Intervista senza domande a Laura Chiarina (di Flavio Almerighi)

Intervista senza domande a Laura Chiarina

Di Flavio Almerighi

Laura Chiarina, è nata nel ’53 a Treviso, da papà catanese e mamma trevigiana; compie studi tecnici, sognando invece gli studi classici. Mantiene sempre la passione per la scrittura: da giovane, nella forma consueta del diario personale o del breve racconto biografico. Ama profondamente Ungaretti che predilige su tutti.
Laura, sente che il suo viaggio si sta compiendo al contrario: dalla superficie (L’ arcobaleno nel calamaio) al profondo, con “Nuvole dalle braccia” e avverte di essere a tre quarti del percorso, riconoscendosi nelle poesie inedite e in quelle non ancora nate su carta.       
Le sue pubblicazioni: “L’ Arcobaleno nel calamaio”, definito dalla stessa autrice come il primo superficiale balbettio.
A fine anno 2013, viene data alle stampe la seconda raccolta: “Le vele di Penelope”. Nel 2015, è la volta della raccolta “Nuvole dalle braccia”. Nel 2018, fonda la A.P.S. “Il Cerchio di Ipazia”, che si occupa di divulgazione culturale. È di prossima uscita una nuova raccolta di cui sentiremo presto parlare.

Carpite da venti furibondi,

mostrano il loro vuoto:

denudate rarefatte

parole.

Frammenti,

balbettii luminosi,

dispersi in nebulosa.

Non hai saputo serrare i pugni,

poeta.

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Nuvole dalle braccia di Laura Chiarina, pubblicata nel 2015 da Edizioni DivinaFollia, è una raccolta poetica che esplora con delicatezza e profondità le sfumature dell’animo umano. Attraverso versi intensi e immagini evocative, l’autrice affronta temi come la memoria, il dolore e la speranza, offrendo al lettore un viaggio emotivo e introspectivo. La sua scrittura, caratterizzata da una sensibilità raffinata, riesce a trasmettere emozioni autentiche senza cadere nella retorica, rendendo ogni poesia un’esperienza unica e coinvolgente. Con Nuvole dalle braccia, Laura Chiarina conferma la sua capacità di dare voce alle emozioni più profonde, regalando al lettore una raccolta di grande valore poetico.​

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01) Con l’angoscia della pietra: (pag. 15)

Mi rileggo e confermo a me stessa d’essere un ossimoro vivente. Empatizzare con l’angoscia della pietra “che nulla sente per definizione”, significa smontare il concetto. Del resto, gli altri versi della poesia in esame, sono un susseguirsi di contraddizioni, chiosa compresa: “e sei per me/stigmate aperta/che non duole”. Mi rendo conto di aver spesso cercato una definizione per la Poesia, pur essendo convinta che non sia possibile circoscriverla, si può osservarne l’evoluzione, ricordarne le caratteristiche irrinunciabili che la distinguono dalle altre forme espressive e poi… abbracciare il Silenzio.

02) Le dune del mio deserto, (pag. 35)

Avrò bevuto un po’ quando scrissi questa Poesia? È un dialogo con il “pensiero razionale, carnefice”… al quale pongo la domanda finale: “tu sapresti essere miraggio/e di me fare scempio?” Mentre nella notte, accadrà alle “le dune del mio deserto”, di modificare talmente da essere irriconoscibili. Mah! Che razza di stato d’Animo!

03) Disillusi dalla risorgiva (pag. 38)

Entra prepotente in questi Versi, la metafora del fiume, il mio amatissimo fiume Sile, fiume bellissimo di risorgiva, appunto… “Disillusi” perché? … È quella sensazione particolare che si prova dopo momenti d’Amore intensi, unici, l’istante del distacco, che reca in sé quel ché di definitivo, anche se così non è. Insomma, in Amore, Gioia e Tormento!

04) Strappo i passi dall’oggi: (pag. 46)

Mi ha sempre colpito il suicidio di Primo Levi. Non seppe “perdonarsi” per essere sopravvissuto. Ho voluto farlo “parlare” attraverso la mia poesia. Forse un atto di superbia? L’intento fu di omaggiarlo. A distanza di dieci anni, non me ne pento.

05) Divido il pane antico e sacro. (pag. 48)

C’è una componente Sacra, in ogni atto d’Amore. Il celebrare un momento che non è solo personale, ma Universale. La metafora, questo vuole evidenziare. E, se e quando accade, credo ci si possa sentire Creature destinate alla Luce.

06) Notte m’assolverà dalla dimenticanza: (pag. 52)

Quella “dimenticanza: di me”…. Quante volte, si vive in funzione di Altre Persone? Quante volte la vita chiede scelte contrarie al nostro Sentire profondo? Questo non è esattamente giusto nei nostri confronti… Perché chiedere alla Notte l’assoluzione? La Notte è la mia “passione” il mio elemento, ecco il motivo.

07) Sono tua combustione (pag. 58)

Ecco un momento di assoluta esaltazione! Mi sono vista stella tra le stelle! Nata dalle ceneri di una di Loro… (Prosecco o grappa, quella sera?)

08) L’attimo anarchico (pag. 62)

Il sonno è “l’attimo anarchico”… Arriva poi “Sua Maestà il Pensiero conscio”. E c’è poco da fare, iniziamo i “guai”, si fa per dire! Benedetto sia il Pensiero.

09) Per le pareti da rasentare, (pag. 72)

“Ombre sfuggenti”, tali siamo nella folla. Sono necessarie molte pareti da rasentare… È una visione troppo cruda? Sto pensando alla piazza virtuale, in questo momento, altro tipo di folla, per la quale basta il display.

10) Cos’ hai fatto Poesia? (pag. 92)

Ecco che chiedo alla Poesia di incarnarsi, di sdoppiarsi. È lei, non io, ad aver scagliato la “sassaiola delle mie parole”. E, in questa confusione di ruoli, dove mi sento denudata, non mi rimane che chiedere aiuto al “soffice manto della dimenticanza”.

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