
Sono davanti uno dei suoi quadri. Uno con i fiori rosa, un vaso e un mazzo creato ad ornamento.
Si vede che è stato lui a comporlo e non è opera di fioraio. Si vede da come sono scoscesi i petali e le foglie sul vaso, da come cingono la base del vaso a ridosso del tavolo, da quanto sono belli e per questo uniti a creare una composizione dettata dall’animo artistico del nonno che li ha dipinti.
Lui Lanfranco, si ritagliava angoli creativi nel lungo percorso di lavoratore che lo aveva contraddistinto e che lo ha elevato in poesia al titolo. Saliva in soffitta e pitturava per ore e ore.
Si faceva prendere dall’ispirazione in un angolo al terzo piano affacciato sulla riviera adriatica, anche se il mare per vederlo in realtà, occorreva salire sul terrazzo scoperto e affacciarsi perché dalla piccola sedia rossa imbrattata di tintura su cui stava, non si scorgeva affatto.
Era una rientranza con il tetto spiovente, la stanza ricavata in cui trascorreva tempo libero e coltivava la sua passione. La innaffiava di stimoli e riflessi, di nature morte che creava su tavolo da pittore pieno di schegge, di pennelli e acquaragia il cui odore inconfondibile si spandeva per l’ambiente piccolo e intagliato.
Poi il cofanetto con i colori a olio, gli straccetti e tutt’intorno cosa c’era. Una marea di oggetti e pentole, libri, monili, oggetti preziosi intrisi di età e ricordi o poveri e solo da decoro, ricchi di tanto sentimentalismo che li imponeva sulle mensole senza senso alcuno.
Lui leggermente inclinato verso la tela sorretta dal cavalletto, con la mano destra macchiava ogni parte di quel bianco fino a farlo diventare di tante sfumature e coprire quello scheletro nero che prima in bozza aveva realizzato.
Sono certa oggi che avesse in mente la visione e ne godesse prima ancora che divenisse realtà, ne sono certa poiché ora che sono diventata più matura di esperienza e che ho iniziato a scrivere nel mentre lui stava andandosene, capisco cosa significhi fare qualcosa che sia arte.
Ora avverto sulla pelle il desiderio di realizzare, esternare, progettare e comporre. Ora avverto il piacere insieme e il balsamo che passa sulla mente e sul corpo, che congela in un mondo altro, ti rapisce come accadeva con lui.
Restava immerso, era lì ma altrove. Era fisso su quella tela e permetteva che gli facesse compagnia per tanti pomeriggi e mattine.
E poi tornava su in alto per finire perché l’opera era incompleta. Era un richiamo che si rinnovava.
Tanti sono i quadri che coprono le nostre case, mia e di mio zio.
Tante le opere di lui, che grande d’età e lucido perfettamente prima di lasciarci, diceva: “qui siamo di passaggio”.
Quel passaggio che ponendomi di fronte le sue composizioni mi fanno riflettere sul corso degli anni che descrivono il nostro esistere, raccontano di noi, del nostro sentire e vivere.
Mi fanno riflettere sull’importanza di una tela dipinta, di un oggetto artistico in sè e di quanto permetta di rinnovare la bellezza di un affetto trascendendo la temporalità e la spazialità.
L’arte che esce dal cuore come flusso spontaneo e libero, come dono di sé pienamente scevro da vincoli.
Nonno Lanfranco che sul finire aveva assunto una pacifica consapevolezza, leggendo quotidiani e pagine di Vangelo, tanto ci ha lasciato che è restato impresso come una effigie, il mistero che lo legava all’infinito tingendo la poesia presente nella natura.
Ecco i versi che lo esaltano nella memoria:
Nonno
A te Lanfranco Gambelli. Il pittore.
Fierezza e passione.
Sguardo pensante e commosso.
Di cardini fermi.
E balenati.
Intelligenza acquisita. E sapienza.
Una costruzione lasciata.
Una vita trascorsa.
Bontà e perdono. Poi fatica.
Segni limitati incisi. Intramontabili.
A te che sapevi, leggevi, immaginavi.
Ti addolciva l’anima il respiro, ti regalava di gioia il lavoro.
Ti rallegravi di cibo.
La preghiera ti ha onorato. Salvezza.
Di grazia e virtù, la corona.
E il premio.
Da qui non ti dimentichiamo.
Che Dio ti accolga. In Paradiso.
Un grande bene. Saluto. Grazie.
Monica
L’arte se ricamata di verità non muore come l’amore ma anzi si fa portatore di chiavi di lettura e scoperta fondamentali. Nonno non se ne è mai andato e ancora mi parla.
Monica Baldini
11.02.2021
La poesia legata agli affetti non avrà mai fine! Bella questa lirica che celebra insieme il ricordo indelebile del nonno e della sua passione per la pittura, il connubio tra amore per una figura così importante e indelebile per l’autrice e la sua, e anche nostra, dedizione all’Arte.
Grazie per questa testimonianza, Monica Baldini!
Rosaria Di Donato
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Mi gratifica questo commento perché davvero chi dispensa bontà generosa, lascia una scia che donerà sempre.
Grazie Rosaria Di Donato per questa condivisione preziosa! Evviva l’Arte, il bene e i suoi frutti, la passione sinceramente edotta.
Monica Baldini
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non so se l’arte possa essere ricamata di verità o di falsità. forse l’arte è ricamata soprattutto di umanità (e il nonno Lanfranco, a giudicare dal “lungo percorso di lavoratore” e dalla “piccola sedia rossa imbrattata di tintura” di umanità ne aveva da vendere, o meglio, da regalare).
adoro l’anzianitudine (intesa come “consapevolezza”, più o meno pacifica); la vecchiaia, invece, mi fa pensare alla rassegnazione.
un abbraccio.
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Grazie Malos Mannaja, hai colto la sua anzianitudine che era piena di anni di lavoro e fatica, costante.
Poi il bello che ha continuato a regalarci…umile e fiero insieme. Grazie per aver accolto la mia lettura! Un abbraccio a te!
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