Angelica Cante: Spalle al lupo

“Spalle al lupo”. Apre su uno sfondo che concede più possibilità l’emblematico titolo scelto da Angelica Cante per nominare la sua prima silloge poetica, dove già dall’ìncipit s’intuisce la dimensione psichica in cui si sarà calati proseguendo, passo dopo passo, nel fitto e denso “bosco” d’ immagini con le quali la poetessa redige il proprio paesaggio interiore: una selva di fotogrammi frastagliati dai forti chiaroscuri. È la sua poetica, la sua impronta – orma – fatta parola, che si dà visceralmente. Uno scorrere pulsante attraverso travasi di scabra visione surreale dove scabrità è necessaria, dove scanalature sono affondi tra passato e presente che vengono in contatto, vasi comunicanti, rivoli a convogliare immagini che non si collocano ma s’imprimono, pervadono, con il flusso inarrestabile della loro potenza suggestiva: scorrere di piani basculanti che oscillano tra la disarmante, pura visione bambina (con la sua labilità propriocettiva) e la sezionante, spietata rivisitazione adulta della stessa che violentemente s’impone ad annientarne il sogno.

È in questa fusione, contaminazione sinestesica d’- uggiolante – drammatica rappresentazione che s’incontra, si percepisce, si respira la tensione dominante dall’innegabile potenza espressiva con cui l’autrice scandaglia se stessa affidandosi al mezzo della Poesia, in un cercarsi, rincorrersi tra i versi in proiezioni che, come gioco di specchi, rifrangono quanto sotto la spinta di una forte pulsione emotiva viene convogliato in – forma – grazie alla sua straordinaria sensibilità artistica.

Amore, irrisolto interiore, dolore, conflitto, questi i temi che dispongono una – pista – da seguire testo dopo testo, laddove le tracce portano a una chiave di lettura complessiva dell’ opera: il lupo inteso non come aggressore o antagonista esterno ma come quella parte del sé annidata nella zona più lontana e profonda del proprio essere a “racchiudere” il desiderio d’ –incorporare- quello che viene inteso come –bene- necessario alla propria sussistenza sia esso da perseguire con intensità autodistruttiva. Non esiste compiacimento nella materia immaginifica di Angelica Cante dove fragilità e furia si dibattono sull’unico vero campo di battaglia: il Soggetto.

Sapere se nell’ intenzione di Angelica Cante, “Spalle al lupo”, sia inteso come rappresentazione di un invito a essere catturata dal morso di quel – qualcosa – impossibile d’ ammansire al quale non opporre resistenza, pena la separazione da se stessa o se venga inteso come atto riassuntivo di rinascita (pronta a emergere nuova da una condizione lacerante, con lo sguardo posto avanti), non è fondamentale, in un contesto poetico in cui tenerle la mano attraverso sentieri che portano alla scoperta dei suoi luoghi segreti diviene sguardo al suo immaginario, palcoscenico di forti emozioni dove ognuno sicuramente troverà qualcosa di sé.

Doris Emilia Bragagnini 

 

CASA DA MASSARO

mi dicono sia rosso il temporale
che sbatte imposte e tuona
alle finestre gialle come le vene
sulle mani gonfie e lo sforzo
di rauca voce alle gengive nude.

ormai dal sentiero un raccolto di torsoli
e un vento che li smuove appena
segna un autunnale passo
-adesso-
dissonante di ciò che fu di foglia.

ma ogni spicchio conosce infine il taglio,
i miei pensieri slegati già dai rami
quando la terra si fa supina e curva
sulle mie ossa e la tua veste nera.

e aspetto la fredda bruma di pianura,
dimentico del cielo e nessun pianto,
dimentico di squarci e di riparo.

il nuovo marzo ad abbracciare il tutto
sorprenderà la mia voglia di tornare
alle tue mani rosa ed ai ricordi,

ai sogni bianchi di tua madre
deposti nel cortile .

a volte nonno non bestemmiava
lavorava nel granaio e canticchiava


(cosa piangi poi?)


