Intervista senza domande a Yuleisy Cruz Lezcano “Di un’altra voce sarà la paura” Leonida Edizioni (2024)

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Urlo senza ascolto

Braccia che scivolano
dal corpo, tintinnio, cadono
i braccialetti a terra.
La sedia più non sostiene
la forma del corpo. Intrisa
gioventù di alcool, esposta
a tante altre morti.

Fuori i volti, confuse
immagini escono dagli sguardi,
voci che masticano la propria lingua,
caricatura di volti fermi
negli occhi di pesce, congelati.
Immagini tremolanti, entrano istanti
persi in una parte di sé cancellata.
La donna si alza dalla sedia
aiutata, ma poi sola, passo dopo passo
i tacchi si piegano e vengono gettati.
È buio, tutti se ne sono andati,
una mano l’afferra e la trascina
giù per un punto buio
della strada, dove piegate
in un angolo le urla
scompaiono.

*

Questa poesia, scelta dall’autrice, è tratta dalla silloge “Di un’altra voce sarà la paura” Leonida Edizioni (2024), libro coraggioso selezionato per il Premio Strega Poesia 2024. Si parla troppo a sproposito della violenza sulle donne, non la si previene e viene biasimata quando accade. La società (sempre che esista ancora) si indigna e poi getta la spugna con gran dignità canterebbe De André. Invito a leggere “Di un’altra voce sarà la paura” perché tratta la violenza di genere in mille posture materiali e psicologiche, detto questo mi soffermo sui testi e sui versi che ho proposto all’autrice in questa bellissima intervista senza domande.

*

  • sporca la chiamata del mio ventre (pag. 27)

Ventre. Ferito da sette balestre. E io preda. Vedo già ammucchiarsi il carico che metteranno sul mio groppone, e attendo, senza emozioni, come un asino paziente esplodere; e che nessuno ne venga a conoscenza.  Quanto invidio il passerotto che spulcerà la mia carcassa secca, la morte e il suo ultimo allegato. Certe morti hanno il formato di toccare il fondo di sé stessi, come un nome che si gonfia, blasfemando, atterrito del modo di esprimere l’inconfessabile. Feroce e implacabile può essere il destino quando dice qui è stata la morte, molte volte! Ma hai dimenticato il suo volto e i suoi nomi successivi. Vestita di fantasmi, vivo, segnalando il mio spazio per non fare vedere il deterioramento, mentre mi perseguita il coro della cronaca e il suo seguito.

  • chiudendo le orecchie per non ascoltare (pag. 31)

Intemperie che la memoria loquace solo cova della terra che non è più della mia mano. È facile passare al “Non più in me” della mia carne che cammina sul filo delle cose morte, incollate alle appartenenze. Raccontano che non ho aperto mai le labbra per dire basta. Solo gli occhi erano docili per seguire le impronte di parole di blasfemia o lusinghe che si trasformavano. Giorno dopo giorno, costruivo nel silenzio l’audacia di scappare e la risposta imparata da bambina in un testo che negava con amore la parola maltratto. Non avrei dovuto dimenticare e nei remoti ricordi, per metà dimenticati, forse per dolore o paura alle oscure ragioni dell’amore, il “No” necessitato, è stato da me inascoltato, ed è diventato un’etica più vecchia della mia anima, per impedirmi di vivere al passo con la vita, amandomi.

  • che strangola al guinzaglio la mia psiche (pag. 39)

L’amore: come se nulla fosse successo. Il dolore: durante un sogno senza riposo. Chi non sa di dolori vuole dettare leggi che reggano i giorni di chi il dolore conosce. Chi dovrebbe non trova la voce per mancanza di mondo nella testa, per eccesso di piedi. A volte la testa si nega a camminare con i piedi del mondo. A volte per non seguire il mondo, per fuggire dai propri piedi e andare con la testa, l’unica cosa che resta è perdersi nelle esclamazioni degli ascoltatori che equilibrano l’impulso di non credere che sei la vittima, quando vedono le tue lacrime.

  • per lei che rideva al sole di marzo (pag. 48)

Piange per mancanza di ricerca nelle ultime speranze. Rideva per l’esistenza che divenuta incubo come rimedio al freudismo, alla rivelazione psicologica, che nulla può lenire il dolore della corolla dipinta nello specchio in cui una donna si guarda dal suo umile ritiro da sé stessa, che si ricorda morta e rotta in un sospiro. La sua patria è bella in lontananza e da fuori è una rosata primavera, che porta un sole di bile nel centro.

  • ora sei libera / come una poesia di riporto (pag. 52)

Sei libera nella poesia che abolisce il tempo profano. Sei libera da quella mano che progetta l’uomo; dalle ombre che si riproducono naturalmente. Ma la tua libertà è poco trasparente. Non mi convince, mentre il resto della tua vita passa nel tempo sprovvisto di significati, nel divenire…

  • esiste una morte che non porta l’ombra (pag. 61)

Si accende la torcia di un magro sorriso, ma non è notte e il fuoco non crea ombre. Un pesce guarda l’amo e vede dal basso. Incontro di gabbiani che già non avvertono la mano senza eco di un polso piegato che, con una lenta forma di onda, affoga l’ultima imbarcazione di saliva tra laringe e corde vocali.

