purché sia quella vera
quella che nessuno si aspettava,
quella che ti fa contare le uova
e quella che ti fa essere trendy
perché i vestiti hanno fatto il giro completo.
Adesso sto con i figli,
ma non con quelli che sono rimasti tali,
con quelli che stanno peggio dei padri,
o che li hanno arricchiti
o fatti senatore. Per ogni padre pensionato,
uno ha la casa, e due si sono sparati.
Adesso sto coi morti,
che adesso ricominciano a pesare,
mentre ieri nessuno se li cagava,
tanto siamo tanti e i morti sono sempre gli altri.
Che se il fine vita ci interessa adesso,
è perché riusciamo ancora a sfuggire al massacro.
Adesso sto coi porci ma quelli veri,
che un uomo se lo mangiano senza coscienza,
mentre noi anche un pezzo di carne umana
ce lo mangeremmo intero, ma con giudizio.
Lo ripeto, adesso sto con la fame,
anche se ha idee sbagliate.
*
Dicevano di sconfiggere il cancro
prima dell’arrivo del 2000,
ed invece ce lo siamo trovato
a fianco a tavola o a letto,
sorridente con la dentiera bianca
ad insegnarci la salute a pagamento,
a convincerci che la carne fa male,
dopo che di carne ci hanno colpito
e con la carne, per i denti e per le cosce
alla democrazia ci hanno conquistato.
Poi è arrivato qualcuno che la sconfitta
del cancro l’ha messa nel programma,
meglio di Dio, che neanche ci aveva pensato.
Non c’è da augurare la morte, a questo punto,
ma al contrario di immaginare quanto
sarebbe sadico farli vivere in eterno,
ma invecchiando senza rimedio o freno.
Allora, sì avrebbe veramente senso
chiedersi se vale la pena vivere una vita così.
*
L’Europa ha perso il mare,
non sono rimaste che le strade,
senza più mappe, né recapiti,
acheronti senza approdo.
Portate le navi in arsenale.
non è più il tempo di viaggiare.
Prore sono le facce sbarcate
sulle tovaglie sparecchiate.
Della rivoluzione s’è fatto
il soqquadro dopo la ricreazione.
Come bandiere bianche
Abbiamo sventolato i reggiseni.
Senza più frontiere
avremmo dovuto brindare,
ci hanno lasciato le piaghe,
o le pieghe,
smarrendoci tra queste
abbiamo chiamato
Villaggio Globale
quello che è stato solo
un recinto.
*
Eppure la Lucania
ha qualcosa
del Nordest.
Saranno le case
rade e sole,
gli orti sulle strade
e osceni animali
a guardarti estraneo.
I preti nelle strade,
storti e ancora utili,
come vecchi
ombrelli rotti.
Eppure i bar pallidi
e spogli come sale
da barba o d’attesa
non sono le Osterie.
Non sono colli asolani,
i monti lucani,
ma calvari in cantiere.
Un palo elettrico
troncato,
appeso ai suoi fili:
da sorreggere,
sorretto.
*
Ostie
disadorne
o tavoli
duri
E ripide
pance
verdastre.
Non è più
mitica
la miseria
contadina,
da quando
non sventolano
più le coppole
formattati
da rupestri
Infohouse,
più forte
e più antica
è la durezza della pelle,
e l’afrore delle parole
e la deformità degli arti.
Per vincere
le montagne salse
rinnegheremo tre volte.
*
In una giornata
il verde della piazza
visto dall’alto,
non è un prato.
È un campo da golf,
battuto da cicale magnetiche,
colorate, tutte uguali.
Non operai,
non borghesi,
non più contadini.
Incomplete
cattedrali
di vanagloria.
Cicale dopo il lavoro
e formiche senza lavoro
non sono mai state
il popolo
di questa terra.
Muri pieni di buchi,
esistenze senza intonaco,
che non venga più
il cemento del sopruso
a creare figure popolari
con la cazzuola del dolore.
*
Voglio raccontare
la storia
di un incontro
in un ipermercato
che fece Turandot
del cupo sottofondo di voci
e dei fuochi di colore
Opera Cinese.
Lance,
bottiglie,
scatole e scudi;
campanellini
e registratori di cassa.
Novelle compagnie
ad obliare
lotte contadine
e cortei operai,
volti di marmo
e braccia di acciaio.
assolutamente stupende queste provedi p. v., lungo scie pasoliane cmq autonomia raffinata e intelligente, senza parole..
r.m.
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“Non c’è da augurare la morte, a questo punto,
ma al contrario di immaginare quanto
sarebbe sadico farli vivere in eterno,
ma invecchiando senza rimedio o freno.”
Continua il viaggio/analisi di Pasquale con le sue poesie civili, arrivando a conclusioni piu’ amare nel lucido disincanto di sempre. I versi dedicati alla Lucania (contento che continuiamo a parlarne dopo le poesie di Luciano e l’omaggio di Augusto a Carlo Levi) mostrano una nuova prospettiva nello sguardo di Pasquale che in poesie precedenti, sempre dedicate alla Lucania, coglieva soprattutto la bellezza mitica, atavica, di questa terra a due passi da casa sua.
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Grazie. Abele e Erremme, siete per me Riferimento.
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