Giovanni Macchia, Puglia e letteratura. L’angelo della notte è volato da Trani

Giovanni Macchia (Trani 1912, Roma 2001)

Ritratti, personaggi e maschere, intitola il numero de I Meridiani che Arnoldo Mondadori Editore ha dedicato a Giovanni Macchia. Il viaggio letterario del grande critico approda in Francia, alla ricerca dei suoi grandi autori. Ma il porto di partenza fu la terra di Puglia, e in particolare il mare di Trani. E’ difficile non associare la passione di Macchia per i mostri, il gotico e le cattedrali narrative del XIX, alla memoria delle maschere apotropaiche che ornano i misteriosi monumenti del romanico pugliese, che della storia del gotico ne scrissero il prologo. Il grande francesista, infatti, nacque a Trani nel 1912. Lasciò la Puglia presto, a dieci anni, ma per tornarci spesso, quale luogo di nostalgia e di rimorso, come egli stesso ha scritto.

Per Macchia la Puglia fu la terra della nostalgia e del rimorso. La Puglia è terra di mare. Eppure è priva d’acqua. Nelle grandi giornate di pioggia l’acqua scorre come un torrente e in pochi attimi scompare; viene inghiottita da caverne e grotte profonde, da bocche enormi che sprofondano nelle viscere della terra, nel buio, in un paesaggio da libro nero, da Castello di Otranto. I fiumi che non vediamo, forse, scorrono sotto di noi.

La Puglia ha vari volti. E’ la terra che ospita insieme per i potenti il castello arcigno e nerastro e per gli umili strane fantasie domestiche, i trulli, uno dietro l’altro, come “attendamenti per guerrieri nani”. D’altra parte, le strade obbedienti all’urbanistica dei tempi di Murat, con le vie che sono così diritte e lunghe che non si riesce a vederne la fine. La fine è possibile solo pensarla. Perché questo impegno rigidamente razionale – si chiede  Macchia – , fino a raggiungere la monotonia, in una terra le cui campagne sono state per secoli abitate da gente che ha creduto nei mostri, nelle pratiche e nei riti, nella scienza segreta dei maghi, nella stregoneria, che ha pensato, per eliminare il male, bastasse mimare la danza della tarantola, e per evitare la morte di un parente ammazzare una gallina imitando la voce del gallo? Un profondo irrazionalismo sorto dalla lezione delle cose, un pessimismo nato da un antico fondo di malinconia, può essere congiunto e insieme contraddetto da un’instancabile operosità, da un bisogno di costruzione che ha fatto della Puglia una regione moderna. Non è un caso che in nessun altro paese il fascino del Medioevo si rivela in modo così denso quanto a Trani, a Lucera, a Castel del Monte. Un Medioevo poco cortese, ma duro e misterioso. 

Da Annibale a Federico II e ai sui epigoni, i grandi che sono passati in Puglia si sono portati dietro un senso di distruzione e di morte. Non hanno lasciato un monumento ma un ossario. La Puglia non ha conosciuto il Rinascimento. Il grande miracolo della Puglia sta tutto in una silenziosa e tenace fede nella storia. Senza speranza, ma con l’ottimismo della volontà, come i costruttori della muraglia kafkiana, o come i “primi motori dell’insorgenza”, che dice Cuoco, avevano tutto perduto “colla ruina dell’antico governo e che nulla speravano dal nuovo”, questi uomini hanno pur continuato a vivere e operare. Riecheggiano in queste parole quelle di Tommaso Fiore e del suo popolo di formiche capace di domare le pietre. Per Giovanni Macchia i tutori di questa terra non sono stati i poeti, ma coloro che hanno incarnato e difeso la legge lì dove la legge fu per tanto tempo sconosciuta e offesa; i giudici, i giuristi, gli economisti e gli storici: Giannone o Salvemini.

Eppure – come si allude nel titolo di una sua splendida opera – è proprio l’angelo della notte, la poesia, che ci conduce nel regno della luce dopo la discesa nelle caverne. I francesi amano immergersi nel buio solo per uscirne fuori, primo o poi. E Macchia è un francesista, nato in Puglia, a Trani. La luce e il buio. Il mistero e la rivelazione. Il sole e il mare. Proust e Dostoevskij. Il secondo ha insegnato al primo quale tragica e benefica relazione esiste tra la malattia e l’opera d’arte, tra il buio dell’anima e la luce della scrittura.

Pasquale Vitagliano


6 risposte a "Giovanni Macchia, Puglia e letteratura. L’angelo della notte è volato da Trani"

  1. pasquale, ma che intensa presentazione di un testo critico che prenderò quanto prima! ricorderei, di g. macchia, una introduzione alle opere di c. baudelaire che dire di livello alto mi sembra riduttivo tale la profondità di lettura che ne diede.. un caro saluto
    r.m.

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  2. Grazie anche da parte mia, Pasquale. Leggero’ il libro. Mi ritrovo nell’immagine della Puglia “ossario” e penso alle teche con i teschi nella cattedrale di Otranto. La morte che arriva dal mare (ma il mare era anche vita, commercio), la convivenza quotidiana con con l’ignoto, e la necessita’ di una fuga, di un oltre, di un esorcismo (la poesia?).

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  3. Grazie, Pasquale, per la tua bella, densa e convinta presentazione dell’opera di Giovanni Macchia, che ho imparato a stimare, ad amare – perché nello studio l’amore è dato, e se c’è, è grande – facendomi coinvolgere dalla prosa dei suoi testi critici e glossando minuziosamente i suoi volumi di letteratura francese, due scritti interamente da lui e il terzo insieme a due altri grandi francesisti e traduttori, vale a dire a Luigi De Nardis e al ‘mio’ professore di francese alla Sapienza, Massimo Colesanti.

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  4. Bella la descrizione di Macchia come fosse l’aspetto segreto della puglia, ricordo volentieri la lettura dell’angelo della notte, che è stata la mia introduziione a Proust.j

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  5. Grazie a tutti per i commenti. Grazie soprattutto al mio caro amico vicentino, infaticabile e onnivoro lettore, che più di dieci anni fa mi fece conoscere le maschere e i fantasmi di Macchia, tranese per giunta.

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