Iolanda La Carrubba: Carla Cenci e il canto del silenzio

L’angelo altrove” di Carla Cenci Lepisma Foema edizioni 2024

Carla Cenci e il canto del silenzio

di Iolanda La Carrubba

La fermezza della luce si fa guida, lerofante in questo vasto verseggiare capace di sedurre il suo ospite. Il lettore così viene subito invitato ad entrare in un percorso ben delineato dall’erudita poesia di Carla Cenci.

Gli oggetti quotidiani si trasmutano in appuntamenti, esatti luoghi al centro del segreto. Arcano è l’adesso, l’ora frammentata in minuti che cadenzano regolari nostalgie imbevute di possibili accadimenti, carichi di una malinconia costante, quasi complice.

Senza necessità di scandire l’esatta circostanza continuano a migrare i versi, dai rimandi simbolici, tra una pagina e l’altra come essi fossero istantanee di una realtà in grado di riprodurre solo quell’inesatto particolare sfuggito alla corsa, ma fissato nelle periferie di uno sguardo rivolto all’Altrove.

Sfumature di blu, azzurro e turchese riposano nelle distanze vertiginose delle costanti attese dove sopraggiungono valli, dettagli di girasoli, temporali, mari e torna il sole nelle aule, attraverso le tendine, nella caldaia, in cucina.

Lo sguardo dunque è meticoloso scruta con cauta gentilezza la vita e il suo fracasso, dove sono miniature le sagome umane delle quali minuziosamente tratteggiate le bocche, le braccia, le mani, gli occhi. Lieve la differenza tra l’adesso e un passato mai pienamente identificato, certa invece l’origine esplorata nei dedalici ricordi ingarbugliati all’insorgere del sogno.

Complessa è l’esplorazione del tormentato vuoto colmato da ritratti di identità indefinite, appena evocate tra l’andare e il venire dell’ora del fare; la spesa, la banca, il lavoro, il tavolo apparecchiato e “Ancora”:

[…] nel lino delle nubi, spettinate,\ dove la pasta turchina si infila, \ decanta su un gomitolo di antenne.

La penna padroneggia ermetismi, accostamenti metafisici e frammenti lirici in un adesso impoverito dal disordine moderno, percepito come ostile che evoca un senso di disorientamento, di smarrimento, una barriera, una separazione da qualcosa di inafferrabile e al contempo trascendentale.

Il senso di perdita è spesso celato nelle tematiche condizionate dalla profonda intensità emotiva che la poetessa mette a disposizione dei versi, servendosi di analogie e simboli profondamente condensati nella sensibilità esistenziale, superando così le convenzioni per poi approdare a un’esperienza sempre altra pur nella costante replica del quotidiano stare.

L’Angelo Altrove si manifesta disilluso attraverso la ragione, eppure persuasivo nella fugace finitezza delle cose e Carla si pone in ascolto di questo canto arcaico riuscendo, attraverso di esso, a definire la fragilità della parola diventata entità autonoma. In questi componimenti infatti l’allontanamento di uno stile dominante è la chiave di lettura. Il significato va cercato tra i temi rarefatti e illusori dove l’unica certezza è la consapevolezza della caducità.

[…] il mio angelo povero\ di luce di betulle alla mia attesa, \un vento delle braccia che raccoglie\ le uova e il detersivo \poi con le buste dal garage vicini\ finché il mio viso cavo sulla porta\ riempie il suo profilo, per domani.

“L’angelo altrove” di Carla Cenci, Lepisma Foema edizioni  


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