una parte il bene, dall’altra il male; Manzo si colloca dalla parte degli inetti ignavi, come siamo tutti e ogni tanto la sua malinconia si ammala e porta freddo, impazienza, uno scatto d’ira.
La consapevolezza della sua esiguità lo abita fin dentro le viscere, è come se dovesse scontare chissà quale pena:
……………………….
Ma smettere di respirare
non m’è ancora riuscito, molti
dicono: prima o
poi sarai tanto bravo.”
Sono versi perfetti nel loro ritmo, terribili nel loro significato. Ho già detto che il libro è corposo, e forse ho individuato la perla nella poesia che ha per titolo “Doppia fase”: vi nuota dentro la speranza, il desiderio di essere amato, la bellezza, la vita.
Un protagonista che incontriamo di frequente nelle poesie è il mare, con l’abbondanza delle parola che appartengono al sua campo lessicale: onda, schiuma, spiaggia, residui, e anche le ostriche del titolo. Ma l’elemento liquido si incontra anche sotto altri aspetti; questa scelta mi fa pensare a ciò che penetra senza far troppo male, ma è indomabile, può graziare e distruggere; l’acqua è l’elemento primigenio, il nutrimento del corpo e della terra; l’acqua è sacra, isola e circonda.
Ma a esplicitare tutti i significati che le poesie del volume celano, occorrerebbe molto spazio e preferisco che il lettore compia il suo percorso in piena libertà. Il libro ha la perfezione di un geode, la sua consistenza e durezza denunciano un nunc e un quid che abbiano sotto lo sguardo.
Narda Fattori

***

RESPIRO

L’unica cosa
che non ho mai imparato
è smettere di respirare.
Un giorno ho provato per ore
proprio non mi riusciva.
Alcuni hanno cercato
d’insegnarmelo in modo
sublime ché non ho potuto
neanche ringraziare così
assorti nell’insegnamento.

Ho imparato ogni cosa
mangiare, bere,
fumare, saltare, anelare,
ridere, balbettare,
sorridere, scopare,
piangere, vomitare,
correre, arrotolare
la lana, calpestare l’erba,
sollevare le braccia
pregare, aprire i polmoni
bestemmiare, cadere,
rialzarmi.
Ma smettere di respirare
non m’è ancora riuscito, molti
dicono: prima o
poi sarai tanto bravo.

*
SALE

Non sembra che il corpo
riesca ad andare avanti
portare una vita al di là
dell’onda che scava
la sabbia sotto i piedi.

Segni il punto avanzato
che il mare scioglie
così conti quei ripples
che si confondono
coi sogni ripetuti.

Allora è il sale
che si prolunga nelle
linee sopra la pelle
simile all’orizzonte
disteso sulle retine a

sollevarti dall’onda
evitarti di marcire.

*

CONTROMISURA
Presto ci taglieranno il sole
sarà alle undici di mattina
l’hanno annunciato
con solare serenità
senza dirci modalità
perché ti chiedi come possono
fare a oscurare il sole
dove lo metteranno
o se credono di poterlo
spegnere di farne un abat-jour.

Non si vedrà più un viso
di luce spalmata irradiarti
darti un bacio a voltaggio
alternativo
inattiva scorrerà la vita
senza penombra
sgombra ogni strada interiore
sarà caldo solo il cuore
prima di spegnersi
assieme agli occhi.

Però pare che i tentativi
sono iniziati già da tanto
l’oscuramento mentale
che ci trascina è dissimile
al tempo Democrito di Borges
ci riporta un buio pesante
atassico
che ci allinea davanti a Romberg
sotto la pioggia fatta da uomini
proboscide a pisciare sul sole.

*
INTERRUTTORE
Perso stringendo i denti
il colore giugulare
lo smalto scrostato
dagli impianti arenati
gironzoli tra matasse
di tendini sfilacciati –
un tracciato schizzato.

La ragione abbandona
se stessa cavalca l’onda
in estinzione è l’alterazione genetica
inflitta dal profitto che ti lascia
appeso al soffitto per poco appeso
al dondolare
del lampadario lapidario –

fintanto che dio sta seduto
e giochicchia con la luce.

*

GRIGLIATA

Sciogliere carne e ossa
intasare vene e radici
affogarle di fuliggine
più leggera del sughero
se non ti ferma l’odore
che alcuni dicono che urla
altri solo che puzza
qualcuno pensa carne
della tua carne
oppure terra soltanto
terra che sbriciola
annerita che importa
se affumica il cardo
se il mare cuoce alla brace
la pace che dopo pasce
in fondo è solo fumo
disteso nero fondo
di una grande grigliata
un banchetto per pochi
disegno a carboncino.

*

CERAMICA

Non facevi che fare scorrere
l’acqua del cesso che stordiva
la ceramica, bianca
da scivolare ed ondularsi
poi pensavo a come saltavi
rigida sulla schiena
quando ti mordicchiavo
le labbra pungenti e poggiavo
il naso caldo a respirare
tutto il tuo ossigeno
a scassarmi polmoni.

