Il trionfo disantropologico, sull’arte digitale di Zamari

Zamari, nome d’arte esclusivamente legato all’arte digitale di Giorgio Brunelli, ci rammenta che l’opera d’arte ha progressivamente rinunciato alla propria funzione di critica sociale e di denuncia. Il principio del l’art pour l’art ha contribuito a definire il fare artistico come un’espressione autotelica, svincolata da finalità morali, didattiche o sociali, orientata esclusivamente alla ricerca della bellezza formale. In questa prospettiva, l’operatore artistico che agisce fuori dai circuiti ufficiali assume una posizione di autonomia critica. La sua ricerca si fonda su un’indipendenza radicale che non subordina l’estetica a programmi ideologici, ma nemmeno la isola da una responsabilità verso il reale. Si tratta di una condizione riconducibile alla figura dell’intellettuale-esule: priva di un’appartenenza istituzionale stabile e di una collocazione ideologica definitiva.

L’artista non legittimato dai canali dell’approvazione istituzionale si muove all’interno del cosiddetto Artworld, termine con cui Arthur Danto ha indicato il sistema di soggetti coinvolti nella produzione, promozione e commercializzazione dell’arte. Questo sistema tende a preservare il proprio equilibrio attraverso il controllo esercitato da un numero ristretto di galleristi, collezionisti e intermediari, detentori del potere di attribuire lo status di opera d’arte. Questa riflessione si estende alla cultura della celebrità contemporanea, alimentata dalla disintermediazione mediatica e dai social media. La ricerca di visibilità immediata favorisce la produzione di contenuti orientati all’engagement emotivo piuttosto che alla qualità, contribuendo a una progressiva indifferenza verso la distinzione tra conoscenza e superficialità. Tale dinamica può essere interpretata come una forma di nichilismo epistemologico, in cui l’attenzione diventa risorsa da monetizzare.

Parallelamente, si assiste all’eclissi della aidós, la vergogna intesa come principio etico regolativo. La cultura dell’esibizione tende a confondere l’assenza di limiti con la libertà, svalutando la funzione della vergogna come strumento di autoregolazione e di costruzione della dignità individuale. Eppure, essa non rappresenta un ostacolo alla libertà, ma una sua condizione di possibilità. In questo quadro, appare sempre meno sostenibile l’atteggiamento di acquiescenza nei confronti dei sistemi dominanti della cultura e della produzione simbolica. Il tempo della sospensione diplomatica sembra essersi concluso, lasciando spazio a una presa di posizione critica più esplicita e consapevole.

99 coming to jail_ Zamari
140 Coca roja_ Zamari
111 Hellzapoppin_ Zamari


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