Nicola Vacca. Il riformismo della poesia.

Nicola Vacca, Mattanza dell’incanto, Marco Saya Edizioni, Milano, 2013.

Le cose non stanno più al  posto giusto. La poesia di Nicola Vacca ha un piede nel Novecento e la sua poesia è erede diretta della Letteratura che credeva appassionatamente nella possibilità di cambiare il mondo e di farlo anche attraverso la parola. Ma l’altro piede approda sul nostro quotidiano precario e frammentario. Su questo terreno instabile si è ormai consapevoli che è diventato difficile mettere le cose al posto giusto. Non si respira un’aria buona/ troppe paure dicono/  che spaventa anche la libertà di tacere./ Le parole non hanno un senso/ ma c’è anche un senso senza parole.

La mattanza dell’incanto è un libro che fa rumore. E’ diviso in cinque stanze, così intitolate: Appunti dal paese delle tenebre; Il legno storto delle cose; Precipitazioni del giudizio; Davanti a un punto interrogativo; La parola è ferita. Le regole di ingaggio della lettura sono chiare e forti. Comprendiamo subito – grazie a questi titoli che sono dichiarazioni d’intenti, vere e proprie bandiere di identificazione – dove ci porterà questo libro, da quale porto siamo partiti e quale carico storico ed etico ci porteremo dietro in questo viaggio nel buio dell’Occidente.

La prima stanza contiene degli autentici appunti di viaggio. Sono necessari per poterci orientare nel percorso successivo. Due sono le coordinate: la constatazione di una crisi senza fine, di un “inverno dello spirito” che ci morde l’anima; e l’urgenza di non arrendersi, di raccontare senza menzogne, né consolazione questa nera stagione di scontento. “Di questi tempi amate la crudeltà delle parole nude. E’ l’unico modo per raccontare il terrore del futuro che vive in mezzo a noi”. Questa raccolta di poesie comincia con una stanza senza poesia. E’ una scelta inedita. Ma è una idea forte. In questi appunti iniziali leggiamo lo statuto che fa dei versi delle stanze successive una poesia potente e tagliente.

Ecco che Vacca descrive in poesia L’inverno dentro, la stagione che stiamo dolorosamente attraversando, perché non si respira un’aria buona / troppe paure dicono/ che spaventa anche la libertà di tacere. (…) Questo è il dramma/ perché una  volta il freddo/ lo sentivi nelle ossa/ e avevi una stagione da raccontare. Oppure Il grande nulla italiano, dove la libertà annega/ la deriva si apre sul baratro/ del grande zero della democrazia. E più in là leggi e condividi quanto l’inverno dell’anima coincida con l’inferno sulla terra, dentro una sinestesia logica prima che sensoriale. In questa vita terrena/ sono numerosi i sostenitori/ delle cose fredde che vorrebbero/ instaurare per sempre/ la dittatura del grande gelo. Dentro questa meteorologia etica soltanto la poesia è capace di sconfiggere il regime delle stagioni fredde. Solo i poeti hanno ancora la forza di fare domande, Ci saranno anche giorni felici?/ Da qualche parte deve pur esserci/ una via di scampo al mistero/ di questa parte del niente/ che scava ferite. Solo la poesia può scrivere un nuovo contratto sociale contro i nostri egoismi. Ognuno preferisce la caduta/ in una solitudine feroce/ al coraggio di lottare per gli altri./ E’ più comodo non scomodarsi/ che essere una sola umanità. A questo punto la prospettiva storica indietreggia sullo sfondo, e si fa avanti la forza della letteratura, il suo tentativo di vincere la distanza tra vita e parola. Solo il verso poetico è in grado di spingere il pollice della parola fino a toccare il polso della vita vera. L’era in cui si vive è pensata/ per non vedere da nessuna parte. Solo i poeti riescono a dire la vita e vederla dritto negli occhi. E così fa Vacca con questi splendidi versi: Voglio raccontare con le parole/ quello che dentro inquieta./ Perché la poesia in terra/ è questo nostro vivere/ che accade ogni giorno.

