Attraverso questa ininterrotta metaforizzazione, il corpo fisico, nominato in tutte le sue parti (cuore, gambe, dita, occhi, seno) si innesta in quello della poesia, in quanto entrambi desideranti, il primo che, pur sopraffatto dalla luce imperfetta delle relazioni affettive, cerca ancora l’altro in cui confluire come un fiume verso la foce; il secondo rimanendo teso verso quella luce imperscrutabile dell’ oltre, che in questi testi di Patrizia Bambini viene evocato attraverso la verticalizzazione dello sguardo verso i cieli notturni e stellati.
Il “tu”, cui la poeta si rivolge, è, dunque, molteplice: a volte è l’amante perduto, a volte la madre, o la poesia stessa a cui, nel testo d’apertura, vengono indirizzate delle richieste (che, di fatto, costituiscono gli elementi della poetica della Bambini): mostrare le piaghe e fissarle nella loro ‘nudità’ sul foglio così da votarle al tempo del dire nella speranza che << Lassù qualcosa forse ci ritrova/ fra il timido apparire di una gemma >>.
Perché accanto al buio, alle spine, al gelo, alle acque malsane e alle materie vischiose (che alludono all’instabilità del cammino e alla sessualità), nei versi della Bambini, si aprono squarci di serena contemplazione della bellezza: il cielo che << torna nido di stelle>>, la dolcezza delle viole, il sogno di volare, la vita in sé. Si rintracciano, ma amalgamati in una dizione personalissima, alcuni autori novecenteschi, quale il Pascoli notturno del dolore cosmico, Gertud Kolmar per la ferocia triste del sentire, Pessoa per la moltiplicazione dell’io in specchi quasi sempre oscuri e parzialmente veritieri. Ma ogni suggestione viene rielaborata e dominata da una sapiente struttura formale e da uno sguardo profondissimo che diviene un metodo nuovo di indagine e conoscenza.
La luce imperfetta di Patrizia Bambini
Ed. Puntoacapo 2023
Prefazione di Mauro Macario,
alcuni testi
MOSTRA LA MINA CHE ANIMA IL TUO PETTO
Mostra la mina che anima il tuo petto,
i chiodi di grafite che scivolano sul foglio,
oscillazioni alle dita, tremori su dal fondo.
Mostra la parte assunta all’altro lato,
il verso di civetta in sottofondo,
le corde preparate con mistica cura,
il velo in trasparenza, le frasi abbozzate
e subito dismesse per pudore o spina.
Continua il sangue, fammelo sgorgare
le vene che ti percorrono mi fanno
china sui polpastrelli, ormai schedata
tra le scartoffie e la polvere di un tempo
che mai c’è stato a risolvere l’argento
tra i capelli inadatti a un’altra prova:
vi passa il vento e tace sul ramo alto.
…
Lassù qualcosa forse ci ritrova
fra il timido apparire di una gemma.
*
COME SE
La ferita è arrivata troppo cruenta
nell’odore aspro di un mattino
già declinato verso occidente.
…
Poteva ogni schiaffo di vento
passarmi attraverso
e non deridere la forza alchemica
che mi tiene ritta, fra le pietre.
…
Poteva il tempo oltraggiare la giovinezza
fra le spighe troppo mature
e restare indenne, non cedere
alla memoria che graffia l’urgenza
di esistere.
…
Poteva tutto essermi nemico
e sventolare comunque lieta al mondo
ma non questa nottata che mi ferisce
col cilicio
che tu mi indossi, come se fosse amore.
*
GLI ALVEOLI RESPIRO BIANCO LATTE
Agli alveoli respiro bianco latte,
al cuore il punto cieco che mi svia,
ai piedi altra neve per tornare,
alle mani un foglio scritto e ripiegato
in tutta fretta -e non voler sapere-
agli occhi un’altra spina per finire
conficcati e crocifissi nel ricordare,
alle gambe la rincorsa giusta per sparire,
al torace la gabbia aperta, e fuori il resto ad aspettare,
e titubanza che infilo al collo come perle
sul filo molle del lacrimare.
Alla bocca la solitudine,
alla pelle la perdita inesauribile,
alle dita l’arduo compito di rimediare,
con un verso ultimo, al verso di civetta
che sul ramo, a nottate intere,
su qualche bozzolo, sta a profetare.
*
MIRAMI AL CUORE
Mirami al cuore, ché ho solo questo,
il modo, il tempo, il luogo per sentire
come anche il freddo sia uno sguardo fiero
mentre dai alla vita il segno per tranciare
il corpo che rimane nell’attesa.
Contro al muro – non credere-
mai conosco resa.
*
Sono nata il 19 giugno 1967 in un piccolo paese della mediavalle del Serchio in provincia di Lucca. Attualmente vivo e lavoro a Lucca con un compagno e due gatti.
“La luce imperfetta” è la mia prima raccolta, con la prefazione di Mauro Macario, postfazione di Francesco Zanoncelli.
