Un saluto a Nina Maroccolo

Nina
*
Dovrei scrivere qualcosa per salutarti Nina ma ho provato, non ne sono capace, le parole adatte o giuste, non vogliono proprio manifestarsi. Allora farò così, farò come se questo fosse uno dei  nostri soliti messaggi. Te li ricordi gli ultimi che ci siamo scambiate? Avevamo parlato della tigre, dei suoi muscoli, dell’ipnotismo degli occhi, del simbolismo, degli animali totem, della potenza dell’immedesimazione, di quel mio sogno fatto dove t’invitavo a entrare, del tuo racconto poi, come l’avessi vissuta, la vita di Pi descritta nel film. Del meraviglioso felino abbiamo evocato la potenza, la dignità, la forza. Ti ho ricordato la tua, di quanto sia servita in questi ultimi anni, per resistere (eppure non ti lamentavi mai). A volte lo abbiamo detto, di non credere esista davvero la possibilità di una fine, così come sentivamo d’esserci riconosciute nel momento in cui ci siamo incontrate per la prima volta. I nostri discorsi sulle filosofie, la psicologia, il tuo adorato Hillman, gli archetipi, il nostro Jung, la sincronicità… così ieri mentre apprendevo la notizia in una telefonata di Abele, ho del tutto ignorato il pacchetto appena portato dal corriere, l’ho aperto solo molto dopo, scoprendo il contenuto. Un libro, Ninette. Lo avevo cercato settimane fa, su più piattaforme non era disponibile. Poi l’ho trovato, nuovo, dicitura “di difficile reperibilità”, la consegna compresa in un tempo che arrivava fino a marzo inoltrato. Invece è arrivato ieri, proprio ieri. Ti dico il titolo e so che sorriderai: “LA TIGRE ASSENZA”.  Ho abbracciato il libro, nella prima pagina ho scritto delle cose che magari leggerai dopo. Quelle tre parole – la tigre assenza – mi portano all’orecchio la tua risata divertita di quando rilevavi un paradosso, qualcosa che non poteva essere davvero.
Tu resti Ninette, con Plinio, la tua famiglia, con noi tutti di neobar, gli amici, chi ti ama e chi ti amerà in futuro per la tua arte e le tue parole…  tu resti con noi!
______________________________Doris

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I piedini tra i petali

Quando ero bambina
camminavo un giorno d’inverno
con le scarpe della domenica,
e portavo un canto di gioia nelle tasche.
Non faceva freddo. Faceva il semplice esistere.
Mi accorsi della vita quando
la mia ombra si appoggiò a un albero,
poi affondai i piedini tra i petali e i velluti bianchi.

Quando ero bambina
ricordo la vastità sopra di me.
Quello era il cielo del 21 gennaio
e mamma mi regalò una galassia filata di zucchero.
Ma intanto dentro le tasche la neve diventava acqua
i vestiti si facevano pesanti e io
avevo paura di sciogliermi.
Mamma, dissi, sto diventando liquida.

Mamma, dissi, fammi stare con la mia ombra
seduta ai piedi dell’albero.
È secco, senza foglie e senza germogli.
Se mi sciolgo diventerò una preghiera d’acqua,
così lui fiorirà. Con il mio amore tornerà a vivere,
l’amore lo consegnerà all’universo, e nell’universo
l’albero della mia ombra sorgerà per la prima volta.
Quella luce così chiara sarà chiamata
La costellazione dei mandorli in fiore.

*

Stanotte mamma mi rincalzerà le coperte,
l’umido scomparirà improvvisamente.
Sentirò per sempre il suo amore, il suo calore
di lana. L’odore di talco tra le lenzuola, il suo viso di seta.
Sì, mamma, nel tuo bacio notturno riconoscerò
la mia pelle. Nel tuo pianto commosso – la mia acqua.

Fa caldo. Fa notte.
Tutto è uniforme memoria.