Negli appunti che aprono questa raccolta “rumorosa” Nicola Vacca dichiara la sua condizione e la sua urgenza. Nonostante tutto, ho capito che questo è il momento di schierarsi. Anche se sono solo, voglio capire il carico di questo vuoto. Al termine di questo viaggio poetico, il lettore chiude il libro con due piccole certezze: le cose in realtà tornano sempre a posto e se si vuole un modo per stare con gli altri lo si trova. Anche perché molto spesso le mattanze finiscono per rivelarsi epifanie.

 

La società sbagliata

 la lingua muore

per le parole che non ci diciamo.

Smettiamo di essere persone

per l’ascolto che ci neghiamo.

Succede di tutto davanti all’ingiusto

che non siamo capaci di arginare.

Nel gorgo non ci siamo capitati per caso.

Alzare la testa diventa impossibile

quando nessuno è capace di rinunciare

allo scudo dell’indifferenza.

Sappiamo essere crudeli

quanto basta per condannare a morte

chi ancora raccoglie per noi

i fiori del male.

 L’inverno dentro

 Dentro questo inverno

c’è un ghiaccio universale.

Questo è il dramma

perché una volta il freddo

lo sentivi nelle ossa

e avevi una stagione da raccontare.

La  pazza della porta accanto

                                       Per Alda Merini

 Usavi il telefono

per dirci che la poesia

non è fatta solo di versi,

è fatta di natura e di vita.

Componevi il numero

del tuo interlocutore prescelto

per donare a tutti il tuo delirio amoroso.

Così ogni giorno dalla tua casa

partivano le parole della poetessa folle

che nonostante il dolore

voleva dire al mondo intero

di essere stata una donna felice.

Adesso  che tu non alzi più la cornetta

la bellezza dei tuoi versi

ferisce a morte i nostri cuori.

Il grande nulla italiano

 Il paese è caduto nelle mani

dell’arbitrio di pochi.

Si sono chiusi nel palazzo

hanno spento la luce sul bene comune.

La repubblica è marcia

perché solo i prepotenti

sostengono di avere ragione.

Delle leggi fanno macerie

alzano la voce per avvisare

che nessuno spinga  il pedale  fino in fondo.

La libertà annega

la deriva si apre sul baratro

del grande zero della democrazia.

Nicola Vacca è nato a Gioia del Colle, nel 1963, laureato in giurisprudenza. È  scrittore, opinionista, critico letterario, collabora alle pagine culturali  di quotidiani e riviste. Collabora assiduamente con la Fondazione Alfonso Gatto e scrive su Satisfiction. Svolge, inoltre, un’intensa attività di operatore culturale, organizzando presentazioni ed eventi legati al mondo della poesia contemporanea. Ha  pubblicato: Nel bene e nel male (Schena,1994), Frutto della passione (Manni, 2000), La grazia di un pensiero (prefazione di Paolo Ruffilli, Pellicani, 2002), Serena musica segreta (Manni, 2003), Civiltà delle anime (Book editore, 2004),  Incursioni nell’apparenza (prefazione di Sergio Zavoli, Manni, 2006), Ti ho dato tutte le stagioni (prefazione di Antonio Debenedetti, Manni,2007Frecce e pugnali (prefazione di Giordano Bruno Guerri, Edizioni Il Foglio, 2008) Esperienza  degli affanni (Edizioni il Foglio, 2009), con Carlo Gambescia il pamphlet A destra per caso (Edizioni Il Foglio, 2010), Serena felicità nell’istante (prefazione di Paolo Ruffilli, Edizioni Il Foglio, 2010),  Almeno un grammo di salvezza (Edizioni Il Foglio, 2011), Mattanza dell’incanto (Marco Saya edizioni, 2013).


4 risposte a "Nicola Vacca. Il riformismo della poesia."

  1. Interessante questa poetica, con un piede nei due secoli, ma anche con un piede nell’immanente e l’altro nel trascendente.
    Peccato non aver riportato almeno una lirica completa.

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