Edwin Muir: Il ritorno di Ulisse (trad. Abele Longo)

Giorgio de Chirico

Il ritorno di Ulisse

Le porte spalancavano la casa di Ulisse,
cedevano i chiavistelli alle mani
di tutti, ciarlatani, traditori e ruffiani.
Frastuono nelle stanze e i corridoi
come al mercato, le pareti servivano
per poggiarsi come quando uno chiacchera,
sputa per terra, rivolge uno sguardo appena
a chi arriva. Potevi sentirti te stesso.
Polvere in ogni angolo, erbacce nel cortile,
muri decrepiti. Persino il bestiame
si avvicinava alle porte con lo sguardo
di chi si sente di casa.
Intorno all’isola l’azzurro del mare.

Nella stanza rassettata, nel cuore della casa,
sola Penelope si dedicava al suo compito,
disfare senza sosta dal suo infinito tessere
i fili dell’ordito. Telaio senza tela
dei giorni che passano. Pensava: “Non faccio niente
e meno di niente creando il vuoto
nel disordine, tessendo e sciogliendo l’inganno
che il giorno richiede. Questo è il dovere, Ulisse,
fare e disfare, lasciare le porte aperte
all’ordine, la giustizia, la speranza e la pace.
Farai mai ritorno? Sei forse morto?
Sarà questo vuoto costruito la mia fine?”

Tesseva, scioglieva e tesseva senza sapere
che proprio in quel momento Ulisse era
sulla lunga tortuosa via del ritorno.

(da The Narrow Place di Edwin Muir, traduzione di Abele Longo)

*

The Return of Odysseus

 

The doors flapped open in Odysseus’ house,

The lolling latches gave to every hand,

Let traitor, babbler, tout and bargainer in.

The rooms and passages resounded

With ease and chaos of a public market,

The walls mere walls to lean on as you talked,

Spat on the floor, surveyed some newcomer

With an absent eye. There you could be yourself.

Dust in the nooks, weeds nodding in the yard,

The thick walls crumbling. Even the cattle came

About the doors with mild familiar stare

As if this were their place.

All round the island stretched the clean blue sea.

 

Sole at the house’s heart Penelope

Sat at her chosen task, endless undoing

Of endless doing, endless weaving, unweaving,

In the clean chamber. Still her loom rand empty

Day after day. She thought: “Here I do nothing

Or less than nothing, making an emptiness

Amid disorder, weaving, unweaving the lie

The day demands. Odysseus, this is duty,

To do and undo, to keep a vacant gate

Where order and right and hope and peace can enter.

Oh will you ever return? Or are you dead,

And this wrought emptiness my ultimate emptiness?”

 

She wove and unwove and wove and did not know

That even then Odysseus on the long

And winding road of the world was on his way.

 

**

Edwin Muir (1887-1959), poeta di origine scozzese, ritenuto tra i più grandi  da Eliot. Traduttore di letteratura ceca e tedesca insieme alla moglie Willa. La sua poesia si ispira ai miti della tradizione classica e si interroga sul tempo, la storia, il destino degli esseri umani. Muir sosteneva che è possibile comprendere la realtà solo in quanto mito e attraverso i sogni. Come in altre poesie della sua raccolta più famosa, “Labyrinth” (1949), “the Return of Odysseus” guarda al confine labile che da sempre  avvicina il bene al male. Si trova anche qui la metafora ricorrente del viaggio. Nonostante il titolo, tuttavia, protagonista di questi versi è soprattutto Penelope. Oltre ai diversi significati a cui rimanda il contrasto tra l’ordine che Penelope cerca e custodisce nel cuore della casa e il disordine circostante, possiamo trovare l’analogia tra il laborioso tessere di Penelope e quello del poeta, nella sua incessante ricerca di senso.

A.L.


6 risposte a "Edwin Muir: Il ritorno di Ulisse (trad. Abele Longo)"

  1. “Il ritorno di Ulisse” è anche il “ritorno di Neobar”! Grazie Abele per questa traduzione e per la riapertura del blog: la nostra isola virtuale circondata dal mare della Poesia!
    Un saluto e un abbraccio,
    Rosaria

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