
Volare con i piedi: Alicia Alonso.
Spesso il passato bussa alla porta ed è impossibile non invitarlo a un caffè. Ecco qui il grande gabbiano, l’uccello dorato cubano, che sapeva volare in punta di piedi.
Ecco qui Alicia Alonso, che si esibisce insieme a Fernando Alonso, entrambi insieme ad Alberto Alonso, sono stati i creatori di quella che è giustamente chiamata “la scuola cubana di ballet” (balletto classico). Una scuola che ha portato a un importante aggiornamento culturale, materia di insegnamento di come esibirsi entrando in sé stessi per lasciarsi andare, per liberarsi tramite slanci e passi. La vocazione verso la danza è passione che si apre verso sentieri non battuti, rimasti soffocati dalla mancanza di sintonia con quel sentire profondamente diverso, in cui forma e tonalità dei gesti mostrano tutta la loro originalità. Questa ballerina di nome Alicia Ernestina de la Caridad del Cobre Martínez del Hoyo, meglio conosciuta come Alicia Alonso (1920-2019), è stata davvero un’artista che rispecchiava con tutta sé stessa la sua danza, è stata una donna che ha scritto una storia dentro la storia e riscritto sulle punte una danza emozionale.
Quando da bambina, la contemplavo danzare nello schermo russo in bianco e nero della piccola televisione dei miei genitori, vedevo, giuro, i suoi colori. Per me erano brividi, i miei occhi diventavano laghi di emozione. Sulle sue gambe Il Lago dei Cigni, Giselle, Carmen erano ben un’altra storia. Alicia era luce, un festeggiamento della poesia attraverso la danza, perfino il grande scrittore José Lezama Lima ne è rimasto folgorato. Infatti, Lezama scrisse:
“Una ballerina come Alicia Alonso ci dimostra che ci sono miriadi di iridescenze, metafore, riflessi, idee, nascite e presagi tra noi, che possono avere momentaneamente evidenza, raggiungendo forma e splendore quando danzati”.
Questa ballerina è stata come l’ultimo passo di un tramonto rosso, prima del crepuscolo. Alicia fu, in sé stessa, un popolo che rimane appeso alle coordinate di una poetica in movimento, un restare in un sospiro, un trattenere quel che si definisce festa nell’eco di tutte le sue progettazioni, che danno prova di tutte quelle realtà che non si vedono, ma si sentono. La sua arte come dice Lezama si posiziona “fra tutte le possibilità del futuro”.
Le sue esibizioni sono state cariche di potens (potenzialità infinite) e come non dare ragione a Lezama! Alicia con la sua arte abita ancora le possibilità e le derivazioni dell’iperbole, dell’ipertelia, dell’eccesso come parti sostanziali della poesia.
Oltretutto, ha portato la sua passione fino in fondo, al punto di essere ricordata come “Alicia la ballerina cieca”. Infatti, a 19 anni diventò, purtroppo, parzialmente cieca, ma nonostante. questo, continuò…Per volare si aiutava con le luci, così si orientava sulla scena, chiedendo inoltre ai partner artistici di trovarsi esattamente là dove lei pensava che si trovassero.
Alicia è stata l’irradiazione di una danza viva, una danza immortale che rappresenta le realtà dell’anima. La sua vita però, non fu semplice né priva di delusioni, sforzi e sacrifici. Nell’autunno del 1941 i medici le diagnosticarono il distacco della retina e le ordinarono un anno di assoluto riposo. È in quel periodo che Alicia Alonso imparò a ripetere i gesti della danza nella sua mente e a immaginare i movimenti delle sue gambe. I disturbi alla vista, fino alla quasi cecità, accompagneranno l’intera carriera della Alonso. Seppur purtroppo cieca fin dalla giovane età, danzò fino a 70 anni.
Dopo la sua morte, a 98 anni, i cubani le resero omaggio nelle strade e nelle piazze della capitale. E i suoi ballerini l’hanno ricordata danzando in riva al mare, per le vie della città e nel teatro a lei intitolato.
Ricordo, quando abitavo a Cuba compravo sempre il profumo a lei dedicato e nonostante siano anni che non sento tale aroma, ancora parlando di lei, ricordo questo profumo delicato e forte… una fragranza che la rappresenta e che è rimasta come un “tarlo buono” che apre i miei sensi a tanti bei ricordi.
Cosa altro aggiungere? Alicia è come lo spirito di una farfalla che ancora vive fra il fiore e il mito. Perfino Alejo Carpentier disse:
“Formatasi all’interno di un popolo per il quale la danza risponde a un profondo bisogno di temperamento, Alicia ne è diventata, in una certa misura, l’Artista nazionale.”
