Homo Homini Virus di Ilaria Palomba. Nota di Fernando Della Posta.

“Dopo aver liberato i demoni devi aspettarti la tempesta”.

 

Leggendo Homo Homini Virus di Ilaria Palomba la mia prima impressione fu rassicurante. Guardando i nomi dei capitoli, tutti titoli di canzoni appartenenti ai più svariati generi, mi vennero in mente le calme atmosfere di Norwegian Wood di Murakami, ma mi sbagliavo completamente.

Da inesperto di body art e avendo visto pochi spettacoli, tutti soft e giocati sulla falsariga del teatro e della poesia, avevo un’idea molto vaga di cosa fosse realmente quest’arte e non sapevo fino a che punto potessero spingersi le performance di questi artisti. Leggendo questo libro ho avuto chiarezza.

Angelo è uno studente di giornalismo a cui viene assegnato un articolo su uno spettacolo di body art. Nonostante la prima impressione di raccapriccio che gli provoca la performance, giocata principalmente su erotismo, violenza e masochismo, Angelo si innamora tanto follemente della performer Iris da arrivare alla totale distruzione della propria esistenza, tutto per votarsi anima e corpo alla carriera della performer. Nella storia il protagonista viene letteralmente travolto da una rovinosa caduta agli inferi. Protagonista che forse non a caso si chiama Angelo, quasi volendo richiamare la più famosa caduta di Lucifero.

Ma qui la religione ci entra poco, se non come puro strumento simbolico/iniziatico. L’universo in cui si muove Homo Homini Virus è innanzitutto filosofico, filosofico nell’accezione nietzschiana del termine.

La narrazione è letteralmente scandita da citazioni del teorico del superuomo e le canzoni che inizialmente mi avevano rassicurato non sono altro che un ulteriore strumento utile alla costruzione di questo universo narrativo, immerso magistralmente nel dionisiaco.

La caduta del protagonista avviene per contaminazione come sembra indicare il titolo del romanzo, ben diverso, ma forse conseguente, all’homo homo lupus di Hobbes. Non si tratta assolutamente della contaminazione di un essere puro, e il fatto che Angelo spesso si auto-suggestioni lo dimostra inequivocabilmente, indicando una sua volontà inconscia, già latente, di cadere. Ma non si cade mai da soli, e sarà proprio Iris a prenderlo per mano per scaraventarlo nell’abisso. E se l’amore per Iris sarà il mezzo attraverso il quale Angelo cadrà, Angelo a sua volta sarà il mezzo che consentirà ad Iris di superare i suoi limiti.

Ma se analizzando le vicende dei due personaggi principali viene fuori un ritratto a dir poco fosco, l’analisi delle vicende e dei tratti dei loro antagonisti non è assolutamente lusinghiera, anzi. Immersi nel loro universo materialista, consumistico ed arrivista, i compagni di corso di Angelo, la sua prima fidanzata e soprattutto il suo insegnante, sono il prototipo della ferocia tipica dell’universo piccolo-borghese, e proprio per questo mediocre nel peggior senso del termine. Il professor Paolini, infatti, tenterà di utilizzare Iris come contraltare negativo strumentale alla costruzione di un altro personaggio artistico, anch’esso appartenente alla body art ma del tutto privo di talento e di eroismo performativo, tale Tamara, peraltro già spalla di Iris in molte sue performance. E lo fa nel modo più viscido possibile: dopo aver sfruttato Angelo per avvicinarsi a Iris con la promessa di aiuti per la sua carriera giornalistica e con la promessa della notorietà di Iris e dopo avergli rubato l’articolo sul primo spettacolo a cui ha assistito, Paolini costruisce un ritratto grottesco, irriguardoso e irrispettoso della performer, che in principio addirittura si fida di lui lasciandosi intervistare. Il gioco sembra ripagare Paolini e Tamara consentendo loro di salire alla ribalta del successo e della notorietà, facendo sprofondare i due protagonisti nella solitudine, nell’emarginazione e nella disperazione fino al colpo di scena finale.

Il romanzo, che tra i tanti riconoscimenti ha vinto il premio Carver del 2015 per la narrativa e si è classificato al terzo posto al premio Nabokov dello stesso anno, si configura come un’efficace dimostrazione dell’inconsistenza del finto eroismo borghese, calcolatore, manovratore e materialista, contrapposto all’eroismo ben più sincero dell’esercizio dell’arte senza compromessi o schermature volti al raggiungimento di ricchezza, onore e successo.

La narrazione è costruita così bene che i giudizi e i fatti che considereremmo normali nella realtà di tutti i giorni nel racconto appaiono come i più impietosi, finti, ipocriti e ingiusti possibili.

Alla fine della lettura, seguendo i canoni del perbenismo, in molti potrebbe farsi strada la convinzione che nessuno abbia vinto, o addirittura potrebbe farsi strada la convinzione della sconfitta irrimediabile dei due protagonisti, ma non sono i canoni borghesi a governare questo libro, dimenticate tutto, dovrete spingervi ben oltre le vostre convinzioni, dovrete spingervi, a dir poco, al di là del bene e del male.

 

Fernando Della Posta

Copertina Homo Homini Virus.jpg

Ilaria Palomba. Scrittrice, collaboratrice di Scuola Omero. Ha pubblicato il romanzo “Fatti male” (Gaffi), tradotto in tedesco per Aufbau-verlag, il romanzo “Homo homini virus” (Meridiano Zero), vincitore del Premio Carver 2015 e terzo al Premio Nabokov 2015, il saggio “Io sono un’opera d’arte, viaggio nel mondo della performance art” (Dal sud), scritto grazie a una borsa di studio al CeaQ (Sorbonne). Alcuni suoi racconti sono tradotti in francese e inglese, rispettivamente per: “Les Cahiers européens de l’imaginaire” e per il “Mammoth Book”, l’antologia di racconti curata da Maxim Jakubowski. Ha curato l’antologia di racconti e disegni “Streghe Postmoderne” (AlterEgo), di cui fa parte anche come autrice. Lavora all’interno di un progetto biennale di arte e scrittura presso un centro diurno di Roma. Scrive per “Succedeoggi”, “Mag O” e altri magazine online e cartacei.


13 risposte a "Homo Homini Virus di Ilaria Palomba. Nota di Fernando Della Posta."

  1. Un piacere ritrovarti Fernando con questa recensione di un romanzo che sembra muoversi in bilico su due mondi in contatto che si considerano reciprocamente folli.

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