
Emanuela Mannino, Eppure, Controluna, 2022
Nota di lettura di Abele Longo
“Eppure” è, nel suo valore avversativo, titolo auspicante che vuole dirci che la vita è fatta di dolore, assenze, di un cielo che “s’ingrassa di inganni e affanni “, di domani incerti in cui consigliera diventa la paura, nel ricordo di chi è finito “nella botola dell’ombra” o è “bolo di cenere e polvere”; eppure, nonostante ciò, possiamo farcela, diventare “uno scatto di immenso sul libro dell’Eternità”.
L’immagine di copertina ci mostra parti di un orologio senza lancette, contenute in un ciondolo a forma di cuore, e riporta inevitabilmente a un tempo che fu, che la poesia perseverante rivisita o tenta di fissare. Il tempo come fulcro stesso dell’ispirazione, viene catturato in “Leggimi”:
Leggimi
come si fa
con l’orologio del tempo.
Io ti leggo. Sono freccia.
A che ora entri in me?
Sento muovere il mondo
sul crinale del suono.
Ascolta.
C’è una miccia
di cuore.
Qui l’ora.
Come osserva Franca Alaimo nella prefazione, Emanuela Mannino “tende ad agglutinare spazio e tempo attorno alla funzione conoscitiva dell’ascolto”. Si rivela tra gli interstizi dello spazio e le pieghe del tempo in un abbraccio che investe la natura e l’umanità, nel nome del bello, di un rispetto che non conosce confini e non fa distinzioni, di intrecci di cuori che, nell’ascolto attento e nel gesto amorevole, riescono a sedare ogni conflitto. In questo rapporto, l’ispirazione agisce quindi come atto straordinario di un preciso momento, come qualcosa che attraversa e sconquassa indipendentemente dall’attività cosciente del soggetto. In quanto tale viene rappresentata dall’immagine della freccia, non il dardo che lancia Eros ma l’artista stessa che si fa freccia, diventa “miccia di cuore”. L’ispirazione, per quanto fulminea, riesce infatti a segnare non solo una direzione ma la vita stessa.
Vita che va esperita in tutti i suoi sensi e nella più profonda sensualità. Come in “Erotica fragola” e “Ti ricordi”, in cui la fragola prende il posto della mela, come simbolo di seduzione in quanto attributo di Venere nella rotondità del frutto. La fragola, invece, è frutto che “sguscia, scivola calda sulla pelle irrequieta”, cercando la sua energia nello stimolo delle zone erogene, in un rapporto che si fa più intimo e “subliminale”. Alla “Vita” la raccolta è infatti dedicata. Dedica-manifesto che. pur consapevole di quanto il senso stesso ne venga sempre più umiliato, offeso ed esautorato del suo stesso significato (“la dignità digiuna di fame raminga”), non si risolve in una visione pessimista, così come Eros non soccombe mai a Thanatos.
Questo canto cristallino alla Vita giunge in un certo senso come disarmante, insperato, e proprio per questo si rivela prezioso, catartico, e va centellinato in ogni sua pausa e parola. Liriche verticali, dall’andamento a spirale, come scolpite sul foglio bianco, nella loro essenza aforistica, che si offrono senza esitazioni e tergiversazioni: “Pioggia”, Batte, / forte / ce l’ha a morte.
Una poesia altamente musicale, che nasce e si genera dalla parola stessa, secondo un concatenarsi di associazioni di rime, allitterazioni, similitudini, aggiunte o sostituzioni di lettere. Come in “Cicatrici”: l’oblò confonde le pieghe/ oblia le piaghe; in “Ti ricordi” dove le “fragole” diventano “fragore”, o ne “Il mare” in cui la notte “esala di sale” e il sole “s’isola nell’esile incanto”. I rimandi sono all’haiku, nel suo immortalare un’apparizione, un attimo. Si sente anche nei versi liberi, iterativi con espansione progressiva, l’eco dei Canti orfici di Campana: Urlo tarlo/ picchio secco/ rosso sfatto/ sangue matto (“Parlano”); come anche, per la predilezione per un linguaggio analogico, il richiamo a Pascoli: Vagano i nodi pensieri/ sugli orli dei pioppi neri (“Se questo”).
In questo canto di rinascita, c’è infine, come in “Arti”, una malinconia di fondo che investe la natura. La natura in cui trasfondere le proprie inquietudini e come metafora dei propri sentimenti, in una sorta di teatralizzazione del paesaggio che permette di tracciare geografie interiori:
I rami restano
incollati ai loro umori
di sangue e di terra.
A volte,
tremano-
pregano
nella cappella del vento.
E d’improvviso,
lo scricchiolio del silenzio.
Gli arti esausti,
vecchi di tempesta
cedono
a ciò che resta.
Assenze
Mastico assenze
come salvia per i denti
bianca
la mia vita presente
distante
da te
bolo di cenere e polvere
che
sì
mi sei passato
come un fastidio inutile
un sole sporco
nel lungomare dei miei giorni azzurri.
Non ho voglia di me
Non ho voglia di me,
sono sazia di buio.
Da bambina cercavo
i capelli nel pozzo
per farci un nodo una treccia
per farci la pace
luce vorace.
Adulta bimba in una mano,
i fili d’erba in fila indiana:
qualcuno si spezza
qualcuno nuota nel campo azzurro
ed io scrivo
sulla lavagna del cielo
il nome che non ho
il nome che non ero
un nome
tutto intero.
Ordinare il disordine
Ordinare il disordine del fuori-dentro
il vento in un imbuto
la neve in un precipizio di sole
fare l’orlo ai solchi dei piccoli passi
fare centro cento volte cento
perdersi dentro un fiume lento
tremare tutto l’urlo dell’anima
dissetarsi alla fonte delle inevitabili amarezze
scollinare paure e tempeste
ed infine esultare col pesco primavera
sul calar della limpida sera.

Emanuela Mannino, docente di scuola Primaria, ha conseguito una Laurea in Psicologia (V.O.) e una Laurea in Scienze della Formazione Primaria. Ha pubblicato la prima raccolta poetica Sole Ribelle– Versi di bellezza e di resistenza (Ensemble, 2020). Ha pubblicato un racconto nell’antologia Congiunti (Ensemble, 2020) e un micro-romanzo nel collettivo Tina-Storie della Grande Estinzione (Aguaplano, 2020).
Una sua poesia “A piedi nudi” è stata musicata e inserita all’interno del disco “Old Folk for new poets” (New Model Label, 2021). Nel 2022 ha pubblicato la silloge Eppure (Controluna) e una poesia nell’antologia Negli occhi bambini-Poesie e voci per ritrovare il mondo dell’infanzia (Scrivere Poesia Edizioni). Nel 2023 ha pubblicato un racconto nell’antologia Cartoline dalla Sicilia (L’Erudita), un poema a due voci con Giannino Balbis, Erotanasie-Fantasie d’amore e morte (Macabor) e una fiaba natalizia nell’antologia Un magico e prezioso Natale. Piccoli racconti per bambini di tutto il mondo (Macabor).
Bisogna tenerla d’occhio questa Emanuele Mannino.
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