Oltre il viaggio nella poetica di Scisma di Ilaria Palomba – Iolanda La Carrubba

Oltre il viaggio nella poetica di Scisma di Ilaria Palomba

di Iolanda La Carrubba

Si manifesta immediata “la presenza” già al solo contatto visivo con Scisma di Ilaria Palomba. Seppur è vero il fatto di non giudicare un libro dalla copertina, qui il caso è ben diverso. Semplice, raffinata e tormentata appare l’immagine di un cervello che indossa, suo malgrado, una corona di spine. Questa visione veemente dai richiami di un dolore arcaico, prepara alla lettura profondamente, redendo manifesta la presenza dell’assenza. Fin dal componimento che apre il libro, il quale indossa un titolo surreale, visionario, spettrale, talmente introspettivo da lasciare il lettore senza fiato, si comprende di trovarsi al cospetto di una metamorfosi:

Giorno 0

diecimila voci rapaci/ il nemico armato è l’occhio / il nemico interno è l’altro […]

Destabilizzante questo incipit che porta a riflettere sui quei giorni che appaiono inesistenti, appunto Giorno 0, ma che lasciano solchi indelebili con queste ore ingorde, di momenti vissuti altrove, e che inevitabilmente ne scandiscono l’esistenza tragica. Ma lo zero può anche rappresentare un nuovo inizio, quel giorno in cui l’introspezione della somma di tutti i traumi vissuti, finalmente diventa non più fardello ma esperienza salvifica. Via via tra lo scorrere delle giornate i versi diventano sempre più audaci, tremendi, tormentati dove in questo stare, l’adesso diventa mutamento. Un cambiamento fisico di lesioni talmente gravi che in Giorno 1 rivela una realtà disarmante:

Nessuno sa se supererai la notte.

Ecco che questo viaggio tra il coma e infinite ore trascorse in rianimazione, si fa diario. Il diario di un corpo diverso, martorizzato eppure presente, cosciente. Compaiono tra i versi che si fanno urlo silente e disperato, archetipi, distanze, calvari, indagine del vuoto:

Giorno 27

o forse sono gli orrori / nascosti nella mente / a mitigare figure oscene. […] Non ho altro nella mente / che la vita a sciami/ tra i capelli

Ciò nonostante nel vasto abisso della scissione si intravede un nuovo esordio, seguito fedelmente dal supplizio:

Giorno 34

si smembra il vuoto / non poter gridare / e non potere uscire / un altro giorno ancora / mentre l’incredulo / attende l’inverno / in mezzo ai chiodi / e gli abbandoni.

Tuttavia questo abbandono, dopo l’abominio, oltre la tortura, resiste e si palesa trasformato attraverso un percorso quasi ascetico dove diviene illuminazione, separazione dal corpo e ricongiungimento allo spirito.

Giorno 62

Torno, nella notte, / a desiderare un altrove. / Farmi celeste corpo / senza lesioni, dormo / un’altra ora per poter / godere di un’altra aurora.

Fino qui il versificare si rivela intimo sospiro di visioni ancora distorte, frastagliate, reminiscenze di quanto ascoltato in ospedale sotto morfina. Eppure già solo con l’esplicazione dell’accaduto tra il fuori e il dentro, che possa essere lo stare – abitare un luogo, un momento, un fatto o l’essere frammento, ferita, crisi, lotta, rivela la profonda cultura che Ilaria padroneggia con eleganza. Infatti dal momento in cui riaprirà gli occhi dopo aver compiuto quel volo dissacrante, immediatamente sentirà la necessità di scrivere, leggere, immergersi in tutto ciò che la rende forte, abile e fiera penna con qualche tenue sfumatura di geniale follia. Ora come Alice anche lei è dall’altra parte dello specchio, rovesciata, capovolta, ma pronta a superare nuove sfide:

Giorno 86:

Fuori dall’ospedale la carne piena di squarci. / Torna nella casa del salto, torna all’uomo. / Il dolore verrà, lo senti dai muri. / Perdona l’impeto, perdona il corpo. / Scissa, guarda l’altra, guardami.

Il coraggio di prendere completo possesso degli avvenimenti e riviverne ogni attimo, tra gli atti messi in scena sul palco-o-scenico della vita e farne poesia. Incandescente, ammaliatrice è la sua fierezza poetica che esorta il lettore

a riflettere empaticamente sull’altro oltre sé. Con parole taglienti, avere il coraggio di dire liberamente cosa significa soffrire. La poetessa oltre a donarsi completamente alla carta, si affida anche ai suoi punti di riferimento, ai suoi amori. Infatti in nota dell’autrice si legge: “[…] i miei versi sono intrisi di citazioni occulte, dalla Pizarnik alla Rosselli, poetesse su cui torno, e le cui parole sono scolpite nella mente, o forse incise, proprio com’è il muro dell’ospedale […]”.
Il poemetto è diviso in otto sezioni ognuna delle quale inizia con una citazione: Ingresso – Louise Glück, da L’iris selvatico. Abbandono – Amalia Rosselli da Documento. Coscienza – Fernando Pessoa da Faust. Assenza – Theirry Metz, da L’uomo che pende. Pietà – Francesco Scarabicchi, da Il prato bianco.  Frantumi –  Alejandra Pizarnik, da La Figlia dell’insonnia. Ricomposizioni – Paul Celan, Con alterna chiave, Di soglia in soglia e conclude con Scisma – Carlo Michstaedter, da Alba, il canto del gallo.

Scisma dunque potrebbe essere visto anche come un percorso di consapevolezza, tracciato dalla tragedia, che attraversa l’attesa del sopravvissuto e diventa necessaria nuova visione del reale.


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