![428206972_23e1ab8236[1]](https://i0.wp.com/neobar.net/wp-content/uploads/2011/08/428206972_23e1ab82361.jpg)
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correva, il taxi, e con lui le risposte che usavo per spengere il tempo. l’autista raccontava qualcosa, io sentivo solo l’asfalto, che bruciava la distanza.
non volevo andare. non volevo nemmeno esistere, in quel momento. o forse, non voglio, svegliarmi, per non perdere.
è la paura, che mi separa le incognite e mi trattiene, la vita, che non vivo, ché quella di perderti è la successiva, all’attimo vissuto che so, sparirà anche lui, nel prossimo click. forse la più naturale, per chi ha gli occhi di pelle, come me.
e con loro prendo le tue parole, e le indosso, su un corpo corroso, dalla salsedine della solitudine.
e hanno preso quel momento, in cui il flauto ti sfiorava il labbro, e lo hanno portato al riparo, affinché la musica potesse suonare nei colori dei miei quadri.
i miei occhi ti toccano, al buio dei silenzi, e trovano la strada, per arrivare, anche a domani.
ho corso troppo, e mi sono ritrovata con molto anticipo, anche sul tempo, ché la colonna sonora di un film, ascoltata casualmente nel pomeriggio, aveva sfalzato le ore. le strade bagnate dalle voci delle automobili, si illuminavano, e le mie scarpe cercavano riparo da quei fari che le colpevolizzavano: non sono mai sicure, quando è il momento di attraversare.
volevo un bar per fare pipì, o forse solo per giustificare quella ricerca di essere preparata alla tua venuta, e poter dire, con un sorriso in una mano e la bottiglia dell’acqua nell’altra, mentre mi guardi: sì, ho tutto.
non l’ho trovato, e mi sono guardata le mie mani. il freddo le aveva rese così bianche, ma tremavano, solo per l’emozione. e rifugiandole in tasca, ho pensato: ho solo queste, stasera.
guardavo le stelle, far compagnia al cielo. era tanto, che non alzavo il mento. seduta sul bordo della fontana, con gli occhi lucidi, le scritte sul palazzetto dello sport, di fronte a me, si mesciavano a quel pittorico paesaggio lunare, e mi sembrava di essere nella notte di san lorenzo.
un film, uno schermo, uno scherzo del destino. è la vita.
e la musica di ennio morricone, che mi incitava a mettermi comoda: avrei atteso l’attesa, in paradiso.
***
“…i miei occhi ti toccano, al buio dei silenzi,…”
a volte i silenzi sono più eloquenti di una valanga di parole
a volte gli occhi accarezzano …
e una voce può essere più avvolgente di un abbraccio.
cb
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“avrei atteso l’attesa, in paradiso”
le presenze silenziose, sono paradisi terreni…
è per lei, mentre la ringrazio. e tutti voi.
simy
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“avrei atteso l’attesa…”
grazie simy, per questa (bella) pagina, insieme…
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Sei meravigliosa, cara Simy…
“non l’ho trovato, e mi sono guardata le mie mani. il freddo le aveva rese così bianche, ma tremavano, solo per l’emozione. e rifugiandole in tasca, ho pensato: ho solo queste, stasera.”
Questo passaggio, il tuo scritto nell’insieme, possiede una forza espressiva&emotiva che mi toglie il fiato. Le mani, le mani di sempre, vengono guardate nel loro biancore assoluto per la prima volta: non è il gelo o il freddo a renderle così pallide e tremule, bensì ciò che ti sta attraversando e non puoi fermare: sentimento, emozione, sensibilità… Le mani in tasca e pensare: “Ho solo queste da offrire”, come se donarle fosse così facile.
Nulla è scontato. Certi gesti sono unici, miracolosi perché si trasferiscono dalla pagina alla vita. E la tua vita è la mia vita. E le tue mani sono le mie mani.
Preghiera sublime. Il seme del Bene.
Ti ringrazio con tutta me stessa. Sei un’altra creatura speciale…
Ogni Bene e affetto,
Apple Ninette***
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e la tua vita, è la mia, vita.
e le tue, mani, sono le mie, mani.
mi si rimprovera spesso, che non so usare la punteggiatura.
io, Credo, e credo anche che il non parlare, per tre anni, con nessuno,
abbia creato punti fermi, in me.
e quando mi fermo, nei tempi, io lascio sciogliere l’amore che ho, dentro.
anche quello perduto, e allora mi fermo, per ricordare.
e.
e tu sei, me.
in quel mentre in cui ti amo.
nina, ogni grazie è troppo poco, per.
te, e ti sono grata, di.
ogni affetto, e bene.
simy
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