Il gioco del geco
Il gioco del geco,
con l’insetto preda,
è una contesa d’attese:
dove le ali tese
lanciano la sfida
alla bocca di fuoco.
M’insegna, il passaggio infernale:
a testa sotto il mondo è normale,
se la luce si frange sul battito giusto
la lingua sacrifica la vista al gusto.
C’è il pro ed il contro,
questo è certo, com’è vero
che, di ciò ho riscontro, la
mia lingua ha con te
un discorso aperto.
*****
Calura
La notte ha lasciato
scie di lumache sugli intonaci
e sui volti di vagabondi
di rotaia.
La sento scendere dall’alto, piano:
sfiancare le foglie d’ippocastano,
aderendo alla pelle, alle ossa,
con assediante meticolosità.
Scontorna, inesorabile, le ferite
così che, frugandoti dentro,
ti pare di conoscerla quando,
lentamente assestandosi,
lentamente ti spegne.
Devozione di giorni sparpagliati,
incubanti un fresco di ventaglio,
con un fiorire di corpi spogliati
in languida attesa di un abbaglio
Calura,
alle lumache consegna la notte,
sicura di bava e umida agonia
di forestieri giochi d’agguato,
mutando l’imbrunire in cauta follia.
Calura,
nessuno per la strada,
la zingara cieca ti guarda e,
nel tuo finto dormire,
non c’è redenzione
nell’incombere del gioco
******
Programma pubblico
Ai loro canini poco importa che
la raccolta sia differenziata, é,
in quella trasparenza confezionata,
l’irresistibile ricamo d’ogni sorta
di prelibatezza alla rinfusa che,
seppur in busta chiusa, riduca la penuria
Quale goduria lo squarcio e la caduta,
poi, sullo scarto dell’abbondanza
improvvisare danza e orgia, sordi
al rischio calcolato d’improvvisa ciabattata
*******
Slegato l’oblio
Illumina, la notte, le ombre
che il giorno offusca; la vanità
di una guerra inconclusa; il solco
delle foglie cadute, sprofondate nell’oblio.
A volte piove
sui dannati sassi e,
su calcinate ossa,
rinnovate prove
abortiscono
ogni innesto
di carne nuova.
L’aceto fa oltraggio di pasto
corrodendo la bellezza
di una tempesta di frammenti
– si scortica la fibra grezza –
Uno tsunami
arreso al molo
spinge al bisogno
di calanca:
monca di volo,
la vela,
si fa sogno
di sciame.
– Slegato l’oblio appeso al nodo –
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Un’altra croce di strada
Alla colomba Francesca
Ginepri, asfodeli, gigli d’amore: ancora,
con rinnovato strazio, vi prego:
custodite con lieve carezza i nuovi nomi.
Germogli di terra e sabbia, vita che,
prima che sia vita, siete portavoce
di voci all’eternità arrese:
abbracciate chi, in questo fine mese,
dell’estate sarà croce.
Messaggere di vento di rambla,
tenerezze in falò di giugno
s’ardono come rami contorti
nella basilica di Santa Giusta:
stranamente uguali le giovinezze
nel cammino alla casa dei morti.
Nel flusso dei pensieri,
questui versi
sono grani di rosario
e
perduti ieri….
******
Altro luogo
Non stancarsi,
ecco,
non stancarsi d’osservare,
dalla finestra,
il canneto,
immoto e stracco,
con il distacco dovuto
alle cose che ci lasciano.
Ecco,
ora,
un alito porta vita,
frenesia,
non par vero che,
per indefinito sacrificio,
gridando nel rogo,
questo,
ieri,
era un altro luogo.
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Fingi d’infanzia
Fingi d’infanzia
origami di lacrime
io ti lascio fare:
m’è nevicato il cuore.
Non ho smarrito il testo
d’una lingua
schiava e bugiarda
che anela al rogo
delle mie labbra.
Ho solo interrotto il volo
per un oltraggio di suolo.
*****
In libera uscita di giudizio
Produciamo pattume. Sazi,
cresciamo in sicuro squilibrio:
lordate le spiagge.
Brutte poesie: escrementi
sul fiume, irrompono dalle finestre
aperte sul mare.
Ancora non conosciamo il destino:
passato, presente, pubblico ludibrio
all’abbeverata di parole sagge.