*

Nina Maroccolo

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La scomparsa di Nina Maroccolo

Con dolore e tristezza annunciamo la scomparsa di Nina Maroccolo (Massa, 1966 – Roma, 2023), scrittrice, cantante, artista, performer, sempre votata ad una grande sensibilità e resa sinestetica delle sue opere, e magiche interpretazioni. Dopo i primi anni trascorsi in Sardegna (il padre era maresciallo dei Carabinieri), Nina è approdata a Firenze, dove s’è formata, dedicandosi agli amati studi d’arte. Erano anche gli anni dei primi gruppi pop-rock della scena anni ’80, poi di un’esperienza editoriale come la City Ligh Italia di Lawrence Ferlinghetti e Antonio Bertoli… Esce appunto nel ’99 Il carri di sonagli, il suo primo libro tra poesia e prosa e canzoni (con prefazione di Alda Merini).

Le nasce un forte impegno civile che, coi lucidi consigli di Eraldo Affinati, la porta

a scrivere un testo forte e originale come Annelies Marie Frank (Empirìa, 2004), moderno romanzo in versi sulla figura della celebre eroina del “Diario”, finalmente

indagata nei suoi doni d’adolescente già saggia e libera, disperata e ironica, nonostante le jatture feroci della Storia. Nina Maroccolo ama poi trasformare i suoi libri in spettacoli, che canta e inscena con talento e ardimento. Nel 2004, l’Anna Frank entusiasma gli spettatori, pochi e un po’ elitari, ma attentissimi e quasi rapiti, del Teatro Vascello, a Roma. È l’anno in cui si trasferisce nella capitale, e comincia a stendere una fascinosa trilogia, “I posteri del Moderno”, fra poesia (Illacrimata, Tracce, 2011, saggio introduttivo di Paolo Lagazzi), romanzo (Animamadre, Tracce, 2012 prefaz. di Fabio Pierangeli, postfaz. di Ubaldo Giacomucci) e racconto (Malestremo, “Sedici viaggi nell’Altrove” prefaz., di Marco Palladini).

Con Marco Palladini, autore e regista, mette in scena uno spettacolo memorabile, Me Dea, in cui recita e canta (assieme a Giulia Perroni, Roma, L’Aleph, 2014), sublimando e lievitando il Mito in una direzione, mozione ed emozione “assolutamente moderni”. Ma ricordiamo anche la sua poliedrica, palpitante interpretazione de La sesta vocale, regia di Iolanda La Carrubba, un film d’arte che fu addirittura selezionato al Festival di Berlino 2013.

Discorso a parte per la sua vena visiva, di artista insieme materica e simbolista, astratta e concettuale… “La rivoluzione degli eucalipti” è una grande mostra (Roma, Galleria d’Arte Moderna, Maggio-Ottobre 2021, con cui Claudio Crescentini le consente di allestire le sue opere materiche infibrate e vegetali come un grande appello alla Terra, alle scorze che cambiano iridescenze e colori… “Con le opere della Maroccolo” rileva Crescentini “non è più la visione, ad esempio, di un paesaggio dipinto a rapirci l’anima o i colori variopinti di un giardino in primavera fotografato e/o dipinto a lasciarci estasiati. O il rosso del tramonto tra le distese di prati in fiore a tenerci attoniti, perché la Natura di Maroccolo non è più riprodotta tramite l’Arte ma (ri)creata tramite sé stessa.”

Il catalogo è un vero e proprio libro d’arte (Disvelare Edizioni, art director un vero grafico princeps come Vinz Notaro), dove la prosa lirica di Nina scivola nel racconto ma anche s’impenna in toni gnomici o gnostici, si libra o radica a rito e afflato di Natura:

Scriverò dell’albero della protezione.” intona Nina “La caratteristica propria di mutare. Le sue mute, quasi scorticamenti di pelle. Scrivo con gli alberi, assieme a loro. La mia vita è infibrata del loro esistere. Si fa espressione dei sentimenti più puri. Si chiama: DEVOZIONE.”

