
Credere attraverso gli altri. E’ come quei genitori che si dicono atei ma che per non deludere i figli fanno finta di credere. La storia di Babbo Natale per intenderci. Se chiedi a un genitore se crede a Babbo Natale ti risponderà che è una domanda stupida, è ovvio che non ci crede. Se fai la stessa domanda al bambino, ti risponderà invece che no, non ci crede ma fa finta di crederci per non deludere i genitori e ricevere i regali. Qual è il punto? Ci troviamo di fronte a un credere che non è di nessuno, nessuno crede in prima persona. Credere è diventato una funzione puramente sociale. Gli Stati Uniti, e Hollywood in particolare, hanno contribuito enormemente a questo. Infatti, il loro più grande contributo alla cultura occidentale è la risata registrata. Uno torna a casa la sera e accende il televisore per guardare Friends o Cin cin. E’ troppo stanco per ridere ma c’è qualcuno che ride al posto suo e si sente sollevato come se fosse stato lui a ridere. Tutto questo mi porta a concludere che non è necessario credere in prima persona, è sufficiente che ci sia qualcuno che lo faccia al posto nostro, anche se questo qualcuno è del tutto ipotetico. Eccovi un altro esempio, che avrebbe fatto del film in questione un film migliore, La vita è bella di Roberto Benigni, film che a me non piace affatto. Come sapete è la storia di un padre e del figlio che vengono deportati ad Auschwitz e il padre, per poter proteggere il figlio da possibili traumi, inventa una cazzata pazzesca, dice al figlio che non si tratta di una vera prigione, che se vogliono possono andare via in qualsiasi momento, ma che se resiste fino alla fine vince un bel premio. Sapete cosa avrebbe funzionato meglio? Se il padre avesse poi scoperto che il figlio sapeva tutto fin dall’inizio e che aveva fatto finta di crederci.
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