* quando si apre lo sguardo sulle periferie pensi al degrado come a una cosa normale alla banalità dell’inerzia che sviluppa si moltiplica nel pensiero in prospettiva se parti da lì non perdoni più il mondo che diresti diverso dal tuo che sembra non sprofondare come il tuo nel buio appena fa sera ma se arrivi dalla lineare di case scomparsa crollate come fossero di sabbia non hai abbastanza forza da immaginare cosa accade alla mente per il loro mondo sciolto come un cioccolatino per i piccoli corpi disfatti in un urlo interrotto che s’ingolfa di calcinacci le travi il cemento armato violato il ferro che viene fuori come frecce o lance rivolte verso il cielo verso qualcuno che si è distratto
* l'andamento è come quando si scivola sul mare o si srotola i sogni sembri allegato a un destino che presuppone l’annegamento un itinerario confuso negato improvvisamente ciò che ottieni è presto tolto dagli sguardi insistenti hai la forza di tagliare le onde come fa il vento spettinandole ma la deferenza non serve è una micia che genera mostri
* possiamo anche discutere sulla parola da usare se è quella giusta ma no che appartiene a un altro significato più profondo che mentre ce lo diciamo la stessa saliva che sputa su un accento schizza su una piana s’arrovella su una sdrucciola si colora di rosso in una tronca avrebbe l’odore del sangue se non fosse tutto così distante da distoglierci perché le parole sono importanti ma la vita lo è molto di più
“sciolto come un cioccolatino” o “sbriciolato come un cracker”, in ogni caso, si parla – non a caso – di similitudini di cibo.
: ((((
circa le “vertenze sterili”, non sarei così tranchant: da un lato, è indubbio che in tempi di neomalthusianesimo globale tutto ciò che è sterile o che isterilisce sia funzionale all’agenda delle élite, ma dall’altro lato non vedo quale strumento possa esserci di qualche aiuto oltre alla dialettica del discutere… (a meno di non pensarla come Bismark che scrisse: “non si fa la politica coi discorsi, la si fa solo con sangue e ferro“)
non rinunciamo, dunque, a scrivere: non si può certo sfamare le “periferie” dell’impero a parole (in buona sintonia con gli *aiuti umanitari* che il gen’eroso mondo occidentale sta fingendo di erogare), ma con le parole possiamo “mettere in discussione” l’impero.
: ))
e dici bene: il capitalismo liberista globalizzatore è una *miccia* che genera mostri. e forse non è bene mettere in competizione la vita e le parole (l’una non è così divertente senza le altre e viceversa)
un abbraccio sia a te che al tuo mappamondo (sempre chirurgico nella scelta “della parola da usare”).
(la prima sezione mi colpirebbe maggiormente in prima persona singolare, rispetto a un “tu” generico, ma “vedi io”…)
Eh, le similitudini qualcuno dice che non si usano più…le “vertenze sterili” sono riferite ai dibatiti televisivi dove tutti sono esperti e dicono come e cosa si dovrebbe fare, ma sono d’accordo con te che non bisogna mai smettere di discutere e di scrivere di questi temi o meglio di questi inferni scatenati dal potere sulla pelle della gente.
la prima sezione mi sembrava appunto più “coinvolgente” con questo “tu” generico…ma tu sei Malos e che te lo dico a fare.
Possiamo discutere sulle parole con altre parole, ma le periferie del mondo muoiono ugualmente. Sono versi eccellenti.
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Ciao Flavio,
sembra un arrembaggio tutto questo discutere, che non fa altro che autoconsolarci e sfocia spesso in vertenze sterili.
Grazie, Flavio.
Un caro saluto
mm
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“sciolto come un cioccolatino” o “sbriciolato come un cracker”, in ogni caso, si parla – non a caso – di similitudini di cibo.
: ((((
circa le “vertenze sterili”, non sarei così tranchant: da un lato, è indubbio che in tempi di neomalthusianesimo globale tutto ciò che è sterile o che isterilisce sia funzionale all’agenda delle élite, ma dall’altro lato non vedo quale strumento possa esserci di qualche aiuto oltre alla dialettica del discutere… (a meno di non pensarla come Bismark che scrisse: “non si fa la politica coi discorsi, la si fa solo con sangue e ferro“)
non rinunciamo, dunque, a scrivere: non si può certo sfamare le “periferie” dell’impero a parole (in buona sintonia con gli *aiuti umanitari* che il gen’eroso mondo occidentale sta fingendo di erogare), ma con le parole possiamo “mettere in discussione” l’impero.
: ))
e dici bene: il capitalismo liberista globalizzatore è una *miccia* che genera mostri. e forse non è bene mettere in competizione la vita e le parole (l’una non è così divertente senza le altre e viceversa)
un abbraccio sia a te che al tuo mappamondo (sempre chirurgico nella scelta “della parola da usare”).
(la prima sezione mi colpirebbe maggiormente in prima persona singolare, rispetto a un “tu” generico, ma “vedi io”…)
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Eh, le similitudini qualcuno dice che non si usano più…le “vertenze sterili” sono riferite ai dibatiti televisivi dove tutti sono esperti e dicono come e cosa si dovrebbe fare, ma sono d’accordo con te che non bisogna mai smettere di discutere e di scrivere di questi temi o meglio di questi inferni scatenati dal potere sulla pelle della gente.
la prima sezione mi sembrava appunto più “coinvolgente” con questo “tu” generico…ma tu sei Malos e che te lo dico a fare.
🙂
Un caro saluto e un abbraccio.
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