Infatti, l’arte della mitica ballerina e coreografa Alicia Alonso è rimasta nella memoria di diverse generazioni di spettatori che, dentro e fuori l’isola, hanno applaudito la sua maestria, la sua tenacia, la sua dedizione. Anche se devo dire che la sua arte non esprime luoghi, ma vive come dimensione di una patria che una volta conosciuta, diventa irrinunciabile. Alicia è una parte della storia di Cuba, quella parte sacra, che esce dal passato per cadere nel futuro, dove vivono le cose che nella morte non trovano morte.

La danza è un linguaggio, è un movimento che sfida la staticità, ed è così che durante i suoi balletti Alicia catturava gli spettatori. Mi ha letteralmente rapita da bambina, è andata oltre lo schermo e mi ha fatto danzare, anche quando non avevo l’intenzione di farlo.
Vorrei parlare di questa grande donna ma i ricordi mi riportano a episodi della mia infanzia, mi portano a pensare a quante aspettative hanno i genitori con i bambini. Ricordo che mia madre diceva quando mi vedeva ballare: forse da grande sarà una ballerina, invece quando tornavo dalla scuola e raccontava dalla mia maestra di musica che suonava uno strumento magico chiamato pianoforte, in modo così trascinante che mi faceva muovere le dita e a volte piangere dell’emozione, allora anche in queste occasioni mia madre affermava “forse da grande diventerà una pianista”. Non sono stata né l’uno né l’altro. Ballerina classica non ci si improvvisa, così come non si nasce musicista né pianista, ci vuole davvero tanto studio e nonostante la mia passione per l’arte, mia madre aveva tempo solo di lavorare, e non mi ha mai davvero ascoltata.
Tornando ad Alicia, lei è stata un’anima che danzava nel corpo e anche il suo corpo danzava nella sua anima. Corpo e anima erano una coppia abbracciata. Lei non solo dominava la tecnica accademica, ma anche l’arte dell’interpretazione teatrale, conosceva ben tutti gli ingredienti per intellettualizzare e spiritualizzare l’arte sulle punte. Raggiungeva con la sua esibizione così alto livello di virtuosismo tecnico-interpretativo, che era proprio palese che dietro alla magia che creava c’era un costante esercizio etico del corpo, della mente e dell’anima, tanto studio e sacrificio.
La ballerina per gran parte della sua feconda carriera dedicò molto tempo allo studio della storia e l’origine della danza, giacché era consapevole che chi non conosce di un’arte, non conosce l’arte stessa. La sua elevata conoscenza al riguardo si evince anche da tutte le sue numerose interviste, che sono di per sé un insegnamento.
Devo dire che fra i balletti che preferisco Giselle mi fa ancora volare, vederla danzare questo balletto mi ha fatto capire quanto Alicia sia unica e irripetibile.
Chi ha avuto modo di contemplarla, sa bene che questa icona della danza è in grado di condurre lo spettatore in quello spazio gnostico, che cerca gli occhi dell’uomo, quello che si impadronisce del mondo attraverso le immagini.
“La danza è nata con il ritmo, e il ritmo con il primo battito del cuore.” Alicia Alonso.
La danza è un’espressione naturale del popolo cubano. Tant’è che si è sempre detto che i cubani sono “un popolo che balla”. D’altra parte, il no Cuba ha realizzato un lavoro significativo in diverse modalità di danza scenica.
All’inizio degli anni Quaranta del secolo scorso, la sofferenza di Alicia Alonso per la sua vista aumentò in modo allarmante. Per questo motivo, tra il marzo 1941 e la metà del 1942 dovette subire degli interventi chirurgici per ben quattro volte: tre agli occhi e una alla gola.
Dopo l’ultima operazione agli occhi, si credeva che Alicia non avrebbe più potuto fare ciò che amava di più: ballare. Per riuscirci era necessario un sacrificio difficilissimo, al limite del disumano: Alicia sarebbe dovuta rimanere a riposo, distesa sulla schiena, con la testa sempre immobile. Né un giorno, né due settimane, né due mesi: la sua stagione di prostrazione durò un anno.
In diverse occasioni, ascoltando le sue interviste, l’ho sentita dire che per la sua igiene mentale, durante tutto quel periodo, aveva continuato a danzare con la fantasia. Nella sua mente ripassava le coreografie già apprese, ne inventava altre, imparava nuovi balletti e concepiva il modo in cui avrebbe ballato questo o quel personaggio. Fu in quel periodo di pura danza mentale che Alicia cominciò a dare forma alla sua Giselle. Una dei miei balletti preferiti.
Pensando a Alicia, alla sua volontà di ferro, se lei è riuscita a sdraiarsi per un anno intero, al punto che quando fu dimessa dovette imparare di nuovo a camminare; anche noi possiamo assumere e accettare le sfide della vita per un sogno, per una grande passione.
Yuleisy Cruz Lezcano