
La fragilità nelle opere di Serena Rossi
di Cipriano Gentilino
Le opere della serie Prato dell’artista Serena Rossi sono accumunate dalla rappresentazione di una natura rarefatta, quasi evanescente che attraverso la delicatezza espressiva assume una connotazione che suggerisce la fragilità e l’effimero. Nei tre dipinti, il fondo bianco o neutro funge da spazio aperto, quasi indefinito, su cui emergono le forme allungate e stilizzate di quelli che possono essere interpretati come fiori, steli o elementi vegetali. Questi elementi non hanno una resa realistica, ma piuttosto evocativa: sembrano fluttuare, come se fossero soggetti a un movimento interno, quasi organico. A me, che non sono un critico d’arte, i fiori e gli steli nei quadri di Serena suggeriscono uno stato di transizione: alcuni sembrano piegarsi, altri si dissolvono, altri ancora si allungano come fili sottili. Questo conferisce un senso di fragilità e precarietà all’opera, che risuona con il tema centrale della sua ricerca. Se leggiamo questi quadri alla luce delle poesie di Rossi e della sua dichiarata esplorazione della fragilità, possiamo trovare un dialogo profondo tra parola e immagine. Nei versi di Dimmi com’è vasto il cielo, l’essere umano è descritto come una nave alla deriva, mentre in L’orzo piccolo sa di capanna umida troviamo un’intima riflessione su gesti quotidiani. Lo stesso senso di transitorietà e delicatezza si riflette nei suoi dipinti, in cui il tratto sembra quasi esitante, le forme tendono a sfaldarsi, eppure tutto ciò non trasmette debolezza, ma una sottile resilienza. Se pensiamo alla fragilità in termini psicologici, il lavoro di Serena Rossi sembra suggerire che la vulnerabilità non è un difetto, ma una condizione intrinseca della vita e della creatività, una chiave, per entrare in contatto con le emozioni. Ce ne parlò acutamente Eugenio Borgna, uno dei massimi esponenti della psichiatria fenomenologica italiana, che ha descritto la fragilità non come una condizione da combattere, ma come un’opportunità per una conoscenza più profonda dell’essere umano. Nella sua opera La fragilità che è in noi Borgna afferma che la vulnerabilità è il terreno su cui si sviluppano le emozioni più autentiche, dalle più dolorose alle più creative. Egli sottolinea come l’arte, la letteratura e la musica siano espressioni privilegiate per esplorare questa fragilità, trasformandola in una fonte di comprensione ed empatia. Anche Donald Winnicott, noto psicoanalista britannico, ha esplorato il concetto di fragilità attraverso la teoria del vero sé e falso sé. Egli descrive come la creatività e l’espressione artistica emergano da uno spazio di vulnerabilità autentica, contrastando con le maschere sociali imposte dalle aspettative esterne. L’arte diventa così un luogo sicuro in cui il vero sé può manifestarsi senza paura di essere giudicato. In questo senso, le opere di Serena Rossi sembrano incarnare questa visione della fragilità: non come mancanza o debolezza, ma come uno stato che permette all’individuo di accedere a livelli più profondi di esperienza e significato. I suoi prati stilizzati, i segni che si dissolvono sulla tela e la delicatezza delle sue poesie sono testimonianze di un mondo interiore ricco, aperto alle trasformazioni e alle oscillazioni del vissuto.

Dimmi com’è vasto il cielo
Dimmi com’è vasto il cielo
Moltitudine di segni
E di cibo.
Esseri indaffarati ci scontriamo di giorno
Sulle vie dell’abitudine
Nelle città svuotate di sensi.
Siamo navi alla deriva
Ferme tra passato e futuro
Fluttuanti tra insensate guerre vicine
Passeri che zampettano sulla terra,
ondulata storia del domani.

L’orzo piccolo sa di capanna umida
L’orzo piccolo sa di capanna umida
bevuto sopra alle brioche esposte
del mattino.
E sono solo le sei
e devo finire il libro
da prestare a mia madre per il viaggio.
Comodo è stato farmene regalo
per poi usarlo per sé.
Il suo genere romantico.
La Perrin è quantomeno interessante
e io sono come Tatà una zia.
Non mi distrae dalla poesia.
Sarà la sua ultima serata.
Biobibliografia
Serena Rossi nasce a Milano nel 1972. Nel 1999 si laurea in Farmacia. Segue svariati corsi di arti visive, dal 2002 espone sue opere in mostre italiane ed internazionali e alcune di esse fanno parte di collezioni private e pubbliche come il Museo a cielo aperto di Camo e la Collezione della BPL. Nel 2011espone alla 54 esima Biennale di Venezia al Padiglione Italia a Torino su Invito del critico Sgarbi. Nel 2023 partecipa alla XIV Biennale di Firenze. Negli anni 2013 a Bologna, 2022 ad Assisi e 2023 a Belgrado online partecipa a Residenze Artistiche. Parallelamente dal 2012 si occupa con gli stessi temi di poesia e pubblica sue sillogi e su diverse antologie la sua poesia, 2022 “Spazi” in italiano e rumeno ed. Cosmopoli a cura di Eliza Macadan e 2024 “Novembre” edizione NullaDie. Le sue poesie sono tradotte in inglese, russo, rumeno e serbocroato. In questi anni riceve diversi premi e segnalazioni di merito a Concorsi letterari nazionali ed internazionali.