Abele Longo: Cosa n’è stato dei barboni in volo?

Cosa n’è stato dei barboni in volo?

“Bisogna avere la forza di dichiarare il fallimento di tutte le età successive all’infanzia”
Cesare Zavattini

Sembra non siano andati ad est od ovest
né in nessun regno fisico o utopico
ma incantati intorno alla madonnina

non ho nessuna prova se non quella
di una scolaresca che dall’oblò
ha visto uno sciame di scope in volo

cantava sulla nebbia di Milano
ci basta un po’ di terra e una capanna



4 risposte a "Abele Longo: Cosa n’è stato dei barboni in volo?"

  1. che ne è stato? son precipitati. tutti, proprio tutti… difatti a tutt’oggi a Milano, tra cartoni e centri di accoglienza, tirano a campare oltre 2000 persone (e se aggiungiamo chi è stato aiutato nell’ultimo anno dal progetto Arca, il numero decuplica superando le 25000 unità, ovvero, in rapporto alla popolazione, stiamo parlando di 1 milanese ogni 60 milanesi).
    ma la situazione non è drammatica solo all’ombra della Madunina: gli ultimi dati forniti dall’ISTAT parlano di 5,6 milioni di italiani in condizione di povertà *assoluta* (in pratica, in rapporto alla popolazione, stiamo parlando di 1 italiano ogni 10 italiani).

    il poeta lo sa bene, pertanto, seppure con linguaggio meno crudo/matematico, tra le righe mette a nudo la realtà con chirurgico candore: che ne è stato? falsa partenza, sono ancora lì, tutti “incantati intorno alla madonnina”.
    eh, e d’altro canto, nel mondo globalizzato, non c’è più un altrove dove possano volare/fuggire i poveri, perché la lotta di classe l’abbiamo persa malamente e il mondo è ormai proprietà esclusiva di multinazionali e grandi capitali finanziari. le magiche “colombe bianche” sono bell’e finite e, qualunque precedente vittoria di Pirro possa esserci stata, il Mobbi torna sempre alla carica in forze all’accampamento per *depredare* ogni residua risorsa della terra (nonché le baraccopoli abitate dai nostri sogni).
    in tal senso, la strofa iniziale è straziante quanto la ferita infetta d’un fallimento senza vie di fuga. basta guardarsi intorno: i poveri non solo sono ancora qui, ma sono sempre più numerosi… (eh, a latere, si sa che è ben più facile ingannare la gente che fargli capire che è stata ingannata, no?).
    ergo, traslando Zavattini (e Abele) verso un contesto meno poetico e più sociale: oltre al candore dell’infanzia, ciò che più tradiamo è l’infanzia della Repubblica Italiana, cioè il viatico ideale dai padri costituenti… i vari Basso, Caffè o Pertini il senso delle cose l’avevano toccato con mano, uscendo sanguinanti dalla guerra e si staranno rivoltando nelle tombe a vedere il lavoro ridotto a merce e i lavoratori ridotti a poveri barboni.

    il dramma – forse e purtroppo – è senza via d’uscita perché, oggigiorno, la scolaresca non riesce neanche più a guardare fuori dall’oblò!!!
    la sua attenzione è catturata/schiavizzata dai dispositivi digitali e dall’effetto plagiante dello strumento tecnologico che “forgia la mano” (e la mente) di chi lo usa…
    oggi la scolar’esca abbocca alle vetrine e agli schermi scintillanti e non s’accorge in nessun modo d’essere formata di barboni in erba… se non quando, per frazioni di secondo, un sovversivo gioco di luci muta la vetrina in uno specchio.
    : /
    no, non deve bastarci un po’ di terra e una capanna, anche se di questi tempi può già essere qualcosa…
    : )
    a latere, “i poveri disturbano”, ovvero “miracolo a Milano” di Zavattini e De Sica è vera arte, scardina e *dispiace* tanto l’intellettuale sinistrato quanto il destrorso perbenista, insomma lascia il segno, muovendosi con sapiente equilibrio tra messaggio ev/ersio e messaggio ev/angelico, due aggettivi che poi, forse, hanno più di qualcosa in comune…

    un abbraccio forte ad Abele e a tutti coloro che ancora si ostinano a provare a comunicare qualcosa.

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  2. Grazie a Massimo e a malos.

    Hai perfettamente ragione, malos, purtroppo oggi i bambini non guardano più fuori dall’oblò, e non solo loro! Forse, parafrasando Zavattini, succede anche a me di dimenticare che sono un pessimista.

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