Plinio Perilli

*

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10 risposte a "Un saluto a Nina Maroccolo"

  1. Che siano quelle coincidenze, carissima Ninette, di cui parla Doris, a dare un senso a quello che facciamo, a tracciare addirittura il nostro percorso? Faccio fatica a credere che ci hai lasciato. Probabilmente perché ero convinto che ce l’avresti fatta. Ti riconosco anche io quella forza e dignità della tigre anche se ti associo a quel bellissimo cavallo bianco che avevi scelto per il tuo primo post su Neobar
    https://neobar.wordpress.com/2009/09/25/nina-maroccolo-nitrito-d%e2%80%99argento/
    Ricordi quanto ci impiegammo per quel post? Io ero (e continuo ad esserlo) un po’ agli inizi, tu che volevi che tutto fosse preciso, soprattutto l’immagine del cavallo a cui tenevi particolarmente. Il tutto mentre parlavamo di tanto e altro ancora, scoprendoti persona e artista straordinaria, a cui continuerò a volere un mondo di bene. Il mio pensiero va a Plinio, straordinario anche lui, che saprà farsi coraggio e abbraccio forte.
    Abele

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  2. Nemmeno per un attimo ho creduto potesse accadere davvero. I suoi saluti, la forza che ne traspariva, la presenza affettuosa a tutti e tutto, lasciavano presagire una invincibile condizione. Resterà invincibile presenza, so che non ci basterà. Ciao Nina, grazie Doris.

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  3. Grazie Doris per questo ricordo, questo tuo smarrirti e ritrovarti in Nina così pudico, così femminilmente aderente e riconoscente.. ce la restituisci per come è, fino alla fine intatta e riconoscente, così ora anche in noi compiuta.. Ciao Ninetta!

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  4. Sono immensamente dispiaciuto, ricordo tra i suoi primi post letti su Neobar quello su Gandhi, e l’ultimo sul proseguimento della mostra “La rivoluzione degli eucalipti”, non pensavo che finisse così.
    Rimane per sempre la sua arte multiforme e il suo respiro cosmico. ciao Nina.

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  5. In questo momento le bacche d’eucalipto che mi donasti emanano il loro profumo balsamico dal mio piccolo altare.
    Ti sento viva, oltre questa indicibile sofferenza, come l’ultima volta al telefono, come ti sentirò sempre.
    E ti ritroverò, in questa vita e altrove, Ninì.
    V

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  6. cara Ninetta, la tua presenza resterà luminosa e impalpabile sospesa tra il silenzio e la parola, intrisa di quella grazia e bellezza che sapevi sempre donare, nel dono prezioso della tua interiorità, nella generosità con cui offrivi il tuo impegno per rendere questo pianeta un luogo più abitabile. La tua sacrale devozione nei confronti degli alberi, degli animali, di tutti gli esseri viventi, le tue alchemiche macerazioni capaci di distillare rarefatte armonie, il tuo modo di accogliere ogni persona nella sua essenza più profonda, fanno di te una creatura di luce e di pace. Voglio ricordarti con questa tua poesia che hai scritto per l’antologia “Nelle stanze di Alice” e che oggi, nel rileggerla, mi rivela una profondità nuova:

    MIE BIANCHE SORELLE

    Forse questo abito m’impoverisce, ma è pulito come
    un’abitudine stropicciata, rimessa a nuovo.
    Le cose qui – ditemi se sono una cosa, io!- stanno dove
    devono stare.
    Ogni giorno accade. Anche oggi, una madre mi si è
    cucita addosso. La riconosco dal sapone d’oliva,
    dall’eterna sua mancanza. Così riparo l’intimo e l’ultimo
    squarcio materno, per ricamare un avvenire di filigrana.
    Tra le alture della Montagna, sacra e maestosa.

    Le nostre madri sono passate da lì. Anche la mamma
    di Alice.
    Le ascolti per imparare l’arte che ti hanno tramandato,
    per il rigore meditato nella grafia del concepimento,
    insieme all’impasto delle erbe. Quelle che curavano.
    Nel pensiero solitario che la solitudine accresceva.
    In alto, come alta è la montagna, le vergini di clausura
    si perdevano nelle trame dei Santi in miniatura,
    con ricami difficilissimi.

