
più passano gli anni e più l’impianto sociale e *socialista* della Costituzione viene smontato o comunque disapplicato in modo sistematico. trionfa l’individualismo che, a braccetto con il consumismo, è figlio prediletto del capitalismo ordo-liberista, il modello economico nel quale i lavoratori schiavi competono tra loro in una guerra tra poveri per un tozzo di pane mentre l’1% più facoltoso della popolazione si accaparra più del 50% delle ricchezze totali.
tutti i sentimenti divisivi (dall’invidia all’odio, dall’egocentrismo alla gelosia) trovano naturale carburante nell’individualismo, che in sostanza è una menomazione del nostro mondo interiore e delle nostre capacità empatiche, tale da compromettere un rapporto di compartecipazione con altri esseri umani.
ecco perché, negli ultimi anni, siamo sempre più insoddisfatti, esauriti, insicuri e disorientati, condizione psicologica che ci induce ad abbracciare in modo passivo e acritico l’apostolato dei media, ispirato dai “padroni del discorso”.
se così non fosse, ci saremmo domandati perché all’improvviso tutti i media parlano di *patriarcato* e quasi nessuno parla più, chessò, di salari dignitosi, di piena occupazione e di diritti dei lavoratori. per essere certi che non si tratti solo di una mia allucinazione soggettiva (?), mi impegno in una ricerca on-line sul più noto motore di ricerca in circolazione, limitando la ricerca di risultati a singoli anni: 2013, 2014, 2015 e 2024.
chissà se in questo modo potremo così fugare una volta per tutte il legittimo sospetto che quello del patriarcato sia un classico esempio di “frame”, ovvero di una narrazione che manipola le informazioni in modo strumentale per influenzare la percezione e le scelte della popolazione. in effetti, ormai viviamo in una società estesamente distopica dove *tutti* i media rispondono a veline emanate dei centri di Potere economico-finanziario, con l’obiettivo di manipolare ed educare le masse in base ai desiderata dei “padroni del discorso”.
ma vediamo nello specifico: adesso digito la parola virgolettata “patriarcato” per singoli anni. ed ecco le prime 3 pagine di risultati ottenute dal noto motore di ricerca.

impressionante: si passa da una media 2013-2015 di circa 10 pagine su 29 dedicate al frame del patriarcato a 29 pagine su 29 dedicate al frame del patriarcato.
degno di nota, il noto motore di ricerca che ho utilizzato, è strutturato in modo da fornire in modo automatico (insieme ai risultati della ricerca delle pagine indicizzate) un inserto che mostra alcune immagini pertinenti alla ricerca stessa.
queste le immagini in evidenza nella ricerca limitata all’anno 2013.

queste le immagini in evidenza nella ricerca limitata al 2014.

queste le immagini in evidenza nella ricerca limitata al 2015.

queste le immagini in evidenza nella ricerca limitata al 2024.

per quale *arcano* motivo il frame del patriarcato è diventato una sorta di tormentone in grado di permeare la totalità dell’etere e della carta stampata?
siamo di fronte ad una psicosi collettiva? una sorta di disturbo ossessivo-compulsivo che ha colpito il mondo dell’informazione e di conseguenza la popolazione tutta? c’è qualche finalità goebbelsiana che ci sfugge?
ma non partiamo per la tangente…
forse, il tutto è giustificato dal fatto che siamo davvero di fronte a una grave emergenza, a un dilagare della violenza di genere e dei femminicidi negli ultimi anni, fatti che giustamente devono essere combattuti con ogni mezzo. sì, sì, dev’essere così: il mondo dell’informazione e la società civile sono in allarme perché la situazione si è fatta disperata. e in effetti, la sensazione è quella: tutti i giorni i telegiornali e i maggiori quotidiani nazionali raccontano per filo e per segno orribili crimini in cui le donne vengono uccise o sono oggetto di violenze brutali. di conseguenza, non sono l’unico ad aver maturato la percezione che ci troviamo di fronte a una grave emergenza: la netta maggioranza della popolazione, come riportato da questo recentissimo sondaggio di Statista, ha la stessa sensazione.

