Alessandro Cinelli legge Malos Mannaja (Estraccando da dentro il sorriso)

da Malos Mannaja, Trenini di parole da stipare di passeggeri significati, pubblicato da “I figli belli” di Mauro Mazzetti.
Capitolo due: Estraccando da dentro il sorriso
Videolettura di Alessandro Cinelli
Produzione Biblioteca Clandestina Errabonda

Notte.
Trìngoli stùrbano i sogni bambini. Rannicchi respiri sufflati di sotto la coltre che è autunno inoltrato. Latrato. Lontano. La fine di un sogno amaràso. Rincorso-attaccato a quel refolo eietto che po’ migliorava. Più forza. Più forza, mi sento. Ma dopo di pranzo mi stendo, lo stesso.
Notte.
Tonfo, ton-tònfo strusciato sospetto, respiro spezzato, frammenti squerpéni di lacrime inflitte. Perché non c’è un altro rumore, anche fretto? Silenzio. Silenzio mutòso. Titrìngolo è il sogno o il silenzio che trema calpesto? Fai presto, concedile un passo tra passo, soltanto un solissimo passo nel mentre le gambe si screttano, piegano e crollano. Un passo, dolore ungulante stringente che stritola il cuore malato di donna. E’ tardi, già tardi.
Maaamma? Maaammaaaa? Non scherzi che sgroppiano i visceri sotto qui dentro. Ma-mammaaaa? Mamma, rispondi. Rispondi che sotto qui dentro la coltre paurosa sìlàc’era e abbranca più stretta. C’è ancora? Rispondi che un grido indistinto tensioso s’accresce e si preme sul collo. Resiste un istante.
Tracollo. Si sfruffa la coltre più isterica e svolta nell’aria. Sobbalzo nell’urlo ed i piedi tuntùnnano corsi. Sclastànti le porte si aprono rapide entrambe: la porta seconda è lo scrigno maligno di abisso infinito. Profondo scurissimo vuoto di tutto, riverso… vicino al tuo letto s’affoga. Ma… mamma? Nessuna risposta. L’abbraccio avvolgente più caldo è già tiepido. E poi sarà freddo, disgiùntile e rigido. Non puoi non rispondere, un cenno, uno sguardo… ti scuosto, mi senti? Che sempre da sempre qualsiasi ognimpégno hai lasciato al richiamo, per me… dai, ti prego, non sogno, son io, non può essere e sei mani molle, mio dio, cos’è che t’ha preso estraccando dal dentro il sorriso? Rimbalza per sciogliere l’incubo in lacrimo liquido. Mammaaaaaaaa!!! Quegli occhi non lùciano attenti, né attendono incerti: mi fissano enormi sgranati, nerissimi, mòrtidi. E il volto più dolce è viscoso, stortato in un smorfio raffermo inchiodato. Terrore selvaggio. Non è. Non è più. Se fosse verrebbe. Farébbimi un segno, una micco, un sorriso, pur minimo-mino. Nessuna distanza bastante sarebbe e tenerla discosta dall’urlo del bimbo più solo, nessuna prigione né gabbia immaterica o fisica… Adesso lo sento: non è, non è più. Nessùnamai parte si altrova per quanto si cerca in un luogo neanche, di dentro e di fuori a qualsiasi universo. Sento. Certezza di un attimo obliato d’incanto che è troppo asfissiante ai polmoni bambini. Già prego e m’incorro di fuori, le scale di marmo non hanno tempòre, la rampa, la porta vicina che dorme. La pesto coi pugni e con strilli, che presto verranno ad aprirmi. Gianfrancaaaa! Gianfrancaaaaa! Mio Dio, che succede? Damiana? Mio dio, la Damiana, dov’è? Su ora calma, su calmati bimbo, dai calmati e dimmi. No, stringimi, stringimi… Andiamo, vediamo. No, …stringimi, stringimi, stringimi, stringimi, mamma… la mamma… la mamma non è, non è più.

Di Damiana non rimane molto.
A documentare l’esistenza della madre adottiva di Nicola, restano solo la tomba 1730-A-91 al Colombaio-3 di Treviglio e una poesia salvata da Nicola dentro una copia consunta de “Il posto che non ha confini” di Josè Donoso. I versi risalgono più o meno ai sei anni del figlio adottivo e nelle intenzioni della donna il brano doveva intitolarsi “tutto bene, stamattina”.
Damiana all’epoca era già malata. Mi piace pensare che abbia scritto quanto segue schizzando le parole su un block notes giallino mentre vegliava sui giochi del figlio in un parchetto.

salta! salta! salta!
sempre più in alto, hop!

corri felice tra sterpi e ginestre
sentieri d’insetti
cetonie ossessive
si vive!

d’incamto improvviso
c’è l’occhio d’un extraterrestre e ti spia
…sorriso poroso…
lo senti, ma non ti voltare
no-no! non guardare mai indietro
continua a giocare col cuore di vetro
e ricorri

ché ognuno
ha il suo tempo in appello e il cristallo è incrinato
lo devi capire che tutto va bene
sì tutto va bene
va bene


9 risposte a "Alessandro Cinelli legge Malos Mannaja (Estraccando da dentro il sorriso)"

  1. Ringrazio Malos anche per il testo (in alcuni punti differisce, sebbene minimamente, da quello recitato da Alessandro Cinelli). Tutto è visto, tenuto insieme, da un occhio “clinico”. Ogni cosa può sembrare inutile ma rimane momento irripetibile di una vita, perché sì, nonostante i giochi a volte fantasmagorici a cui vengono sottoposti i personaggi, è di vita che si tratta.
    Abele

