L’AZZURRO CHE IMPENNA, LE ALBE D’ESTATE E TU, A RUOTA
L’azzurro che impenna
Le albe d’estate e tu, a ruota e
Ci fa specie un po’ tutto ma
Presumo ce la faremo ancora, ancora
Per il rotto delle cuffie buone – senza fili –
E quando ho gonfiato le gomme
Della bici, dillo: mica ci credevi
Che mi sarei fatto vento all’ora delle
Ultime stelle e del primo occhio mattino
Scorrazzando dentro il verde
Degli anni miei 50 e mezzo
Per andare a fare un tuffo
Alla prima fermata sul lungomare che,
A prenderlo così presto – il mare – ci si
Sorprende sospesi & felici per niente
E se avessi potuto sì, non lo nego:
Avrei evitato volentieri d’attraversarlo
Il deserto che dall’io conosciuto porta
Dritto per dritto in fondo al buio di nessuno,
Me lo sarei risparmiato già, ma qualcuno
Doveva pur farlo, e chi meglio di uno
Senza padri né carte né figli né santi
Chi meglio di uno che di punto in bianco
Gridi vino al vino e nero al nero, senza
Preoccuparsi tanto di cosa ne pensi il mondo, e oh
Tutto sta nel tentar di resistere, inventarsi
Un posto tra i possibili fiori ancor gentili e
Nel provare a farsi contro canto sull’inganno
Cantando, scrivendo sulle ali (o sui pedali)
Scrivendo, amoreggiando a distanza dai domani
Sicuri di niente, di un cazzo di niente
Lontani dalla messe regolata delle urgenze
Dai credo dai riti dai dottori dalle banche
Dalle fate dai pro dai contro dai sogni ricreativi
Dagli amici dai nemici dalle ansie degli affetti
Sicuri di niente, non nel dire, ma: nel dis-Fare
Tutto, a cominciar dal proprio interno
Fin quasi ad apparire a diavoli e madonne
Per incantare, farsi attesa d’assenza da pregare
Com’era nel principio, ora e sempre,
Nei secoli dei secoli &
Amen.

SCARPE DI BAMBINI
Stanotte
Ci son stelle che parlano piano
Per non svegliare i sogni del plumbago,
Suppongo
E ce ne sono delle altre
Che s’attaccano ai vetri delle finestre
Così forte da far pensare sia Natale
(E non il 30 di giugno)
Stanotte
I film di Truffaut escono dai cofanetti
E un po’ scappa la pipì, sì, ma il bagno è occupato
Dall’ombra di Fanny che gioca con il phone
E fa un po’ specie ma non tanto
Il fatto che nei periodi di magra
La fantasia smuova voci d’oltre all’ingrasso
Bisbigliando cose capaci d’accadere da sole
Per esempio stanotte
La scala a chiocciola che porta su in terrazza
È piena di scarpe di bambini e più di un lampo
Avvisa che la guerra no, non finirà mai
E ci sarebbe da piangere
Se questa vita già non sapesse che – in un’altra –
Le stesse anime di adesso torneranno con piedi nuovi
A riprendersi il tempo l’onore e le scarpe
E stanotte dai fogli
Le canzoni vengon fuori già cantate
Quasi fossero rampicanti discesi dal buio, le note
E bocconi incastrati in gole di vento, le parole
E ci sarebbe da perdere
Non dico alla grande ma almeno con sportività
Considerato che questo mondo fa un po’ schifo
Tutto sommato, o tutto sottratto
E vincerci sopra e in mezzo
Dovrebbe quanto meno far provare vergogna
Ma vergogna a chi? E poi per cosa?
Siamo vanto di fango, passe-partout d’inferno
Basta un goccio di sperma
Un ritorno improvviso di ridarella
A toglierci di dosso ogni imbarazzo
In cambio di un moto d’io voglio ergo sono
Del cazzo.
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