Guglielmo Aprile, Beatitudini. Nota di lettura di Cipriano Gentilino

Beatitudini

Guglielmo Aprile, Beatitudini, Fara Editore, 2025

di Cipriano Gentilino

Beatitudini è una raccolta poetica che celebra l’estasi del mondo naturale, l’incontro tra io e cosmo, tra la materia e il divino. Diviso in sezioni, il libro attraversa paesaggi d’acqua e di cielo, boschi e rive, esperienze interiori e meditazioni metafisiche, con un linguaggio che coniuga lirismo e visione.

Il tema centrale è quello della beatitudine panica, intesa come armonia tra uomo e universo, tra microcosmo e macrocosmo. Il poeta osserva e si dissolve: l’individuo si fonde con il respiro del mondo, in una catarsi che coinvolge elementi naturali (lago, mare, vento, luce) e spirituali (ricordi dell’Eden, echi del buddhismo e dell’induismo, visioni di un Dio diffuso, immanente). Il tono è sospeso, rarefatto, con una musicalità curata e una visione che attraversa la teologia, la cosmologia, l’animismo e la mistica naturale.

La poesia diventa luogo sacro, esperienza di unità, meditazione contemplativa. La raccolta si fonda sull’idea che ogni cosa partecipi a un disegno unico, misterioso e sacro. L’uomo non è centro del cosmo, ma parte – come il pesce, il vento, la foglia – di una rete che lega ogni elemento. La sezione La rete delle gemme esplicita questa poetica: “È l’uomo un rimpicciolito universo / e l’universo un uomo macroscopico” (Corrispondenza, p. 42). Questo principio olistico attraversa tutta l’opera. La natura non è solo sfondo: è soggetto parlante, compagno e maestro.

Il poeta ascolta il bosco, il lago, le nuvole; diventa cosa tra le cose: “mi faccio guscio e alga, mi consegno / inerme alla forza imperiosa e docile” (Oasi marina, p. 25). Il mare e il lago, ricorrenti, assumono un valore teofanico. L’acqua è grembo, specchio, soglia verso l’infinito. In Lago addormentato (p. 15), il lago è “un bambino”, ignaro delle forze cosmiche che l’hanno creato. In E chiudo gli occhi negli occhi del Mare, il poeta dice: “Non so più se sia io o se sia il cielo / mentre lo abbraccio con lo sguardo” (p. 29).

L’esperienza poetica coincide con la mistica dell’unità: non si tratta solo di vedere il paesaggio, ma di dissolversi in esso, fino a “non avere più a che vedere con chi fui” (L’azzurra pace). Beatitudini si muove tra riferimenti biblici e religioni orientali, ma evita il dogma. Dio è “diffuso nell’aria” (Sitar indiano, p. 51), Brahman “si fa danza di corpi” (Il respiro di Brahman, p. 47), e il risveglio buddhista si compie sotto un fico (Gautama, il risveglio, p. 44). La divinità è impersonale, presente ovunque e in ogni cosa: “ogni parvenza del visibile […] / sono scintille di una stessa vampa” (Specchio del mare, p. 31).

La beatitudine, quindi, è un’esperienza interiore e cosmica insieme, accessibile nel silenzio e nella contemplazione. L’autore è un mistico naturalista, che rintraccia il sacro nel quotidiano. Aprile usa un linguaggio ricco ma limpido, intriso di immagini arcaiche (il giglio, il vento, il seme), e dotato di un ritmo musicale spesso legato all’endecasillabo. Il lessico è preciso e armonico, raramente dissonante.

Ne è esempio Ricordo del Garda: “Un dio incedeva sopra queste acque, / sui molli prati, sui pendii battuti / dagli ulivi in cammino, pellegrini” (p. 13). La struttura dei versi alterna fluidità narrativa e compattezza lirica. I titoli stessi (Estasi tra le schiumeAmplesso delle ondeFiabe scritte nel cielo) suggeriscono una fusione tra percezione e visione, che ricorda il simbolismo novecentesco.

Beatitudini è un libro che si potrebbe leggere come un poema unico, un libro dell’armonia, attraversato da un unico soffio di stupore e gratitudine. Aprile ci invita a vedere il mondo come una mappa sacra, un “mandala” in cui ogni elemento – erba, vento, stella – partecipa al divino. La sua è una poesia che parla sottovoce ma con fermezza, che non urla né accusa, ma osserva, si consegna, e invita alla fusione con il mondo – non come rifugio dall’umano, ma come ritorno a ciò che c’era prima della separazione tra io e natura, tra essere e cosmo.

Un libro necessario, in tempi in cui sembra che si sia dimenticata la sacralità del vivente.

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Guglielmo Aprile è nato a Napoli nel 1978. Attualmente vive ad Ischia, dove si è trasferito per lavoro. È stato autore di alcune raccolte di poesia, tra le quali Il dio che vaga col vento (Puntoacapo Editrice, 2008), Nessun mattino sarà mai l’ultimo (Zone, 2008), L’assedio di Famagosta (Lietocolle, 2015); Il talento dell’equilibrista (Ladolfi, 2018); Il giardiniere cieco (Transeuropa, 2019); Falò di carnevale (Fara, opera I classificata al concorso Narrapoetando 2021); Il sentiero del polline (Kanaga, opera I classificata al premio “Arcore” 2021); Thanatophobia (Progetto Cultura, opera I classificata al premio “Mangiaparole” 2021); Appunti  Eoliani (Fara 2024). Per la saggistica, ha collaborato con alcune riviste con studi su D’Annunzio, Luzi, Boccaccio e Marino, oltre che sulla poesia del Novecento.


2 risposte a "Guglielmo Aprile, Beatitudini. Nota di lettura di Cipriano Gentilino"

  1. Il lessico è preciso e armonico, raramente dissonante“, mmm… peccato… per non snaturare l’essenza di un’esperienza cosmica percepita (inevitabilmente) attraverso il cervello umano, d’istinto accorderei ad armonia e dissonanza uguale spazio e rilevanza… una sorta di equilibrio dinamico (anche se, forse, ad *accordare* la dissonanza ne snatureremmo l’essenza, eh…)

    : )

    peccato non poter leggere per intero neanche una lirica. diktat dell’editore, dell’autore o scelta del recensore? (nell’ultimo caso, personalmente opterei per postare sempre almeno qualche Poesia/poesia in calce ad una recensione).

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    1. Chiedo scusa. Un mio grave errore . La distrazione, se non è per lapsus, purtroppo è demenza . Vedo la nota solo ora e ringrazio per il richiamo alla buona pratica .

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