  • come orbita turbata per il suo stesso centro (pag. 73)

Per scongiurare la disgrazia si può creare un castello di urla sotterrate. Per non turbare il gioco dei rumori, in un rituale di abitudini magiche, si può ombreggiare il corpo, la carne che sveglia desideri, fino a spegnere il centro che pompa una vita, da cui non si può più disporre. Si potrebbe trattenere la lingua che fugge dal dialogo, per rifugiarsi nella bocca del senso affogato. La lingua rinuncia a chi annuncia il silenzio di Babele, da chi si sente irritato dalla parola “Basta” e non capisce che andare oltre è violenza.

  • ti hanno vestita e decidono (pag. 78)

Decidono nell’alfabeto la denuncia, di fronte allo sgravio della lettera scritta delle interrogazioni che non pronunciano sentenza che mette le cose a posto. Uno intende vivere in una bolla di sapone, andare verso soli conquistati, però è sempre difficile accarezzare la luce e alla fine basta poco e si cade in un cerchio che distrugge l’aureola, quando gli uragani piegano gli aceri e più non si incontra il senso. Qui la voce sempre al lato opposto, una volta persa è laberinto, ansia, imbavagliata da una tela nera in cui il dissidio mostra la sua mano quasi di fantasma. Qui c’è la voce ma non è in te, anche se “Di un’altra voce sarà la paura” è solo un titolo appena nato, un libro che deve ancora crescere.

  • un contrabbando di ombre mute (pag. 83)

Si vende! Qui ombre! Mercatino del nulla e di un altro corpo, la poesia ritorna al tuo corpo e vive in Atlantide un angelo che respira il fondo di una scala di vita a strati. Angelo è la tua voce nera che sputa al canarino e lo imbrunisce. Qui la voce salta e la tua non mostra il suo volto. Saperti nel gioco e non potere scegliere la pioggia o il paesaggio, saperti nella poesia travaglio come un odio che non scuote l’inerzia. Sapere che le tue ombre cancellano la presenza di un cammino che inizia a sfilarsi. Cosa posso fare per aiutarti? Voglio farti parlare perché tutti sappiano che vai a letto con la paura di dormire, che cammini rasente da una parete all’altra sentendo il pericolo di essere carne, dove la paura passa verticale per ricordarti che le cadute non lasciano lucidità né carne né silenzio. Solo questa forma di colpa. Questa… di invertire nel dolore.

  • me ne vado dalla parola, dalla voce (pag 102)

Vado in me, via da te, ma ti ascolto. Fuori dal mio andare si partoriscono parole. Vorrei trovarle senza che arrivi il dolore che accudisce l’ombra del ponte. Vado per non cadere nel sangue di un altro dire, nel silenzio che coagula il significato. Vado senza voltarmi dall’altro lato. Ti tendo la mano perché nessuno ponga su di te cenere, per salvarti dall’oblio e guidarti verso il nord che porti dentro, che galleggia nella tua stella, così che tu possa ripararti nella mia casa, quando c’è un pericolo fuori.

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Yuleisy Cruz Lezcano nata a Cuba, vive a Marzabotto, Bologna. Lavora nella sanità pubblica, laureata in scienze biologiche e con laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, titoli ottenuti presso l’Università di Bologna.

Ha pubblicato numerosi libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi.

Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica  e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blogs letterari italiani, di America Latina, Spagna e con il giornale letterario del Premio Nabokov.

La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.

Il suo ultimo libro “Di un’altra voce sarà la paura”, pubblicato con Leonida edizioni, uscito a febbraio 2024, è stato selezionato dalla sua casa editrice per presentarlo al premio Strega poesie, poi è stato selezionato per presentarlo al Salone Internazionale del Libro di Torino edizione 2024, è stato presentato nella Televisione di Stato della Repubblica di San Marino e in Tele Granducato della Toscana, sarà presentato con l’associazione Artinte di Barletta, Trani, Puglia ad agosto, Puglia e della trasmissione televisiva Street Talk di Andrea Villani, che viene trasmesse in 22 reti televisive in tutta Italia.


2 risposte a "Intervista senza domande a Yuleisy Cruz Lezcano “Di un’altra voce sarà la paura” Leonida Edizioni (2024)"

  1. Io non capisco, ogni giorno ormai c’è lo stillicidio di donne uccise dal marito o dal compagno.

    Qui tanti spunti e pensieri dal punto di vista femminile, delle vittime,

    anche per capire, ma soprattutto per risolvere:

    Il No inascoltato alla lunga impedisce di vivere

    Chi dovrebbe non trova la voce per mancanza di mondo nella testa

    Liberarsi da quella mano che progetta l’uomo; dalle ombre che si riproducono naturalmente.

    Allora si può ombreggiare il corpo, la carne che sveglia desideri, fino a spegnere il centro che pompa una vita

    Cosa posso fare per aiutarti? Voglio farti parlare perché tutti sappiano che vai a letto con la paura di dormire

    Non ci sarà mai un punto di vista maschile, perché chi esercita violenza non la spiega di certo in poesia.

    Molto interessante e lodevole anche l’attività di scambio culturale tra la poesia italiana e quella di lingua spagnola.

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