Disegniamo il volto di Dio. Sazi,
sazi di parole a pioggia:
crescendo oceani di pattume
levati i calzini, la vita apre
le cosce e spalanca le fauci divorando:
montagne di pattume; sciami
di brutte poesie; carri,
buoi, poeti liquidi e anche noi
produttori di pattume in libera
uscita di giudizio.
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Ai piedi destati
Silenzioso, giunge,
metà cane e metà giudice,
nella veste d’appartenenza,
in bianco e nero, cammina
con piedi d’asfodelo
precedendo spifferi e domande:
tuona un canto di dimonios.
Scorre, narra, i suoi giorni
arando frazioni di cielo. Risponde,
a chi rivendica abuso di calzatura:
Io per cultura nasco, come i cani,
senza, cosa t’importa dove fermano
i miei piedi, se cammino alto sulle onde?
All’ombra della berritta si frantuma
il saccheggiato sole di domani:
distilla il passo riarso nell’asfalto
d’estate, salvo dai tumulti della sera
Spera nel marcio d’aiuola
e vola sugli ostinati dossi.
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Sicuro, estraneo, equilibrio
Silvano parla, parla
agitando le mani e l’aria
di voli ad altezza estranea
scivola sulle crepe lo sguardo
alla ricerca esausta di un antidoto
Silvano è un discrimine temporale
Una vita iniziata sotto il sole troppo alto
S’incammina, cammina e
non sente fatica, io sento, invece,
il suo odore, prevedibile, d’assenza.
La pelle succhiata dal tempo
********
Aritmetica a(r)morosa
I tuoi silenzi sommati ai miei
sottraggono frazioni di tempo
al nostro tempo
moltiplicando sospetti e
tumori .
Non contenti, ci dividiamo
cicatrici e rumori
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Sorriso di fragranza.
La screpolatura nel sacchetto
rende sorriso alla sostanza,
nel crepitar di carta per alimenti,
-un canapo di vento l’ormeggia alla narice-
Irrefrenabile il diletto
col quale rompo la fragranza,
violando verginità e magri intenti.
-seminatore m’invento di becchime a pioggia-
Al panificatore il palato, con sazio gusto, affido
ripagato io e chi, rapinoso, si consegna al nido.
-chiuso il divoro, trova sutura la seducente screpolatura-
Un bestiario intimo – il gioco di un geco con le sue “attese” e quello delle lumache, entrambi di un’avvolgente sensualità. Ma non solo, perché le poesie di Giorgio (che a volte chiamo Stefano e spero mi perdonerà 😉 sono anche “civili”, e civilmente scritte senza alzare la voce, ma con la certosina perizia della sua arte, del suo saper ascoltare le parole.
Abele
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Abele, come già detto in altre occasioni, essere parte del tuo mondo è per me motivo di grande vanto.
Ti ringrazio, per le parole e per la stima che mi manifesti nel perseverare….
ti abbraccio
Giorgio/Stefano
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caro Abele, qui mi inviti a nozze, la poetica di Stefano, inconfondibile!
che poi si chiami anche Giorgio è meglio, così ne abbiamo due in uno.
E ne guadagna sempre la Poesia.
Grazie a entrambi.
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Cara Cristina, vale la pena ricordare il blog di stefanogiorgioricci (tre in uno:-) http://parvenze.splinder.com/
visto che continua imperterrito a “perseverare”.
un abbraccio a entrambi
abele
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gioco sottile e civilissimo questo di stefangiorgio ricci, la sua Aritmetica a(r)morosa la trovo sublime.., i miei complimenti..
erremme
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Si tratta di una parola dura, scabra, impietosa che, come un’accetta, viviseziona la realtà, affidandosi anche a piccole voci però significative.
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Stefano Giorgio Ricci (così non sbaglio! :D) ha uno stile inconfondibile, prezioso. Non aggiungo altro perchè è già nota la mia stima ed ammirazione per la sua scrittura! Ed è bello per me avere qui un’altra splendida occasione per esprimerla.
Un caro saluto a tutti!
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Una perizia che parla (canta) da sola, leggerle a piena voce è un godimento autentico. Poesia civile in tutti i sensi. Complimenti.
Antonio
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io lo chiamo Stefano, ma, a parte la differenza del nome, poi mi trovo tutta d’accordo con il commento introduttivo di Abele, in particolare nel rilevare il calore sensuale che pervade la poetica di Stefano, anche ricca di riferimenti alla natura, in particolare ai fiori e ai materiali,
un calore sensuale e vivo che diventa poi sguardo civile, impegno nel dare la propria parola.
