ALFREDO BONAZZI
TRE POESIE E UNA TESTIMONIANZA
Alfredo Bonazzi (Atripalda, 28 febbraio 1929 – San Zeno di Cassola, 1º novembre 2015). E’ stato un poeta molto premiato e molto dimenticato. Le sue opere si trovano solo in rete e prevalentemente già usate. Condannato all'ergastolo per omicidio, nel 1973 ottiene la grazia del Presidente della Repubblica per meriti letterari. Ha vissuto ventotto anni della sua vita tra carcere, riformatorio e manicomio criminale. La lettura e la poesia in carcere sono il risultato di una sua personalissima ed articolata evoluzione culturale e spirituale. Nel 1975 scrive Squalificati a vita, un'inchiesta dove denuncia la tragedia di chi si trova rinchiuso nei manicomi criminali. Lo fa partecipando attivamente alla lotta per la loro chiusura definitiva. Socialmente e politicamente partecipe di una fase storica caratterizzata dalle esperienze già in atto che avrebbero condotto alla Riforma Psichiatrica basagliana, nota con legge 180 del 1978. Mentre i manicomi criminali furono chiusi solo 17 anni dopo nel 2015. Un tempo che testimonia resistenze ma anche difficoltà nella concreta realizzazione delle due riforme che, per l’attuale grave crisi del sistema socio-sanitario, rischiano di essere messe in discussione nei loro giusti e complessi principi fondanti piuttosto che solo rivisitate, come è corretto, per adeguarle ai nuovi bisogni e conoscenze scientifiche .
Opere:
• Annunciazioni: liriche, Edizioni del Forte San Giacomo, Porto Azzurro, 1969
• Ergastolo Azzurro, Todariana, Milano, 1970
• L'infanzia di Caino, Todariana, Milano, 1972
• Quel giorno di uve rosse: Papa Giovanni dietro le sbarre, Cittadella editrice, Assisi, 1973
• Squalificati a vita: inchiesta e testimonianze sui manicomi criminali italiani, Gribaudi, 1975
MANICOMIO GIUDIZIARIO
( Imbrigliato -ricordi-?
tremavi in piena estate
con brividi squillanti
ai polsi, alle caviglie,
negli orologi di canapa ruvida.
Ti erano compagni di quell'orgia
-ma tu dimenticali –
i giorni di buio e raccapriccio
e gli aciduli mattini
sulle labbra spaccate.
Su tutto: un sapore di fiale ).
Grida!
Grida adesso vittoria
se nel tuo giorno verticale
perfida viene ancora
(ma non può farti male, ora)
l'ombra di sole di quel tuo corpo in croce.
(da ERGASTOLO AZZURRO)
DOVE L’ALBA È UN GRIDO
Dove l'alba è un grido
La libertà
viene di notte
a gonfiare il cuscino
con bocca di rimpianti.
Viene
e ha sapore di giacinto
e voce di donna
in colloquio d'amore.
La libertà
viene di notte
con un magnificat di rovine
brillanti
piú brillanti
che lacrime lustrali
sulle grige preziosità
di una pena di cuore.
Dove l'alba è un grido
di stelle assorbite dal giorno
la libertà calza scarpe di piombo
e indurisce il mattino negli occhi.
Io devo sapere
il perché del bambino
che fruga il cuore della rosa,
ora che so quanto è facile
per una donna voltare le spalle e dire addio
a chi vita non ha, e non ha morte.
( da ERGASTOLO AZZURRO )
TU SCAPIGLIATO FIORE
Io
farfalla
tu
scapigliato fiore.
Ho bisogno di te
disperatamente bisogno
come questo vento isolano
che fa drizzare il capo al giusquiamo carnoso.
Perché sto vivendo
in mezzo ad involucri di uomini
ergastolani
corpi dal sangue assente
automi che camminano curvi
e con i raggi del sole disegnano ombre grevi.
Qui giocano con la calce
i fantasmi.
Sono solo macchie di tempo sui muri.
(da QUI NON CI SONO NUVOLE)
Da IL RAGAZZO DI ATRIPALDA – L’ERGASTOLO AZZURRO ( A cura di TEODORO GIUTTARI)
«Per un tafferuglio nella saletta del cinema, dove ovviamente menai le mani, mi legarono a lungo sul letto di forza e mi imbottirono di droghe calmanti. Tutt’oggi mi domando come fosse possibile – e pure è vero – che lo scopino, l’ergastolano D., avesse il potere di fare legare al letto di forza o di fare sciogliere chi voleva e quando voleva. Il medico, ché soltanto lui avrebbe dovuto avere il potere di fare legare la gente o di farla sciogliere, in sessantotto giorni di letto di forza, io lo vidi soltanto una o due volte, e sempre di sfuggita. Mi potrebbero obiettare, per smentirmi, che il medico veniva mentre io ero stato spedito nel mondo dei sogni dall’azione sedativa delle droghe che mi iniettava l’agente infermiere con la siringa. L’infame ergastolano D. picchiava le persone legate dopo avere loro gettata una coperta sul volto. Ci lasciava il bugliolo sporco per giorni interi, in un lezzo intollerabile fino a quando non si faceva l’abitudine a vivere… legati dentro la fogna»
CIPRIANO GENTILINO
Belle poesie!
"Mi piace""Mi piace"
Grazie per ricordarlo.
"Mi piace""Mi piace"
Un poeta dalla vita travagliata, che non conoscevo, versi secchi ed essenziali, e una lingua ben articolata e mai banale, merita un approfondimento.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie Cipriano. Piaciute molto queste poesie. Da approfondire, come dice Giancarlo.
"Mi piace""Mi piace"