
QUEGLI ANNI SETTANTA
.
Quegli anni settanta in penombra
nella stanza tre metri per due
battendo sui tasti Olivetti
ritagli di vita e d’amore
col sogno nel cuore di un cielo
che entrasse di sguincio dai vetri
a posarsi sul petto
e lucciole e rondini
ancora a vibrare nell’aria.
Ma anche nel sogno lo schiavo
non cessa di essere schiavo.
Anna Maria Bonfiglio, giornalista pubblicista, risiede a Palermo dove svolge attività culturale nell’ambito letterario. Ha collaborato con i settimanali del gruppo Rizzoli, Mimosa e GVE, con i mensili SiciliaTempo e Insicilia, con la rivista Silarus e con molti altri periodici. Ha pubblicato libri di poesia in lingua e in dialetto, raccolte di racconti e i romanzi brevi La verità nel cuore e Scelta d’amore e i saggi: A cuore scalzo-La vita negata di Antonia Pozzi (CFR Edizioni), La vicenda di gioia e di dolore nell’opera di Camillo Sbarbaro (CFR Edizioni), Maria Messina in Figure femminili del Novecento (Edizioni Ulite), Il mito nella poesia di Cesare Pavese (Ed. Insieme nell’arte). Sue poesie, racconti e articoli di letteratura sono reperibili in vari siti web. Liturgia dei Giorni, raccolta davvero significativa, che ho amato subito, è il libro da cui ho estratto i versi per questa intervista senza domande.
Onoravamo il silenzio (pg.25)
Il silenzio mi ha sempre fatto compagnia, è presente nella mia vita e nella mia scrittura, mi avvolge e mi permette di elaborare i pensieri, di costruire storie e di rivivere, nel bene e nel male, tutto quello che di importante è passato nella mia vita. E’ il silenzio dell’infanzia inconsapevole, dell’innocenza primigenia, onorato dallo sguardo amoroso e severo di una madre di poche carezze.
Gli anni cavalcano i nostri scontenti (pg.30)
Novembre, il mese dei Morti, per noi siciliani è anche un’occasione di fantasie colorate: dolci di pasta di mandorle e di miele in forma di frutti, Pupi di zucchero a guisa di cavalieri, dame, ballerine e paladini, residui di antiche tradizioni che il tempo va cancellando lasciando su di noi patine di malinconie incancellabili.
Ora il tempo è un lungo serpente (pg.35)
Entità indipendente rispetto alla nostra vita, il tempo ci domina, sfugge e mantiene il suo potere su di noi, come un serpente talvolta ci incanta talaltra ci irride. In questa poesia il tempo-serpente ha perso la sua forza ammaliatrice e si è trasformato in torturatore, accendendo la miccia del ricordo.
Felicità è soglia che non si fa varcare (pg.40)
Il ricordo è memoria costruttiva, elaborandolo avvengono due processi, il primo di carattere psicologico o psicoterapeutico, il secondo di sublimazione, per cui anche un ricordo doloroso o drammatico può assumere valenza a volte anche salvifica. In generale pensiamo un po’ tutti che la nostra giovinezza sia stata una stagione felice, ma se guardiamo con gli occhi della coscienza ci accorgiamo che non è stato proprio così, che è stato il tempo a farcelo credere, perché dopotutto la felicità è un’astrazione.
Non abbiamo paura (pg. 43)
Camminiamo tutti sull’orlo di un precipizio, la realtà sociale ci schiaccia con la sua cruda verità, bisogna attrezzarsi, essere più forti o nascondersi al mondo. La nostra risorsa, allora, dovrà essere, e sarà, la consapevolezza di poterci salvare dall’abisso.
Sempre da qui si parte (pg.49)
Sona nata e vivo in un’isola, terra di solitudine per definizione, e dall’isola, se si parte, lo si fa per non tornare. Lo fecero mio nonno e i suoi figli, e tanta altra gente di ogni estrazione sociale, chi per il pane, chi per migliorare la propria condizione. Lo hanno fatto mio fratello e le mie nipoti, e così fratelli e sorelle e nipoti di tante altre famiglie. Io no. Sono rimasta, custode ultima e solitaria di un focolare spento.
L’umidità dei panni e delle ossa (pg.52)
Palermo, quinta città metropolitana italiana per abitanti e terza per estensione, è un territorio completamente piano, le strade si intersecano in percorsi lunghissimi, privi di alture o scalinate, da una parte all’altra del suo territorio e sotto il suo suolo scorrono i quanat, gallerie sotterranee scavate in epoca araba per approvvigionare la città di acqua. Nei quartieri più poveri i panni si stendono in file lunghissime da una finestra all’altra, per raccogliere il calore di quei pochi raggi di sole che i vicoli riescono ad offrire.
Danzano le sorelle della notte (pg.59)
In quella sera d’estate la luna rifletteva i suoi raggi sulla ceramica del terrazzo producendo un luccicore che creava un effetto di onde marine. Mio padre dormiva nella sua stanza, Angelo e Nina flirtavano disinvoltamente, io poggiavo il capo sulle tue ginocchia e sentivo che tutto sarebbe stato possibile. Ma così non fu.
Ritagli di vita e d’amore (pg.64)
Anche gli anni più bui nel ricordo perdono la loro tristezza, si liberano dell’amaro che ci ha avvelenato e si vestono di quel rimpianto “buono” che addolcisce l’anima.
Viaggio nell’impossibile realtà (pg.76)
La poesia, che ci permette di viaggiare nella realtà e nel sogno, è infine un atto eversivo che sovverte i canoni della comunicazione verbale e compie la sua funzione puramente intellettuale: inverare una realtà mentale che interpreta la realtà vissuta. La parola abitata dalla poesia esprime il significato più alto delle cose, coglie l’indicibile attraverso il dicibile e nella sua essenza metafisica ferma il tempo.