epperò, io che per natura sono un nano diffidente e alle opinioni (la percezione della realtà indotta dai media) preferisco la fredda oggettività dei dati, decido lo stesso di approfondire.
trovo molti articoli allarmistici recentissimi, decontestualizzati dall’analisi del trend di lungo periodo, e in effetti l’ISTAT non fornisce dati storici, ma solo degli ultimi 4 anni. non mi arrendo e cerco altre fonti.
su TrueNumbers trovo un grafico interessante che mostra il numero di donne uccise in Italia dal 2002 al 2016, classificando la totalità degli omicidi di donne come “femminicidi” (linea blu). tengo a sottolineare che una percentuale compresa tra il 15 e il 20% degli omicidi di donne non è classificabile come femminicidio. purtuttavia, questo poco cambia se vogliamo osservare il trend più che i numeri assoluti.

in sostanza, dal 2002 al 2016 il numero di donne uccise non è aumentato, anzi, ciò che si osserva è tendenzialmente un calo.
tuttavia questa serie di dati arriva solo fino al 2016… magari in seguito si sarà scatenato l’inferno. cerco altri dati su statista e trovo una serie storica su “number of female victims of homicide in Italy from 2002 to 2023”.

i numeri assoluti coincidono con quelli precedenti e anche qui infatti viene computata la totalità degli omicidi di donne (comprendente, ovviamente, i “femminicidi”).
e anche qui nessun aumento: anzi, dal 2016 in poi si osserva ancora un calo tendenziale nella serie storica degli omicidi di donne. ma allora, mi dico, ci sarà stato un boom nel 2024? direi di no, i dati dicono 111 omicidi di donne nel 2024, quindi il minimo storico, come nel 2019.
non capisco…
illuminazione! forse, mi dico, i dati italiani saranno molto peggiori di quelli di altri paesi… magari il numero di donne uccise in Italia è in leggero calo, ma potrebbe essere che in l’Italia sia la pecora nera del mondo e che quindi la grave emergenza ci sia per questo.
vado allora a cercare serie storiche di confronto su Our World in Data, prendendo in esame i paesi più importanti in Europa (Italia, Spagna, Germania, Francia) e due paesi confinanti con l’Italia (Svizzera e Austria). ci metto anche la media europea, che così evito di prendere lucciole per lanterne e analizzo i dati dal 2010 al 2023/2024 (ultimi disponibili).

ma come?!?! l’Italia è il paese con il tasso più basso di omicidi di donne! quindi non solo anche qui (e non potrebbe essere altrimenti, difficile truccare i dati di persone morte per omicidio) la serie storica italiana mostra un lieve calo negli anni, ma stiamo messi meglio di tutti gli altri principali paesi europei…
non mi rassegno. magari in Italia ci sono meno omicidi, ma più violenze sulle donne. trovo i dati del Gender Equality Index del 2015 e… no, anche in questo caso l’Italia fa meglio della media europea.

ma… almeno la violenza psicologica, se non quella fisica! in Italia saremo peggio almeno per qualcosa… ce lo raccontano ogni giorno!

niente da fare, anche qui siamo meglio della media europea e, tanto per dire, siamo molto meno violenti di tedeschi, inglesi, francesi e danesi…
incredibile.
peraltro, è doveroso tenere bene a mente che questi dati prendono in esame l’arco completo della vita della donna: la domanda a cui le donne intervistate rispondono è se nell’arco della loro vita sono mai state oggetto di violenza psicologica o di violenza sessuale. per intenderci, è come chiedere se nell’arco della vita si è mai state vittime di un incidente in auto… difficile che le percentuali siano inferiori al 50%: la vita di una persona di 60 anni è fatta di oltre ventimila giorni e purtroppo eventi drammatici e orribili incidenti fatalmente accadono.
ma torniamo a cercare un appiglio che giustifichi la grave emergenza. magari la situazione delle donne in Italia è migliore di quella degli altri paese europei, ma nel complesso non sta migliorando. sì, ecco, forse non si sta facendo abbastanza per combattere le differenze di genere! vediamo, sul Gender Equality Index del 2015 trovo anche questo grafico.

