Territori
hai detto è solo il vento
però ha mosso tutto come nei film
per caso nel viale percorso
ha spettinato le jacarande
e il tuo passo si è fatto lilla
un’infiorata tipo ai santi
poi si guarda i vortici lenti
ruotare e ingoiare colori
per oggi potrebbe bastare
ma ti ruba uno sguardo
il bisbiglio di una libellula
che disegna il suo mondo
e nessuno sa come annientare

Tante volte non è facile riconoscere il “grande oggettivo che ci circonda”, siamo troppo disturbati dal proprio io. Ma a volte un soffio di vento trascina nel suo vortice e si diventa puri colori con altri occhi, coi quali si esce dalla riserva del proprio territorio. Si scopre così che anche il frusciare discreto di una libellula, come di ogni creatura, è un mondo segreto, persistente, impossibile da annientare.
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Ciao Giancarlo, ma soprattutto l’impossibilità di annientare vuole essere un richiamo al rispetto di tutti i mondi che ci circondano.
Grazie e complimenti per il tuo Le tramvai ivre, gran bel testo.
Un caro saluto
Maurizio
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delicata eppure potente, come Maurizio sa.
l’incipit è nel contempo rassicurante e inquietante (soltanto a me è venuto in mente “io sono il vento… tuudahh… sono la furia che passa e porta con sé… tuudahh“, strambo retaggio d’un vinile preistorico scricchiolante?).
il vento… il vento sradica alberi, semina morte (tornado, ciclone, uragano, vento radioattivo), ma anche solo lo spostamento d’aria (scatenato da una bomba sganciata sui territori) finisce per spettinarmi pensieri (sarò una jacaranda???). “come nei film“, ma è cruda realtà.
l’esorcismo arriva con il “lilla” al posto del ben più disturbante “viola”.
una scelta che incanala la poesia verso la ricerca di una pace interiore, ovvero quei “i vortici lenti” che ingoiano, oltre i colori, anche i passi “umani” dell’essere (bipede) nonché i suddetti spensieri pettinati del nano.
l’ipnosi del “bastare” (e del bastarsi).
che tuttavia s’incrina: una *libellula*. parola che origina dal latino libella, diminutivo di libra, ovvero “bilancia”. un soppesare la realtà che torna al dunque, “bisbiglia” di un “mondo” non annientabile.
dunque è possibile! esiste un “come” per “disegnare” scenari che non contemplino il radere al suolo. a saperle ascoltare, le fonti d’ispirazione non mancano di certo (eppure…).
sì, insomma, anche questa tua “ruba” il mio plauso.
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Caro Malos, buongiorno, sono felice e onorato di “rubare” il tuo plauso, tu che sai vedere giusto e oltre e sono felicissimo che il finale porti dove volevo portasse, alle cose “possibili”, anche se solo qui dove ce la “suoniamo e cantiamo”, ma suona e canta chissà che non si riesca a sconfinare e rivedere territori non più rasi al suolo.
Un caro abbraccio
mm
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