LA MACCHINA DA CUCIRE
GEOLOGIA DEL DOLORE
prefazione di Fabrizio Lombardo
ed. Puntoacapo 2025
*
Confuso estraggo dal cielo
lo scarto delle tue parole,
eppure ti amo così distante
e scavata nel viso.
La voce dentro il lago
non ascoltare.
Restare nell’ombra
la gente ride,
non si può calpestare
la linea del vento.
Restare per nessuno
non chiedere dove.
*
Amy
Ero una pessima bevitrice,
fedele a me stessa,
ma era come andare
sulle montagne russe.
Sono tornata nel tunnel,
qui si vedono le mie mani…
Credo che tutto succeda
per una ferita rimasta scoperta.
Ho freddo, puoi abbracciarmi?
Sei un uccellino con la lingua lunga…
Dove sei stata?
Da piccola non piangevo quasi mai.
La mia vita è diventata una performance.
Dove sei stata?
Un giorno farò la cameriera
sui pattini…
*
Dopo ogni abuso subìto
mi nascondo dietro un muro,
nessuno mi ha insegnato
i nomi dei sentimenti.
C’è un luogo della casa
dove non provo vergogna
dove si sente l’odore di timo.
Guardo le mani vuote
una sola voce non basta,
altre gocce per dormire.
Sera dopo sera
la tua violenza
si sottrae ai pensieri.
Il tuo volto calmo
mi abbraccia
con più dolore
prima di uscire.
*
*
È quasi sera
e tu non ci sei.
Per giorni non ho scritto niente.
Anche la tua ferita
è un silenzio vicino
un fiore senz’ombra
per quella sola parola
a testa bassa.
Ho cercato a lungo un rifugio,
per la mia resa
le cose mutano.
Prende forma un’adolescenza altra
i miei anni muti
l’altro più dolente amore.
*
Esuli in cammino
Ventisette marzo e una primavera
intera da vivere.
Nella strada avara di alberi
una smorfia di paura
l’aria espirata getta un altro enigma.
La mano ancora bella
protegge la parola,
le lacrime finiscono
nella pozzanghera della tua via.
L’esercito dei pellegrini tace
offre il fresco confine
dell’ora felice.
*
È domenica mattina
e sei sincero,
sei mio nemico.
Ti nascondi in un buco
e i tuoi soldi non mi interessano.
Gli oggetti non hanno peso
le serrande sono chiuse
i libri di scuola e i quaderni
sono ancora sul tavolo.
Non so ridere, pettino il silenzio.
Nella stanza sento ancora
l’odore di mia madre
l’immagine del mondo.
Se ci fosse vento stamattina
non sarebbe così male…
*
Morire di sete
mi accade di udirlo
il mondo
sguardi e braccia che non sento
l’istante è vivo e si apre
al segnale di luce.
Coltelli, canti e voci ingiuste
si confonde il mio amore
con l’acqua dell’autunno
con il colore del mare.
*
Lo lanciò in alto
come un pallone,
rimase impigliato
sul filo spinato
lontano dal sogno della madre
i cani lupo
un bottone staccato dalla giacca
divorano la traccia
dove si posano le mani.
*
Non senti quel verso
dell’ultimo fiato
la pioggia nella tua bocca
l’asola dove passa la nostra vita
lo spillo che traversa due stoffe
il filo del vento
sottratto ai pensieri
con la sola lotta
che simula l’amore.
Vorrei restare qui
a scrivere all’aperto,
qui tra gli alberi,
la prima parola
dopo la fine
*
La macchina da cucire
per scoprire il dolore del mondo
rapsodo per legare
cielo e terra
enigma e senso
o quel nulla che arriva.
Lei contava le ore il 13 novembre 2018,
arrivò al pronto soccorso
con la polmonite da legionella
e un’insufficienza respiratoria acuta.
Chiedeva in cambio sabbia
per la clessidra.
Mi guidava la parola di mia madre,
era febbrile e dispnoica
nella preghiera che mi assorda
e mi lascia senza nome.
Da più di un anno
la dispnea è receduta.
*
*