basta, ci rinuncio, addirittura siamo tra i paesi dove la condizione delle donne è migliorata di più dal 2005 al 2012.
tiriamo le somme.
non c’è nessuna emergenza femminicidi o violenza sulle donne.
ciò non toglie, ovviamente, che ci possiamo e ci dobbiamo impegnare perché le cose continuino a migliorare, ma sorge spontanea la domanda: perché allora tutti i media (e anche Neobar, ultimamente) traboccano di informazioni allarmistiche e pompano il frame del patriarcato?
ci dovrà pur essere un motivo: non crederete mica che i padroni del discorso dirigano l’orchestra informativa a caso…
il fatto è che il patriarcato è un capro espiatorio molto versatile, utilmente divisivo, nonché completamente innocuo per il potere economico-finanziario: i nemici delle donne diventano i maschi e le difficoltà nel mondo del lavoro che la donna deve affrontare sono colpa del patriarcato (non del modello economico schiavista del capitalismo ordo-liberista). e in effetti, il frame del patriarcato è utilissimo per alimentare lo scontro tra i sessi (invece che la sinergia della complementarietà), un conflitto che come qualsiasi conflitto orizzontale è divisivo e dunque assai gradito alla sempre più ristretta oligarchia economica che detiene il Potere: fomentare lo scontro tra femmine e maschi, tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, tra poveri e poverissimi, tra LGBTQ+ e etero, tra immigrati e disoccupati, tra nordisti e terroni, tra onesti e corrotti (e così via all’infinito) è antidoto potente al realizzarsi della coscienza di classe (necessaria per qualsiasi conflitto verticale).
onde per cui… avanti tutta con l’inossidabile frame *patriarcano*! un vero e proprio spettro che aleggia e irretisce le nostre menti: è ovunque, eppure da nessuna parte e quindi ha il tipico phisique du role dello specchietto per le allodole! è subdolamente invisibile ma “evidentemente” comanda e orienta la politica, è sistemico, ma nel contempo è un problema di ogni singolo uomo. è un frame *perfetto* per essere usato come arma di distrazione di massa mentre la mano che lo agisce, ovvero il sistema capitalistico e il suo individualismo strutturale, continua ad agire indisturbato facendo scempio dei valori della collettività e dell’impianto socialista della Costituzione.
ecco perché le sinistre liberiste progressiste del nuovo millennio, svuotate della loro identità storica (la difesa del lavoro e dei lavoratori) sono assurte al ruolo dell’utile idiota. il Potere economico-finanziario ha bisogno di incanalare il malcontento delle masse impoverite e dunque *alleva* all’uopo un simulacro di sinistra entro il cui alveo far ristagnare la protesta. ergo, generosamente e premurosamente, i padroni del discorso accorrono in soccorso delle sinistre liberiste che hanno un bisogno spasmodico di bandiere per le allodole da sventolare al posto della bandiera rossa.
la storia, dagli anni venti in poi, ci insegna che il sistema capitalista ha sempre cercato di *addomesticare* il dissenso politico. basti pensare alla “Third Position” inventata per confondere e neutralizzare i movimenti in socialisti/comunisti che stavano guadagnando forza in Europa dopo la prima guerra mondiale. o alla “Fabian Society” in UK con l’intento di frenare la lotta di classe. o al “Congresso per la libertà culturale” a margine del movimento “New Left” con l’intento di creare e promuovere una sinistra “più compatibile”, o i cosiddetti “Socialisti Democratici d’America”, o lo stesso piano Marshall che come spiega Allen Dulles della CIA “non è mica un’impresa filantropica… si basa sui nostri desiderata e su ciò che è utile per la sicurezza americana”.
Pasolini l’aveva capito benissimo già negli anni settanta. e anche Michel Clouscard nel suo “Le Capitalisme de la séduction (1981)” descrive in modo chiarissimo lo sforzo americano di *riorientare* la sinistra occidentale dalla lotta di classe alla critica “cosmetica” (il recinto *non* politico dei diritti individuali), dal collettivo (il bene comune) all’individualismo, dal socialismo al moralismo liberale, perché “il capitalismo ha bisogno della sua falsa opposizione”.