    Alzate la testa, mie bianche sorelle. Lasciatevi guardare.
    Siete un cantico di meravigliosi ricami, trine e vita.
    Siete la nostra Storia, il memoriale dei senza-voce.
    Identità perduta. Mai avuta.

    “Come posso sentirmi?
    Ditemi se sono ancora una cosa, io!
    Ditemi che non ho vissuto abbastanza da essere ricordata.
    Ditemi che sono un Angelo del cielo.
    Un pianto ancestrale
    il vostro remoto.”

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  7. Cara Nina, non sono brava a scrivere e tradurre in parole il mio sentimento per te, ti ho conosciuto poco ma un poco luminosissimo.
    Tra noi una assonanza profonda fatta di alberi, colori cortecce, vibrazioni. Quando arrivavi spostavi l’aria.
    Eri emozione e la trasmettevi.
    Una grande anima se n’è andata.
    Ciao Nina.
    Grazie a Doris.
    Emanuela Perri

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  8. A Nina

    Ora, nei buoni ricordi che sorgono all’improvviso e riempiono di essenza l’interiorità, pur con la spina di essere stati appena prossimi al tuo dolore come al tuo Paradiso, e in connessione con il centro più autentico di noi, da cuore a cuore, custodiamo la fiamma della tua primavera – come una grazia dell’invisibile.
    Queste parole sono scritte con la mano che apristi in un cerchio grande di mani, con la voce che suona,
    tutto il gruppo de La Terza Via.

    Patrizia, Renato, Elisabetta, Rubina, Antonella, Antonella C., Beatrice, Roberto, Adele, Lucia, Andrea, Marco, Vincenzo, Alessandro, Milly, Laura, Letizia, Matteo, Paola, Giulia, Gabriele, Antonio, Danilo, Mariella, Massimo, Vito, Raffaella, Ito, Clara, Claudio, Eugenio, Morgan, Valerio, Stefano, Giorgio, Gianantonio, Sergio, Emma, ed altri.

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  9. Cara Nina, cosa possiamo ancora dirti a parole..ci vorrebbe la musica che tu amavi per esprimere ciò che non riusciamo a esprimere più, la musica che sola può dire l’inesprimibile a parole. Stamani sentendo Chopin, andando in un paese immaginario trasportata dalla sua musica, sentivo che eri lì, in quel luogo dell’immaginazione che tu conoscevi bene, dove ti sri rifugiata tante volte, lo so. E allora ti sognerò sempre li, tra note di una musica ineffabile.

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  10. Nina Maroccolo, sorellamica di tante lunghe conversazioni, dalle quali uscivo sempre diversa, coperta di luce.
    Ho avuto una smisurata fortuna nel conoscerla e leggere la sua opera poetica di incredibile profondità, in cui note spirituali e umane si abbracciano, diffondendo un rasserenante senso di pace. Sto conservando in un archivio speciale gli audiofiles dei suoi lunghi messaggi vocali degli ultimi tempi, in cui lei bandiva la sofferenza offrendo il protagonismo del suo pensiero acuto, spiazzante e dell’immancabile autoironia.
    Nina sarà sempre per me l’esempio concreto, innocente e grandioso, dell’arte che riesce a tradurre il mistero della terra e della vita, l’arte che rivela la immortale continuità, in noi e fuori di noi, di ogni essenza naturale (quel “ritrovarsi- come lei dice– con le mani piene di fiori”). Continuità di voci anche fossili, di un’età bambina millenaria, voci sempre risorgenti, voci vive che dicono della fusione dell’umano con l’ anima del mondo e con il respiro dell’universo.
    Nina continuerà a dirci come l’arte arriva là dove si ferma il pensiero. Per questa sua inestinguibile luce mai finirò di dirle grazie.

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