
Le poesie della silloge L’Alveare assopito sono accomunate da una ricerca poetica, talora dolce talora più penetrante e incisiva di com-prendere la complessità dell’essere e dell’ex-sistere. Proprio come uno scambio di ruolo e senso tra la scrittrice e la sua ombra. Una complessità che diviene più intellegibile attraverso progressivi transiti dalla natura al sè, ai figli, all’altro da sè. Il gioco delle proiezioni psicologiche bene si con- fondono con le metafore dove la solitudine diventa distanza tra le stelle.
Cipriano Gentilino
* Mi piacerebbe per una volta srotolare l’ombra in avanti: fosse lei a pencolare il corpo La verità è che si entra indifesi nel verso ad ogni semitono il timbro di un sé disperso * Mostrami il doppio della felicità lo schianto di luci nelle tenebre il sole del grano alto l’albero che resiste all’ascia le impronte di volpi sulla neve – tracce indistinte di incontri – e ti dirò dello stesso e del mutevole di un tempo straniero che cresce in petto del cuore che va lavato di tanto in tanto di dolori che scavano strade nel sonno del fiato che ci vuole per non restare intrusi a sé stessi * Il cielo di stanotte sta in una ciglia di luna – intorno e distanti – costellazioni e stelle slacciate come se ognuno volesse stare solo a modo suo
Belle poesie.
Il bene e il male dell’esistenza assumono una dimensione cosmica
L’ombra srotolata è come un cielo senza stelle.
D’altronde quando ci sono le stelle distano tra loro milioni di chilometri di solitudine.
Si entra indifesi nel cielo del verso, ma se va bene isi esce con gli schianti di luce trovati in quelle tenebre.
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