non l’abbiamo capito subito, ma la Guerra Fredda non era solo guerra geopolitica, ma di guerra di cultura e di civiltà: il frame dell’emancipazione è il cavallo di Troia che ha portato al trionfo del liberalismo libertario (ovvero della fusione in un’unica ideologia tra liberalismo economico e libertinismo consumistico).
e il filosofo tedesco Hauke Ritz rincara la dose: la “sinistra woke” è in larga parte una creazione orchestrata dal Deep State statunitense contro la sinistra socialista/comunista.
e, nel contempo, i discorsi sullo sfruttamento dei lavoratori e sulla lotta di classe, sulla critica al sistema di produzione globalizzato e sulla dinamica schiavizzante che causa povertà e frustrazione *non* trovano più nemmanco il minimo spazio. TINA, there is non alternative: il mondomercato del grande capitale, individualista e consumista, è sdoganato come unica realtà possibile e ineludibile.
di più, l’individualismo e il frame del patriarcato incarnano un attacco alla famiglia e al suo sistema valoriale. Non a caso il monito di Papa Francesco nel 2023: “Vediamo spesso che la natura della famiglia è attaccata da diverse ideologie, che fanno vacillare le fondamenta che sostengono la personalità dell’essere umano e, in generale, tutta la società.” e ancora: “la visione consumistica dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata, tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità: tra i luoghi deteriorati dall’individualismo, laddove sono custodite le fondamenta dell’umanità, c’è sicuramente la famiglia”.
la verità è che quella proposta dal frame del patriarcato è una sorta di visione fantastica retroattiva che il femminismo ha proiettato sulla storia dell’umanità: il “potere maschile” viene elevato al ruolo di agente storico trascendente e universale, nonché fuori dal tempo. quanto di più simile ad un proteiforme e “significante maestro” (citofonare Lancan), ovvero un simbolo nodale sufficientemente vago da poter significare qualunque cosa (in sostanza, somiglia molto alle “teorie del complotto”), in base al quale si struttura ogni altra idea.
in parallelo, il patriarcato funge anche da meccanismo di rimozione che intende risolvere la conflittualità tra i sessi rendendoli identici tra loro, ovvero cancellando le interazioni dinamiche e retroattive tra biologia, sessualità e potere in senso lato. il dato di fatto biologico dell’asimmetria riproduttiva (genetica e ormonale) non può essere cancellato da nessun programma di trasformazione culturale e sociale. il dato di fatto che desiderio e tensione sessuale viaggiano a braccetto (attrazione, dominio e sottomissione) non è riducibile a mero codice binario morale (oppressore/oppresso). gioco erotico e “politicamente corretto” sono difficilmente compatibili… il dato di fatto che esista una differenza di forza fisica tra maschio e donna e che, per quanto sociali, gli esseri umani sono animali con un po’ più di cervello, rende impossibile azzerare il rischio che il maschio ricorra alla violenza. il dato di fatto che esistano esseri umani di sesso maschile affetti da disturbi psicotici (1-3% della popolazione), da disturbi di personalità (9-15% della popolazione) e da disturbi del controllo degli impulsi (1-3% della popolazione) rende impossibile azzerare il rischio di comportamenti antisociali e violenti.
detto questo, resta comunque difficile scardinare l’ideologia femminista: se l’esistenza di una loggia massonica patriarcale è smentita dall’approvazione di leggi che tutelano la parità di genere in tutti gli ambiti, il patriarcato tiene banco comunque sotto forma di “pregiudizi inconsapevoli” e di “microaggressioni”. se le disuguaglianze tra i sessi sono sempre minori (tra gender fluid e compagnia bella) è solo perché il patriarcato si è fatto più furbo e più subdolo.
c’è ancora speranza? poca, se passa l’idea monomaniaca che “educare alla comunicazione non violenta fin dall’infanzia contribuisce a smontare le gerarchie patriarcali” e non a favorire il raggiungimento di un completo sviluppo intellettuale, culturale e morale.
