
Bentos de gherra / Venti di guerra”
Nicola Lo, “Bentos de gherra / Venti di guerra”, da Su Nuraghe
Bentos de gherra
Semus in su duamiza e vintiduos,
Nudda amus imparadu dae s’istoria.
S’omine semper cun sos modos cruos,
Chirchende cun sa gherra ite gloria?
Unu macu chi si nd’ischidat male,
Semenende sa morte in Ucraìna.
Chi che potat finire in s’ispidale,
A s’imbesse siat sa meighina.
Est abberu unu bellu mundu nou,
Ite culpa nde tenet fizu meu.
Lu potant coghinare che su brou,
E in sa carena dogni male feu.
Totucantos li ‘etent su frastimu,
Chi li falet che raju solianu.
Chi in su letu si ch’agatet frimu,
No arrivet pro issu su ‘eranu.
Minetende a dogni natzìone,
Cun sa cara de unu traitore.
Ca issu cussos colpos de cannone,
Seguru no li guastant s’onore.
Ma nd’est faladu su Romanu imperu,
Sa Russia puru finit lat’e ou.
Cando s’at agatare in disisperu,
S’at a bochire cun s’ ‘ulteddu sou.
De niunu iscultat sa rejone,
Sa paghe a totus la cheret brujare.
Cando che l’ant a ponner’ in prejone,
Sas giaes a mare che devent betare.
Sos matzones chi faghent sa bardana,
E sunt bochinde su miseru anzone.
Ca possedint s’ispada Durlindana,
Chi a bolu ti nd’etat su puzone.
Sunt armamentos de ultima moda,
Missiles mudos chi ti ponent fatu.
Ma cando suta los ponet sa roda,
Diferente colore at su retratu.
Si unu pagu de sa cuscientzia
Ancora los cossizat, los ispronat.
Ma custa maca e fea prepotentzia,
Seguru ca in nudda t’incoronat.
Un auguriu dae parte mia,
A totucantos custos innotzentes.
Chi dogni bomba fetat finitia,
E ispendant dinari pro sas mentes.
(Nigolau Loi, su 25 de frealzu 2022)
Venti di guerra
Siamo nel duemila e ventidue,
Nulla abbiamo imparato dalla storia.
L’uomo sempre in modo crudo,
Cercando con la guerra quale gloria?
Un folle che si sveglia male,
seminando la morte in Ucraina.
Che possa finire all’ospedale,
Al contrario gli faccia la medicina.
È davvero un bel mondo nuovo,
Che colpa ne ha mio figlio.
Lo possano cucinare nel suo brodo,
e nel corpo ogni peggior male.
Tutti ti maledicano,
Che abbia una insolazione.
Che sia paralizzato nel letto,
che non arrivi per lui la primavera.
Minacciando ogni nazione,
Con il viso da traditore.
Perché a lui quei colpi di cannone,
Sicuramente non gli rovinano l’onore.
È caduto anche l’Impero romano,
Anche in Russia finiranno le risorse.
Quando si troverà in disperazione,
Si suiciderà con il suo coltello.
Di nessuno ascolta la ragione,
Vuole bruciare la pace di tutti.
Quando lo metteranno in prigione,
Le chiavi devono gettare a mare.
Le volpi che fanno la bardana,
Stanno uccidendo il misero agnello.
Perché possiedono la spada Durlindana,
che al volo atterra l’uccello.
Sono armamenti di ultima generazione,
Missili silenziosi che ti inseguono.
Ma quando cadono sotto la ruota,
Differente colore ha la loro immagine.
Se quel poco di coscienza (che rimane),
ancora lo consigliano e l’indirizzano.
Ma questa folle e brutta prepotenza,
sicuro che non lo incorona.
Un augurio da parte mia,
a tutti gli innocenti.
Che ogni bomba sia finita,
e spendano soldi per l’istruzione.
Nicola Loi è nato a Ortueri, in provincia di Nuoro, nel cuore della Barbagia di Ollolai, e vive da molti anni a Biella, in Piemonte. Emigrato come molti sardi nel secondo Novecento, ha portato con sé la lingua madre e ne ha fatto strumento di resistenza culturale, memoria e costruzione comunitaria. Poeta bilingue, scrive prevalentemente in sardo logudorese, spesso accompagnando i propri testi con traduzioni in italiano. È attivo nel Circolo Culturale “Su Nuraghe” di Biella, una delle realtà più dinamiche della diaspora sarda in Italia, dove ha ricoperto a lungo incarichi culturali, organizzando letture pubbliche, iniziative sulla memoria collettiva, eventi interetnici e progetti editoriali. La sua poesia è spesso legata all’oralità e alla performance, con una particolare attenzione ai contesti comunitari e ai momenti di lutto, rinascita, commemorazione.

Tra le sue opere più note troviamo:
“Bentos de gherra / Venti di guerra”, pubblicata nel 2021 sul sito ufficiale di “Su Nuraghe” in occasione della pandemia da Covid-19, come riflessione sulla sofferenza condivisa e sull’importanza della parola materna come spazio di conforto e rinascita.
“Umanidade”, testo poetico incluso in diverse raccolte di poesia civile allestite da circoli sardi in diaspora.
Alcuni suoi testi sono stati selezionati per antologie di poesia contemporanea in lingua sarda e pubblicati anche sulla rivista digitale “Euterpe” .
Cipriano Gentilino
Poesia che guarda semplicemente le cose come stanno, lancia la sua invettiva contro il dittatore di turno che gioca con la palla del mondo mentre tutti dicono oibho! e lo stanno a guardare. Bello il ritmo e la rima che la traduzione purtroppo non rende.
Sarebbe bello ricavarne un canto a tenores.
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