Giorgio Brunelli: Amat Victoria Curam

AMAT VICTORIA CURAM

I cinque gruppi di sculture, ognuno dei quali possiede un proprio tratto distintivo, sono legati da un filo rosso affinché si rendano leggibili anche come corpo unitario.

Tantalo’s elegy

Sono maquette di archiscultura dai cui volumi  fuoriescono delle tane, dei ripari, delle capanne o meglio, sostanzialmente, dei nascondigli. Masse cave, le quali l´Uomo in alcuni determinati cicli della propria esistenza, può idealmente eleggere a riparo provvisorio, al fine di occultarsi dagli evidenti ammanchi dell´universo sociale. Un ritiro arbitrario,  un  autoesilio fisico nondimeno spirituale, indotto appunto dai deliri e dagli scempi di una civiltà oggettivamente barcollante, nella quale tenta di individuare, per mezzo di un progetto ´agorafobico´ di silenzio e di distacco assoluti, una risposta escatologica che ne possa pacare l´ansia divorante.

No more dark

Nell´esito visuale  dei cinque environment discussi è evidente un equilibrio instabile degli elementi grazie all´immissione di ´stampelle´ o ´cunei´ che concatenano e sostengono il loro agglutinarsi, in tal modo destabilizzando metaforicamente il significato di “rifugio” inteso come piazzaforte difensiva a cui l´Uomo inconsciamente fa riferimento per la salvaguardia del diritto alla propria esistenza.

Tuttavia, l´epilogo della narrazione scultorea offre all´Uomo la possibilità di intravedere una rinascita, questa rappresentata da una cavità finalmente preclusa al contenimento umano, inserita in uno spazio colpito da piena luce solare. Un nuovo inizio insomma, dopo aver sofferto ed elaborato le visioni frustranti rastrellate nelle tappe del cammino, filosoficamente riconducibili a quei dati immanenti coesi all´esistenza di ogni essere umano.

Endless waiting

Ed ecco quindi apparire il rifiuto della visione dell´insensatezza delle guerre, delle discriminazioni  esercitate dal Potere, dei disincanti forieri di frustrazioni, dei paesaggi urbani urlanti e malati. Questa sorta di superfetazione scultorea l´ho  riassunta nel titolo Amat Victoria Curam, una celebre locuzione latina d´eco battagliero. Una sorta di refrain “testamentario” che spesso adotto per congedarmi da mio figlio su Skype, ogni qualvolta lo sento intimorito e perplesso in merito al futuro.

Monolith of power

“La vittoria ama la preparazione”: un training che si rivela sovente impegnativo, quasi come l´Uomo dovesse affrontare un cammino iniziatico sui carboni ardenti al fine di ottenere una nuova consapevolezza.  Ed è questo il messaggio di questa opera dalla quale ho voluto far emergere bagliori di coraggio e speranza.

Giorgio Brunelli, Mogiquiçaba 14 marzo 2020

 


7 risposte a "Giorgio Brunelli: Amat Victoria Curam"

  1. “Tane”, “ripari”, “capanne”, “nascondigli”… in queste sculture di Giorgio Brunelli che, in tempi pandemici dal suo “autoesilio” nel travagliato Brasile, indica nel “rifugio” il riferimento inconscio per “la salvaguardia del diritto alla propria esistenza”. Rifugio che si trasforma in “rifiuto” dell´insensatezza di una società malata, perennemente caotica e “urlante”. Rifiuto che diventa forma di resistenza, un rinchiudersi costruttivo che dia significato all’esistenza, che la vittoria si ottiene solo con una assidua e attenta preparazione.

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  2. Hi bigger Ab!, grazie ancora per la tua sensibilitá.
    Per una natura credo dannata, ho sempre propeso a salire sul carro degli inopi, dei postremi gravitanti nei lazzareti sociali piuttosto che su un carro in alcantara di umanitá risolta e bene accomodata.
    Certamente non si dissimula un messaggio panglossiano in questa sequenza in terracotta di simulacri “salvifici”. Tradotto, al di lá dei lumeggi speranzosi che emergono nell´ultima scultura, la nausea e lo scoramento esistenziali che in molti rastrellano nel loro cammino, rimangono plegie emotive assai dure da svelenire.
    Tuttavia: Amat Victoria Curam.
    Meno male che “questi” mostri dell´Umanitá, non sono ancora riusciti a fotterci il Sogno e, “contace”, mai e poi mai li faremo gioire del furto.
    In bocca al lupo a tutti.

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  3. Queste belle terrecotte che dici tane o ripari a me sembrano anche visceri, la prima può essere un cervello e frammenti di ossa con graffiti oracolari, la seconda sono indubbiamente intestini, nella terza c’è un cuore rosso, o è una milza, su tutti aleggia il fantasma del « corpo unitario », che tutto questo sia un riparo.
    Tutto l’insieme mi ricorda la fontana Stravinski nel Beaubourg a Parigi, ma meno allegra, appunto più viscerale.
    Che dire del titolo, in una raccolta di koan che ho letto una volta tanti anni fa, il maestro chiedeva ai discepoli di illustrare un esempio di sconfitta, la risposta alla fine era : una vittoria.

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  4. Grazie del tuo prezioso passaggio, Giancarlo, e della tua ineludibile variabile interpretativa. In merito al koan da te riportato, talune affermazioni buddiste sono sovente foriere di apodittiche veritá. Un abbraccio

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  5. che bella sorpresa! un Giorgio Brunelli redivivo, ispirato e brasileiro!
    : )
    leggendo il tuo refrain testamentario mentre le immagini scolpivano la retina del nano, pensavo al training quasi equivalente – ma assai meno elegante – che anch’io propino ai figli e che in sostanza recita: “nulla si ottiene senza sacrifici”.
    l’altro tormentone con cui sovente martirizzo la mia prole è “l’incomunicabilità muove il mondo”. “checcazzo vuoi dire, babbo?” – chiedono allora i nonpiùcosìgiovini virgulti. “appunto” – chioso io.
    tutto ciò per dire che ti amo e che però, lo sai, resto perplesso circa consapevolezze e affini.
    : )
    quando cammino sui carboni ardenti, poi sulle piante crescono frutti succosi, pieni di liquido citrino che si spande non appena sbuccio l’esile strato di pelle morta.
    bolle di coraggio. vesciche di speranza.
    resta la cicatrice, dopo…
    : ((
    vabbè, che importa? in fondo, ciò che conta è camminare il ponte sull’abisso di kafkiana memoria e poi farlo saltare prima che si giri: il risultato è lo stesso, ma vuoi mettere la soddisfazione (tre, due, uno, bum) di farlo brillare?
    : )
    grazie per essere qui, coi tuoi ottimi bagliori.

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  6. Bellissimo messaggio, fecondo oggi, importante per il futuro, per i giovani, per chiunque senta che la Vittoria, la speranza, il progetto e l’impegno cui è chiamato, sia trascendente il presente, glissi il peso e il nero “delle guerre, delle discriminazioni  esercitate dal Potere, dei disincanti forieri di frustrazioni, dei paesaggi urbani urlanti e malati” e vada oltre, superi il disincanto contingente e si prepari ad un coraggioso finale.
    “Amat Victoria Curam”

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  7. Grazie malos, querido amigo meu! Ti scriveró a breve per aggiornarti su un bel po´ di robbe. Monica, grazie anche a te per il raffinato pensiero dedicato al mio lavoro. E sempre avanti tutta. Un abbraccio a voi.

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