se l’obiettivo è quello di colpire “le gerarchie patriarcali” non stiamo parlando di “educare”, ma di catechizzare bambin* e ragazz* in parallelo all’indottrinamento della società civile.
ciò che si ottiene, concretamente, è un’egemonia cognitiva: non un controllo diretto (apertamente coercitivo) dei comportamenti delle persone, bensì un orientamento delle conoscenze e quindi delle coscienze (sottilmente ipnotico, nel senso che avviene in modo inconsapevole). per intenderci meglio, siamo oltre l’ideologia (che viene imposta come unica forma di pensiero accettabile): l’egemonia cognitiva si insinua nella società inavvertitamente come unica forma di pensiero possibile.
addendum doveroso, visto qualche inevitabile fraintendimento.
com’è logico, in questo articolo non intendo né banalizzare il dramma delle violenze (fisiche o psicologiche) subite dalle donne, né tantomeno contestare la doverosa condanna dell’uso prepotente della forza fisica in qualunque contesto.
di più, in questo articolo non intendo auspicare che un silenzio omertoso occulti la vexata quaestio della violenza di genere.
ciò che volevo evidenziare è l’uso strumentale che ne viene fatto dai media (e dunque dal Potere) e la strumentalizzazione subita da chi scende in piazza per manifestare in massima buona fede.
ne ho discusso in questi giorni con le due figlie da tempo maggiorenni, che in piazza scendono convintamente per manifestare l’ovvio. ciò che hanno obiettato dopo aver letto questo articolo è stato: sì, lo sappiamo (eh, ci mancherebbe, tutti i giovani sanno di sapere!), ma siamo convinte che comunque più se ne parla e meglio è.
ho spiegato loro che non è assolutamente detto che ciò sia vero.
la strumentalizzazione della violenza di genere da parte del Potere è utile al Potere (per varie ragioni, ben spiegate nell’articolo), ma è molto probabile che non sia utile alle donne (questione che, com’è ovvio, il Potere nemmeno si pone).
continuare a parlare e straparlare in modo *ossessivo* di violenza di genere *genera* per forza emulazione…
è un fenomeno psichiatrico ben noto, chiamato “effetto Werther“, descritto per la prima volta in occasione dell’ondata di suicidi per amore che ci fu in Europa nel 1774 dopo la pubblicazione del noto romanzo di Goethe. in pratica, il dato di fatto è che per ogni persona che si suicida, ce ne sono altre che, per varie ragioni, stanno pensando al suicidio: su una parte di esse, la notizia agisce come *catalizzatore*, spingendo le più instabili all’azione (“se l’ha fatto lui/lei posso farlo anch’io”).
lo stesso discorso, com’è logico, è valido per la violenza di genere: per ogni uomo che aggredisce fisicamente/psicologicamente una donna, ce ne sono altri che si controllano a mala pena (con lo stimolo aggravante che in una società dove apparire sui media equivale a magnificare il proprio ego ottenendo prova tangibile della propria esistenza, ritrovarsi sui media equivale a varcare la soglia dell’Olimpo).
per i suicidi, la prassi consolidata da sempre è quella di mantenere un basso profilo dando spazio solo a casi particolari e con discrezione. per la violenza di genere dovrebbe valere lo stesso ragionamento: non è con la sovra-esposizione morbosa, strumentale ed ossessiva mediatica che si combatte la violenza (di genere e non di genere)! anzi…
continuando a bombardare le menti, quello che possiamo attenderci nei prossimi anni è che le “esplosioni” di rabbia non controllata tenderanno ad aumentare (o a non calare più): colpa del *patriarcato* o dell’instabilità psichica scompensata dalla sovra-esposizione mediatica di personalità borderline o antisociali o con disturbi esplosivi intermittenti (i.e. più dell’1% della popolazione)?
mmmm…
epperò tale sovra-esposizione è funzionale agli ascolti dei media e alla narrazione dei padroni del discorso (che così forniscono su un piatto d’argento “bandiere per le allodole” alle sinistre liberal-progressiste), quindi ben venga.
: ((((
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