Poeti del Lunedì: Congresso internazionale della paura di Carlos Drummond De Andrade

Carlos Drummond de Andrade (Itabira, 31 ottobre 1902 – Rio de Janeiro, 17 agosto 1987) è stato un poeta e scrittore brasiliano, considerato uno dei più influenti del suo tempo.

Per il momento non canteremo l’amore,
che si è rifugiato al di sotto dei sotterranei.
Canteremo la paura, che sterilizza gli abbracci,
non canteremo l’odio, che non esiste,
esiste solo la paura, nostra madre e nostra compagna,
la paura immensa dei campi, dei mari e dei deserti,
la paura dei soldati, la paura delle madri, la paura delle chiese,
canteremo la paura dei dittatori, la paura dei democratici,
canteremo la paura della morte e la paura dopo la morte.
Poi moriremo di paura
e sulle nostre tombe sbocceranno fiori gialli e codardi.

*


7 risposte a "Poeti del Lunedì: Congresso internazionale della paura di Carlos Drummond De Andrade"

  1. Questa poesia di Carlos Drummond de Andrade è come un pugno nello stomaco: spietata, lucida, eppure tragicamente vera. Mi fa provare una profonda inquietudine, una sensazione di vulnerabilità universale, perché mette a nudo una verità che spesso cerchiamo di ignorare: la paura è un filo che lega tutte le nostre esistenze, un’ombra che si insinua ovunque, dalle cose più grandi come la morte a quelle più quotidiane come un abbraccio.

    Il tono del testo è disincantato, quasi freddo, e proprio per questo colpisce ancora di più. Non c’è spazio per illusioni o per una consolazione facile: la paura è madre e compagna, e governa tutto ciò che siamo, da individui a società intere. Non c’è odio, non c’è amore: la paura sovrasta tutto, perfino la morte.

    Ma la chiusa—quei fiori gialli e codardi—è devastante nella sua ironia amara. È una risata gelida che riecheggia oltre il testo: anche nella nostra fine, la paura resta, riflessa in quei fiori che, invece di celebrare la vita, ricordano il peso della nostra fragilità.

    Mi lascia con un senso di consapevolezza cruda, ma anche con una sfida: se tutto è paura, forse il coraggio più grande sta nel guardarla in faccia e provare, comunque, a cantare ciò che si nasconde sotto i sotterranei. Forse, un giorno, l’amore. ❤️

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  2. Splendida poesia, l’ho riletta tante volte fino a impararla a memoria,

    individua la paura come l’essenza della modernità scartando l’amore e l’odio come altri petali inessenziali della vita-margherita. La paura in senso sociale e politico per scendere fino al destino personale. La paura è anche il centro e la causa della nostra paralisi e dei nostri pensieri abnormi. I fiori gialli e codardi mi ricordano i versi di Montale:

    La nostra tomba non sarà certo un’ara

    ma il water di chi ha fame ma non testa.

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