*

DIRETTIVE

Quando rincorro ciò che vedo prima di pensare mi sembra di rinunciare a seguirmi, di sfinire la fiducia. A quel punto chiudere gli occhi non ha più senso, non frena niente e anche restare fermo aspettare che il pensiero si porti avanti non rallenta la fine la figuraccia di figurina doppia che attraversa l’istante. Così penso di diventare del colore del muro anche se non ha un colore definito e sparisco come il sole nel mare senza fare fumo e senza più abbagliare. Allora ascolto prima di vedere senza rispondere e anche loro parlano di cose immaginate prima del pensiero, prima del farsi, e ho capito che l’insegnamento è promettersi da se stessi cose impossibili e pensare di riuscire a farle, come di vivere semplicemente la propria vita anche dignitosamente un attimo prima di annullarsi completamente.
*
QR

Tra le barre del codice
ti è sfuggito un saluto un
sorriso e un a presto
che è subito impazzito
il lettore bar code
indispettito come un
pettirosso investito
dal vento non
ci si riconosce al sorriso
la tua vita s’è fatta
in linee verticali
la mia invece la leggi
puntando uno smartphone
sul quick response
puoi vedere quello che faccio
e quello che farò
ti potrai innamorare
sembrerà di potermi
baciare e pensare di stare
appesa a imbalsamare l’aria.

*

ARRAMPICARSI
Adesso che si scioglie
ascolti scorrere
non ti fa meraviglia
il volare di ciglia
ti distrae dalla troppa
luce che pensavi d’avere
incamerato –
pure arrampicato
guardando in basso
hai smesso di stupirti e
non valeva la pena
lasciarsi andare
non quanto stare a ciondolare
appesa alla sua vena.


7 risposte a "Maurizio Manzo – Sette terribili ostriche e una perla (Narda Fattori)"

  1. Dicevo a Maurizio, riferendomi alla nota critica di Narda, che nessuno accostamento è mai un’esagerazione. La poesia si nutre di poesia e quando, come nel caso di questa preziosa raccolta ancora inedita, ci troviamo di fronte a tutta una corposità e finezza di tessitura – la perla che le terribili ostriche custodiscono, con temi, motivi, figure, ossessioni, ripiegamenti più o meno struggenti che ritornano – ogni riferimento diventa lecito. Gran bel lavoro che mi auguro di vedere presto pubblicato e di cui ho scelto solo alcune tra le tante poesie che mi hanno colpito.

    Molto bella la copertina di Francesco Forlani, che tra i primi ha creduto in questa raccolta:

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  2. Come ho avuto modo di scrivere tempo fa a Maurizio Manzo, in “Contromisura” e
    “Grigliata” l’ampia raccolta – itinerario che va seguito – trova il giusto passo ai miei occhi: quello che sa unire padronanza del ritmo, gioco linguistico e arte del pastiche dominata con equilibrio non comune, a un robusto tessuto etico e a considerazioni filosofiche ben distanti dalla banalità. Felice di trovare qui una scelta di testi di Maurizio Manzo con la nota introduttiva di Narda Fattori. Grazie

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  3. Una poesia che si colloca sul limes dove finisce l’io con la sua psicologia e comincia la sensorialità del mondo, cerca di traforare quella membrana che ci isola dalla “grande oggettività” del fuori.

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  4. Grazie a Narda per la nota, un bel regalo di natale 🙂 e a Abele per la scelta dei testi che coincide con quella di Anna Maria…un caro saluto a Cristina e Giancarlo per la loro lettura attenta.
    un abbraccio anche ai like!
    mm

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  5. sono d’accordo con Narda Fattori, anzi, siccome – com’è noto – non ho timore alcuno a dare/dire pane al pane e vino al vino, qui affermo senza tema di smentita che per fare un Maurizio Manzo ci vogliono una manciata di Celan…
    l’unica poesia che conosco, per parafrasare e abbracciare Maurizio, è quella che non smette di respirare, quella che vive e sopravvive nutrendosi vicendevolmente di vita (e non di poesia o di parole, per quanto ce le insegnino sublimi o forbite). a volte puzza d’ascelle e magari per sette volte che è terribile, solo in un caso si fa perla, ma perla miseria, non sta mai appesa a imbalsamare l’aria d’afrori e deodoranti! non s’agghinda di “opzioni versali” né usa artifizi o smaliziate quartine fumogene per nascondere una claque-morosa assenza di contenuto oltre la forma (come ahimé, sempre più spesso avviene): se all’orizzonte ci sono uomini proboscide pronti a pisciare sul sole, giammai li sfuma spenti in lontananza, non schifa da lontano il corpo, ma caccia il dito in “quali fessure” piegando in giù la pagina fino alla piaga che *sale*.
    ho avuto anche la fortuna di leggere la versione completa della silloge e ciò che m’ha vieppiù colpito è stata la tensione complessiva, senza cadute o concessioni al vacuo.
    my compliments.

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