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Sono pochi, anche perché a vivere in un postaccio del genere ci vuole fegato. Per dire, l’acqua sgorga dai lavandini smaltati come una slavina fangosa. Acqua marrone dal sapore terrigno, però i bambini ci si sono abituati. Ad alcuni stanno spuntando degli arbusti sotto le ascelle, ma si tratta di episodi minori: l’amministratore condominiale ha detto che la cosa non ha la minima importanza. “La minima. I problemi nella vita sono ben altri”. Ai bambini dell’interno 5 sono spuntati degli ananas sotto la pianta dei piedi. La madre, che aveva ravvisato in loro una certa difficoltà nel camminare, ha scoperto i frutti tropicali sfilando i calzini del più piccolo. Lui, sentendosi in qualche modo in colpa, si è messo a piangere.
A chi sarà venuta l’idea di costruire un condominio in una radura della foresta? La signorina Piotti raccoglie la biancheria stesa sul tetto. Ruba le lenzuola dalle grinfie di lumache e aracnidi screziati. Sbatte gli insetti giù dal palazzo, facendoli schiantare sui cofani delle auto parcheggiate di sotto.
C’è un parcheggio e ci sono delle auto, questo è inevitabile. Il problema è la totale assenza di strade. Un sentiero sterrato, per lo più pedonale, collega il condominio ad un orrido spettrale; un malfermo ponte di corda conduce all’altra sponda della foresta; l’altra sponda della foresta è così intricata che il sentiero si arresta in prossimità di una fonte. Poi c’è solo il mistero.
Ai bambini è severamente vietato di attraversare il ponte.
L’amministratore scende in cantina. Le liane ed il muschio hanno invaso anche le fondamenta: lui lo constata senza prendere alcun provvedimento, come al solito. Risale con una bottiglia di vino verde che sa di clorofilla: lo sputa nel lavandino e si rade la barba. Dei ciuffi d’erba cipollina gli spuntano dalle guance, ma lui li recide con le cesoie arrugginite e lascia che il cesso se li ingoi. E’ così stanco di mangiare vegetali che certe volte cattura i lombrichi, li scalda sul termosifone e, spalmatili di burro, se li pappa. Il canarino smagrito lo invidia, per lui solo verdura e becchime.
Alla riunione di condominio, la signorina Piotti comunica che il ponte di corda, sospeso ad un’altitudine approssimativa di tremila metri, ha ceduto ed è crollato nell’orrido. I Papetti si infuriano con l’amministratore, i Monticelli sferrano calci contro le pareti e le famiglie del primo piano, saccheggiate ogni notte dai macachi, si limitano a maledirsi a vicenda per la scriteriata ubicazione degli alloggi. Quando l’amministratore prende la parola, come sempre solenne, è già tutta una sinfonia di pernacchie e improperi. Poi parla indisturbato: la sala si è svuotata, la gente si è riversata nel bosco.
(Tredici anni dopo) Questo è ciò che il Corpo Forestale ha rinvenuto: molte bottiglie di vino svuotate; fossili d’ananas; una Simca color verde smeraldo (opacizzata); una Ford Capri abitata dalle vespe muratore; bombolette di lacca spray coperte dall’edera; l’amministratore condominale avvinto alla signorina Piotti (entrambi in ottimo stato di conservazione); un tavolo imbandito con biscotti, stoviglie di porcellana, vasi di conserva e mappe del circondario; la carta d’identità di un bambino molto brutto, vittima d’acne aggressiva; la malinconia di un inquilino; i pensieri segreti dei Monticelli; la testardaggine dell’architetto, che viveva al ventesimo piano con la moglie sordomuta;
la tristezza dei ragazzini del primo piano (impressa nelle pupille fotografiche dei macachi deceduti);
la solitudine della moglie dell’architetto, che ha fatto venir giù il ponte affinché lui non la potesse più lasciar sola; i residui delle urla, infine, del bambino coi piedi d’ananas. I residui delle urla, molto leggeri e poco ingombranti, li hanno gettati nel cassone del camion.
Così hanno bonificato l’area.
Clocchiatti… un grande ritorno! Felice di ritrovarlo.
Doris
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Mi è piaciuto molto questo racconto surreale e visionario. Vi vedo ritratti i mali della solitudine di chi non si apre al mondo e non vuole conoscere, accettare e interagire con tutto ciò egli considera diverso da sé … Impaurito dall’ “orrido spettrale” appunto.
Complimenti Bruno e bentornato! 🙂
Fernando
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Ah ecco dove era finito Clocchiatti, in Neobar! Estroso ed allegorico, mi agevola il compito, data l’immagine scelta, di dargli una definizione: il Kush della narrativa. A parte la scorrevolezza, la forma curatissima ed indovinata del periodo breve, c’è da apprezzarne l’inventiva dell’immagine, l’estro dell’aggettivazione e delle similitudini. Surreal-amaro questo suo ultimo, risulta ancor più ficcante proprio per questo. Un autore che sempre mi piace, sì.
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sai che eco mostruosa, però, le urla nel cassone (…one, …one) del camion?
: )
un bozzetto intrigante, godibilmente surreale e ironico. e c’è pure la morale (“una simca è per sempre”).
: ))))
segnalo come nota di perplessità (sennò il commento è inutile) l’approccio a tratti elencativo (la sezione spesa in tal senso è forse eccessiva nell’economia del racconto)
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Grazie a tutti, gentilissimi. La vostra presenza consente alla mia scrittura di esistere.
Un inchino agli imprescindibili Doris e Abele.
Giusta la segnalazione di malos; a mia discolpa, sottolineo che il racconto fa parte di una raccolta piuttosto estesa.
Non potendo contestualizzarlo, alcuni tratti suonano effettivamente “strani” ed elencativi. Ma il resto è anche peggio : )
Bruno Clocchiatti
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