E anche il musicazzotto nellorecchio tira le somme di questo strano 2018, iniziato col botto dei Maisie e proseguito un po’ in sordina. Sul podio, oltre alla straordinaria band italiana, troviamo l’inossidabile artista americana Kristin Hersh, giunta all’undicesimo album post Throwing Muses, e lo strano menestrello svedese Henrik Appel, proveniente dalla scena garage rock di Stoccolma (Martin Savage Gang).
1) Maisie – “Maledette rockstar” (Italia)
una pietra miliare della musica post-rock, da ascoltare e riascoltare fino a sfinirsi di intuizioni geniali e di amare consapevolezze
2) Kristin Hersh – “Possible Dust Clouds” (USA)
fragile ironia, visionaria poesia, intrecci tribali, echi, dissonanze, memorie sghembe per l’ennesimo “fottuto disco sociopatico” di un’artista capace di esplorare gli enigmatici cunicoli della mente
3) Henrik Appel – “Burning Bodies” (Svezia)
distillato di umanità nuda, di musica nuda, di tutto quello che rimane quando l’approssimazione sfiora il nucleo polposo del messaggio. lo-fi scarnificante.
4) Ohmme – “Parts” (USA)
trame vocali ammalianti, art pop sperimentale, chitarre che si mescolano, un’alchimia emozionante al punto che può capitare di domandarsi “Why is there water in my eye?”
5) Cloud Nothings – “Last Building Burning” (USA)
chitarre imbizzarrite, hardcore-punk verace, feroce, eppure a tratti anche melodico (echi di Husker Du). creazione e “dissoluzione” in dinamico equilibrio
6) J Mascis – “Elastic Days” (USA)
andamento obliquo, scomodo e agrodolce anche quando tutto suona più “pulito” e folk-pop del solito. l’anima del loser messa a nudo, la poesia della tregua tra vita e polvere
7) Bas Jan – “Yes I Jan” (UK)
minimalismo psichedelico, in nervoso divenire tra archi, voci, a tratti ipnotico, a tratti tribal-folk, davvero un’esperienza artistica che lascia il segno (e il sogno straniante)
8) Perter Kernel – “The size of the night” (Svizzera)
(ri)costruzioni complesse, echi elettrici notturni alla ricerca di una sintesi umana tra bene e male, un album quasi teatrale, recitato e interpretato più che cantato e musicato.
9) Any Other – “Two, Geography” (Italia)
grande talento, grande forza vocale ed emotiva, indie-pop dalle divagazioni jazz ondivaghe impreziosite da pianoforte e sassofono
10) Mudhoney – “Digital Garbage” (USA)
testi dissacranti, le distopie del nuovo millennio dissezionate dagli inossidabili paladini del grunge rock politicamente scorretto, imperdibili.
11) Calvin Johnson – “A Wonderful Beast” (USA)
album molto sottovalutato, miglior rock-dance dell’anno, cresce ascolto dopo ascolto, mi mancava la sua voce baritonale un po’ monocorde
12) Courtney Barnett – “Tell Me How You Really Feel” (Australia)
intimismo altalenante, una voce morbida da cantastorie e una trama di chitarre e riverberi elettrici a tratti psych-rock
13) Sunflowers – “Castle spell” (Portogallo)
chitarre punk-rock, fuzz, ritmi pulsanti e un retrogusto noise al servizio di una vitalità selvaggia e irriverente
14) Low – “Double negative”
detriti tecnologici, un immaginario cupo, disgregato e nichilista, il fall-out elettronico sulle rovine del rock
15) The Beths – “Future Me Hates Me” (Nuova Zelanda)
pop-rock melodico di una freschezza e semplicità disarmante. adorabili.
beh, noto con piacere la presenza dei Low, sul versante italiano non vedo le Undici canzoni di merda con la pioggia dentro, secondo me, la miglior uscita in lingua italiana del 2018
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beh, ti dirò, “undici…” di Canali e Rossofuoco non è da buttare, anzi, tra alti e bassi una sufficienza piena la strappa (e mi fa piacere perché con tutto che non è facile, a Giorgio voglio bene). ci sono buone canzoni (come “piove, finalmente piove”, “mandate Bostik” e “aria fredda del nord”), ma ci sono anche svarioni oziosi tipo “accendi un fuoco per ogni amore finito” o “seguire le lucciole come fossero stelle”, e ci sono anche troppe “la gggente” che trasformano il nostro in un vago ibrido di Ligabue (sarà stata l’aria di Correggio?) e Cremonini. quindi no, addirittura tra primi 15 album del 2018 non ce lo vedo, anche fosse solo per gli “idioti che hanno paura dei microbi e non tirano mai lo sciacquone” dove sembrano venire a galla rigurgiti di un altezzoso disprezzo sinistrato che davvero, nel 2019, è proprio fuori luogo (possibile che il suo slancio autocritico, mi domando, sia inversamente proporzionale alla disillusione???)
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non credo sia l’aria di Correggio, forse quella di Predappio
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Ho scoperto i Maisie grazie a te, malos, se ricordo bene li avevi già proposti in un tuo musicazzotto. Ma di quest’altro gruppo (duo) italiano, Canali e Rossofuoco, mai sentito parlare. Ignorantone che sono, provvedo subito. Bello sentire due menti come le vostre disquisire su canzoni di merda con la pioggia dentro 🙂
Grazie malos, sentivo la mancanza del musicazzotto
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prego, non c’è di che
: )
(ps: anche gli Any Other cantano in inglese, ma sono molto italiani).
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