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  2. Amo la scrittura di Malos, il suo rapporto con il linguaggio, che si evolve (o dovrei dire involve?) fino a diventare porta per l’accesso all’inconscio, quasi come la musica, ma più della stessa musica, perché attinge alla parola destrutturandola fino alla sillaba e ricomponendo “incubi” diversi all’interno dello stesso segno. Persino le variazioni di genere e gli articoli che sembrano seguire un altro percorso rispetto a quello dei sostantivi a cui si riferiscono, svolgono la funzione di porta aperta direttamente sull’emozione e non sulla percezione di questa.
    La lettura è perfetta: indugia, fa pause, velocizza, quasi ad accompagnare quelle sillabe che si distaccano dalla realtà per ricomporre i ricordi in una forma accettabile al conscio, ma non per questo meno aderente alla verità.
    Ottime letture su questo blog. Ottime.

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  3. mi sono profondamente commossa.
    così come sono tutte le parole, rubate alla gola per urlare, cercando. Un respiro.
    Bellissima la visione video – è da stamattina che attendo di vederlo … dall’ufficio mi è impossibile farlo.
    E ora, posso ancora – ri – vederlo. Ancora.

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  4. non so perchè, mi ricorda il miglior Pascoli..sarà il tema della morte (m)aterna, ma anche aggiungo il rimo che è realmente neo-classico nonostante le volute discrasie lessicali..mi è molto piaciuta, anche nel ricordo di Damiana, Viola

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  5. O!
    mi viene in mente, in sintesi un po’ scontata, :
    dal dentro l’urlo di Munch
    come se il termine estraccando (davvero notevole, notevole) contenesse, in movimento e allo stesso tempo, l’estrazione dolorosa-dolosa e la tracimazione -esondazione (liquida, viscosa e vischiosa) a rappresentare un passaggio di stato,
    il “tra.passo attraverso il passo” (altro focus densissimo), da prettamente fisico, con un epicentro focalizzato (nel cuore, dentro il sorriso, dentro il suono come sorgente dello stesso), dicevo da fisico, a liquido, in circolo anche verso l’esterno, infine ad aeriforme, espanso, nuboloso, fagocitante ogni colore (non colore), ogni suono (più che silenzio: non suono, l’urlo appunto del quadro) .

    In altre parole, un’espansione dal particolare: la donna e il bambino nel loro qui ed ora, nella loro paura isolante e desolata, all’ universale che liquefa dal buco oscuro di ciascuno, in un unico travaso dall’epicentro ragno (la vita, ma anche la morte) per un movimento contemporaneamente centripeto-centrifugo.

    A proposito di movimento, sai con l’uso che fai tu (tu Malos) del linguaggio: un uso accecante,
    l’hai reso ad ondate,
    tuono a refrain e in contemporanea lampo immobile, a fissare l’accadimento come occhio sbarrato
    quello del lettore o quello del terrore protagonista bambino, o anche quello fisso della madre, o, ancora quello dello spettatore interno (gianfranca).

    Di più e meglio: nn si avverte alcuno sbalzo narrativo nei momenti dei vari personaggi che intervengono: ecco un vero flusso, un’immersione nella narrazione anche del lettore, l’accadimento che per tutti accade.

    Sul piano formale, lessicale e quant’altro, non sono un’esperta (e men che meno in un racconto), però niente paura, non è una manfrina, non mi esimo (o esimio :-)):

    trovo una sinergia davvero riuscita fra significato e significante,
    dice bene P.Panebianco quando parla di “porta aperta direttamente sull’emozione e non sulla percezione di questa”,
    ottenuta fra l’altro (anche, ma non solo), attraverso, e nel tuo caso mi ripeto,onomatopee, sinestesie…ecc..e un sacco di altre figure.

    Ah, ho già detto dei molti momenti che ritengo altissimi, questo per es:
    “Perché non c’è un altro rumore, anche fretto? Silenzio. Silenzio mutòso. Titrìngolo è il sogno o il silenzio che trema calpesto?”
    con quel “fretto”, “mutòso” e “titrìngolo” che sono, ah sono !!!!!!!!

    [inciso: mi lacera questo racconto, mi fa venire ogni volta che lo rileggo la pelle d’oca,
    sinceramente non sono riuscita a cenare
    dunque l’entusiasmo.., spero cmq non fuori luogo
    l’entusiasmo è leggerti, malos]

    Infine, certo, assolutamente da rileggere e anche riascoltare (che davvero Cinelli, lo esalta, dunque complimenti anche a lui), perché i tuoi scritti aprono scrigni, porte e quant’altro, un senso di smarrimento, ma anche quello di eccitazione ludica e profonda e di entusiasmo: adesso frugo chissà che bottino (che per chi ama la serendipità è il max)-

    Strepitoso malos!

    Grazie perciò tantissimo ad Abele
    complimenti a te, a malos e a Cinelli.

    Scusate eventuali errori e confusioni.

    ciao

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  6. uè, ieri sera m’avete fatto arrossire, così non son riuscito neanche a scrivere grazie.
    quindi grazie a tutti dal quore del cervello del nano.
    (e a parte ciò, mentre rileggo, trovo che a distanza di quasi dieci anni, questa storia fa ancora male. tanto. quindi l’esorcismo m’è riuscito solo in minima parte)

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