Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch……
E’ giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo
sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace….
di nuovo
tossisce.
Mia povera
fontana,
il male che hai
il core
mi preme.
Si tace,
non getta
più nulla.
Si tace,
non s’ode
rumore
di sorta
che forse…
che forse
sia morta?
Che orrore!
Ah! no!
Rieccola,
ancora
tossisce.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
chchch…
La tisi
l’uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto!
Che lagno!
Ma Habel,
Vittoria!
Andate,
correte,
chiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno
tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari…
magari
morire!
Madonna!
Gesù!
Non più!
Non più.
Mia povera
fontana,
col male
che ài,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch…
esilarante! andrebbe ristudiato, riletto, grande ironico e geniale Palazzeschi!
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clo-f, clo-p, clo-ch, clo-ffete, clo-ppete, clo-cchette: sgorga metafora un po’ clo-wnesca, ma amare son le morti appese all’esca. “mettete qualcosa per farla
finire / magari magari magari morire”. in questa lirica (mimica?), il buon vechhio palazzeschi m’appare smisurato e straziante quanto un Pasolini virato in Ridolini. riga dopo riga (risa dopo risa) l’esile paravento di carta velina posto davanti alla fontana si bagna, s’arriccia e squaglia in orrore. non sapremo mai chi è la ragazzina cui è dedicata questa poesia, ma l’agonia tra le righe dice *non risi di tisi* (e il testa coda onomatopeico apre e chiude la parentesi allegorica quasi a sottolineare: “eclissi, così ti dissi”)
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