Per questo mi piace la sua poesia, che spicca, inoltre, per musicalità, ricchezza linguistica e di temi, e, non ultimi, anche per la cura del verso e della sua disposizione grafica.
Infine, fra queste poesie, oltre alla “Aritmetica a(r)morosa” (e non poteva essere diversamente! :)), la mia predilezione va a “Calura” e “Programma pubblico”
un abbraccio e buona poesia a tutti!
ciao-
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Stento, amici miei, a riconoscermi nella persona della quale parlate…Pare si tratti di un Grande poeta…io, invece, come quando mi cimento ai fornelli (con ottimi risultati, dicono) pur non ritenendomi cuoco…butto giù (di getto, senza quasi l’apporto di correzioni o grosse modifiche) ciò che ha provocato un moto d’anima…non provando ambizione di elevata soglia.
Vi ringrazio, commosso!!!
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resto impigliata in questo percorso, nel percorso del gioco del geco, che, seppur pensa di giocare, traccia alla fine un resoconto completo
della condizione umana…
quando canti inni ai fiori io ti trovo irresistibile!
Complimenti e grazie 🙂
C.
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Mi sembra che l’ autore affidi molto del suo potenziale espressivo alla parola che si confonde quasi con le cose e con le immagini che propone.
” arando frazioni di cielo ” Stefano Giorgio Ricci percorre un itinerario che invita a meditare e a riflettere.
Rosaria di Donato
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Le parole hanno il gusto della materia e dell’agglomerato biologico, la cui scabrezza è arrotondata dall’attenzione al suono delle assonanze.
Un tema in particolare si impone alla mia lettura, quello del tempo nella sua relazione con la memoria. Si scopre ogni istante come qualcosa di nuovo, una perla che ha ‘il distacco dovuto’ dagli istanti precedenti e successivi della collana temporale.
Ma il tempo succhia i ricordi che rimangono ancorati ‘ai perduti ieri’
e purtroppo il distacco non è totale.
E’ questo aggancio mantenuto con la storia che consente a questo canto di essere civile e andare oltre il proprio ego.
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Passeggiare tra i tuoi versi è un’avventura piena di stimoli, visivi, olfattivi, immaginifici… un modo di scrivere ricco di particolari e di dettagli che completano minuziosamente il disegno-trama predisposto da un abile e ironico tessitore. Davvero colpita dalla leggiadria con la quale procedi disinvolto, in un avanzare che si dirama attraverso anche una particolare attenzione grafica di suddivisione che conferisce ai testi un ulteriore prestigio. I miei complimenti, Doris
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Carla, Rosaria, Giancarlo e Doris porgo anche a voi il mio ringraziamento. I vostri interventi, la ricchezza delle sfumature in essi contenuta, hanno impreziosito la mie povere cose. Un’ interazione che si è fatta arte e complessità.
Grazie a voi tutti…
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Alcune mi colpiscono più di altre ma sono tutte belle.
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Grazie per la proposta, seguo da tempo il blog di Stefano Giorgio Ricci, da quando mi sono affacciata nel web, lì mi piace sostare.
Amo le sue poesie, e spesso mi sento in sintonia con il suo pensiero, mi piace lo stile e mi affascina questo suo dire particolare e inconfondibile.
Ma certo che si parla di te Stefano, non schermirti…altro che povere cose.
frantzisca
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eh, non vale, cara la mia Francesca, io e te siamo figli della stessa zolla; degli stessi ginepri e gigli di mare dello stesso maestrale che sconvolge e purifica…siamo fratelli e, fra fratelli, è lecita la stima…. 😀
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Che bello trovare Stefano anche qui… ossì.
Condivido questo momento, questa scelta. Condivido quanto già sopra detto e non bado allo stupore di Stefano (e pure Giorgio e pure Ricci).
– Perchè mai in tanti verremmo sempre a leggerti, se i tuoi versi non fossero da leggere, rileggere e trattenere? –
Grazie.
clelia
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diffondere poesia
è ossigeno d’anima
per la poesia
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sempre più mi sentirò responsabile del mio scrivere, se tali sentimenti ispira….
mai vorrei tradire (tra il dire ed il fare) le attese di chi mi confonde (sempre sperando di non esser confuso con qualcun’altro :-))
Grazie!
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