Due poesie di Giovanni Baldaccini

Edward Hopper

 

L’uomo di sabbia

Forse era solo un attimo sospeso
di quelli che non entrano nel giorno
ma si ostina a seguirmi da vicino
come un viso di folla
di quelli che non hanno lineamenti
altro che molti
fino a quando ti siedi al primo bar.
Quello si siede accanto e ti rovina
l’aperitivo, il cocktail, la minestra
a seconda dello stato in cui ti trovi
mentre lassù passavano le rondini
a ricordare un’altra primavera
ed all’opposto è notte.
Chiederci dove siamo fa sconcerto
ma il giornale riporta data e luogo;
scuotersi brevemente, adesso è chiaro
e quando è chiaro adesso nell’opposto
resta sempre la notte.
Questa carta mi sporca, questo inchiostro
si appiccica alle dita ed i capelli
cercano scampo sotto il mio cappello
se ne avessi la forma, il portamento
l’albero di natale, la bisaccia
il mare il treno il sonno la parola
che non serva che a chiedere un caffè
di cui neppure ho voglia e penso solo
a una tazza di tempo
quello beve
dove bevevo io
quando passavo la mattina ai solchi
della memoria corta e quella lunga
oggi mi porta verso i miei pensieri
e a quello che mi resta della sabbia
e l’onda, il vento, la memoria antica
il viaggio, il non ritorno, le canzoni
che suonava qualcosa che suonava
e l’onda, il vento – dicevamo sabbia –
il tuo riferimento
dove talvolta passo.

 

Verso il padre

Che devo dirti, padre, sono vecchio
come tu non sei mai diventato
e adesso sono più grande di te
e mi sembra ridicolo
chiederti consigli
ma ho capito da anni
d’essere un uomo ridicolo
e al massimo rideremo di me
mentre lasciamo andare un po’ di tempo.
Questa mattina l’aria non mi giova
ed è come se respirassi a stento.
Ieri, non ho visto la notte
e mi è mancato il suono degli uccelli
che immagino ti parlino di note
quando lasciano il tempo
per visitarti dove tu non sei.
Sono crollato come una stanchezza
sotto un ponte di barche
con una falla mobile
che si propaga da una barca all’altra
come succede ai buchi nelle tasche
e ti perdi le chiavi.
Sott’acqua
tu mi sembravi inutile
e tutto mi appariva trasparire
nella mia trasparenza
tanto che mi vedevo come un vetro
in un’opacità non mai chiarita
che credo ti somigli.
Ieri mattina un angelo s’accosta;
dice: fidati.
Stava seduto in una carrozzella
che trascinava a forza delle braccia
(non aveva le ali, gli angeli sulla terra non ne hanno)
e spingeva il suo peso
mentre invitava me a poggiare il mio
ma come può portarmi se non vola
struscia la terra e “fidati” mi dice
una parola grande quanto il vuoto
dove adesso ti trovi.
Per questo ti ho cercato:
tu mi riempi d’allontanamento
ma in certe condizioni a volte basta.


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