
Non sono ottimista.
Sono cresciuto all’improvviso,
saltando
i gradini dell’anima.
Non sono troppo allegro
né troppo espansivo.
Non ho ancora un passato:
parlo con gli altri,
cammino nei parchi,
scrivo in venti
modi diversi,
mi piace il calcio,
leggo i giornali,
visito gli amici,
recensisco qualche libro,
curo le mie passioni,
finisco il mio lavoro.
Sono semplice, ho
ventotto anni e, certo, ho
ombre ed errori,
sensi di colpa che durano mesi.
Non voglio avere ragione,
né sapere se questi versi
sono corti o lunghi,
né, in verità,
tessere un alloro
o dipingere il mio ritratto:
sono così simile a tutti,
così uguale
a ciò che canto.
Ecco perché non importa
se mi dimenticano,
se conoscono solo il mio volto,
il mio soprannome
o la mia età.
Devo dire un’altra cosa,
con un certo sapore testamentario:
nulla sarà
al di sotto delle mie azioni
e non volterò mai le spalle
all’ultima cosa
che potrà entrare nelle mie parole.
*