Luca Gamberini nella lettura di Franca Alaimo

La poesia di Luca Gamberini si svolge intorno a temi ricorsivi, la cui variazione, sia pure per dettagli minimi, crea un incessante arricchimento di senso.
Costeggiando le rive della morte (spesso sfiorata per improvvisi cedimenti fisici e spesso desiderata come “il suicidio del proprio cadavere”) il poeta, seguendo un tema topico che sposa eros e tanatos, parla di una breve relazione amorosa, che vive la sua pluridimensionalità nello spazio infinito della poesia. Ne consegue un’ossessività dolce e nervosa, traboccante e onirica, che fissa sulle pagine una figura femminile, di cui altro non ci è dato sapere se non la beltà degli occhi (secondo la lezione dantesca: “che dà per li occhi una dolcezza al core”), o, in altre parole, la luce di un volto che è ciò che si volge appunto all’altro come primo dono di sé. Tutto il resto sembra essere soltanto una scena allestita per mettere in evidenza la sua immagine: le piante, gli animali, l’alternarsi dei giorni e delle notti, il bar, la propria stanza.
Luca osserva ogni cosa (spesso in disparte, solitario, tacito, il cuore intriso di una vitalità triste ma tenace, di una tenerezza partecipativa e affamata) senza giungere mai ad una rivelazione definitiva, pronto ad accogliere la vita conoscendone tutti i limiti e le iniquità.
Se qualche risentimento lo inquieta profondamente, è nei confronti dell’ ipocrisia delle relazioni, dei sentimenti, delle parole stesse che perfino tanti poeti scolorano e tradiscono restando lontani dal vero: “I poeti/ si sono vaccinati, tutti quanti scrivono e recitano/ in coro la medesima poesia, un nuovo metodo/ di rassegnazione, ma sempre uguale”.
Luca scrive come chi tiene un diario in cui annotare con sincerità, più che eventi concreti, le vibrazioni interiori, le nostalgie, le memorie, coniugando la libertà espressiva con una grande sapienza di analisi introspettiva, avvalendosi senza esibizionismi di un ricco bagaglio culturale. Tanti sono i nomi che ricorrono, infatti, nei suoi versi, tra i quali Pavese, Sissa, Fortini, Montale, Luzi, ed altri potrebbero essere elencati, taciuti e tuttavia presenti in certe immagini e cadenze ritmiche e perfino in certe posture, specie i cosiddetti ‘poeti maledetti’, dei quali ha talvolta lo stesso passo storto, la sfrontatezza espressiva, l’ irriverenza nei confronti dei meccanismi etico-sociali propri della massa, della disumanità della burocrazia, e quella disubbidienza dell’ originalità che gli fa scrivere versi come questi: “E invece di cibarmi/ dormo, guardando patire una luce sola nel suo/ non sapere e non riesco a vedere, da qui, l’ ora/ marcita sul muro, più inutile del dio di una volta/ che vira le pagine dentro l’acquario”.
Spero che a Luca non dispiaccia, se rendo nota una delle sue dediche: “A Franca, capolavoro di solitudine incustodita” (sul libro “Lo sguardo deluso degli specchi”). Grazie, Luca Gamberini.
_____________________________________________________________________________________________ Franca Alaimo

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La primavera scopre le carte all’ora dell’aperitivo.
Una coppia si siede a memoria,
lei veste firmata, a garanzia di valere qualcosa,
lui veste da uomo, a garanzia di essere qualcuno.
Labbra immobili e occhi rivolti alla strada
che pare il mondo sia tutto lì,
guardare la gente che passa,
incrociare sguardi curiosi per viaggiare
qualche istante seduti.
Forse prima di cena riusciranno
a dirsi qualcosa, a farsi un sorriso,
a vederli così consumati pare non si mentano nemmeno più.

da: Mi sgridi i piedi (2016)

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ETIMO

Il nostro amore durò un bacio
d’addio al nostro amore
di abbracci educati al silenzio
di una notte non dormita
al saluto dei cani in vacanza.
Il nostro amore fu un bacio
da copertina, con giradischi
lontano dal plettro dell’onda
formatasi sulle tue labbra
che suonavano solo per me.

da “Enciclopedia del far niente” (2018)

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SUGGESTIONE

Si accettano scommesse
su chi sarà il prossimo
dio tuo come te stesso.
Potrei intendere chi siamo
se immagino dio un baro
e l’uomo il suo croupier.
Non siamo dove crediamo
di essere, il difetto del sole
all’altro emisfero non arriva.
Le malattie che non uccidono
ti faranno morire, se rimani
fermo ad aspettare l’assassino.

da: Lo sguardo deluso degli specchi (2022)

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ESERCIZI DI SENSAZIONE

Quando parlo è un riascoltare
la tua voce, mastico parole
senza forzare. Si è discorso tanto
all’approvazione di occhi
che hanno già visto tutto, senza fatica.
Quando scrivo è un riudire le tue dita
che vorrei dire l’incolume sfarzo
di una miseria flautata, disadorna
ma mi è proibito accorciare distanze
se tu scendi dalla luna e ti allontani.
Quando penso a noi mi riappare
il contenuto della breve finestra, case
tra case, il mare come fosse un dovere
abitare la disabitudine, tuonare al lampo.

Inedito (2021)

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Luca GamberiniLuca Gamberini (Bologna 1967) vive e non lavora a Cento (Fe), scrive come terapia di auto emarginazione da un sistema al quale sente di non appartenere. La sua prima pubblicazione è una silloge datata 2008 (Come un cane… Con un cane, fogli sparsi inseguono la saggezza delle vele – poesia) a cui ha fatto seguito nel 2013 una raccolta di brevi scritti dal titolo Racconti per bambini adulti (-narrativa). Autore della filastrocca “La favola di Ferrara e provincia” grazie alla quale, nel 2015, ha ottenuto un successo virale con migliaia di condivisioni. Nel 2016 pubblica la silloge “Mi sgridi i piedi” (-poesia) seguita nel 2018 da “Enciclopedia del far niente” (- Poesia) dalla quale è poi stata tratta l’omonima opera teatrale. Nel 2019 ha pubblicato “The best of” una non raccolta di insuccessi (poesie-aforismi-racconti). Nel 2022 una nuova silloge dal titolo “Lo sguardo deluso degli specchi” (-poesia) e nel 2023 la struggente plaquette “Le mie poesie per te” (-poesia cooptemporanea). Per tutto il resto pare esserci ancora tempo.


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