A FUCILARMI TRA I CAPELLI

Sai dirmi se anche lì da te c’è il rumore?
se anche da te bisogna rannicchiarsi
per nascondersi ai colpi,
alla terra che ha il tuo odore,
alle stoviglie di armamenti sfatti?
trincerarsi per non perdersi

io qui sto di vedetta alla finestra,
la stessa dalla quale non vedo la tua torre
e se mi sposto qualcuno
mi deve pur garantire che non
si muoverà a scacchi la sua ala prigioniera

ho avuto notti bianche di sogno e di riposo
addormentarmi sveglia alle tue mani,
le impronte che costruivo come
a me sembrava esatto,
con le tue dita a fucilarmi fra i capelli.

poi sono dovuta andare.
mi dicevo che ormai era tempo
il tempo che non avrei dovuto.

lasciare la tua casa senza una corazza

by Angelica Cante

MATRIOSKA

-Partorirai con dolore, a volte,
a volte la voglia di uscirti dalla carne-

migliore omaggio non potevi trovare
per raccontare un sogno desto
che porto ancora scritto tra le gambe

dove il cuore non è solo un muscolo
pulsante, un dire t’amo e quel pensare
con nostalgia all’incontro,

solo una piccola striscia rossa
tra il corpo ed il pensiero.

dev’essere contagiosa ormai la voce
se anch’io rileggendo questo tuo fioretto
rimango sorridente e muta.

non ho altre me per dirti
quanto leggiadro sia
questo rimpianto,

di quella mela tonda sul suo ramo,
amore che stringi il fiato sui miei cerchi.

ha proprio il sapore di una voglia nuova
Emma sorridente, gioca

ed io mi apro.

DEL MIO GIARDINO

polvere
che ha toccato
la tua bianca carne,
distesa

che ha buttato fiori
di tradimenti pianti
dentro fosse aperte

mi abbracci
dalla voce accorata
ed io tocco
la croce pura
del tuo sentimento

non riesco a piegarmi
alla bruna terra
d’echi benedetti nella gola
se le mie mani ti donano tenebre

sconosciute
dove il tuo volto si confonde
ed io sono
ardore senza donna.

con le rose cupe dei pensieri.

 

by Angelica Cante

ARRANGIARE LA CARTA E’ UN’IDEA

 padre, non cantarmi ancora
di quando la carta sposò l’idea del legno
ed un ramo torto
contraltava tutti i giorni persi.

ti dico non parlarmi
di quando anche il silenzio si è taciuto.
voglio che tu mi faccia l’illusione
di dirottare il niente in un’onda

di arrangiare un suono sulle labbra,
di fare inverno con un sempreverde.
tanto li sento ancora i chiodi nuovi
vagare e farsi strada sui miei polsi,
quasi il tempo non abbia fatto mai sapone

nelle tue mani concave di morte

STORIA D’AMORE COI CRAMPI

 M’eri in dissoluzione nella buia
carne, nei sogni: una mortale spoglia
sperduta dietro questa vita; eppure
ti amavo sempre.*

forse perché le tue nocche dissodate
incidono solchi sulla mia schiena curva
o perché le unghie sanno ormai sedimentare
sinonimi e contrari sulla pelle,
è diventato un gesto di domani le tue mani,
senza riparo, amore, separate.

c’è che a tal modo

rammento qualche parola antica ,
una vecchia nenia
nel quotidiano avanti dell’infanzia,
lo sciabordio del suono nelle orecchie
che tracciavano curve angolate sulle labbra,
una cicatrice sotto il mento
sulla quale sbadatamente insistere,
cara la tua consolante seduzione,
o -tutt’al più- cullarmi.

e poi

spiarti ogni noia tra i capelli,
il tuo essere stato che non so,
non ha più il tatto disfatto dal silenzio
o il controsenso di ogni polpastrello
-davvero?- con sorpresa già distratta,
-non qui, non ora!-
di sciabordio e di nodi ai pescatori,
capaci di tagliarmi lama a lama
solo un momento prima, un neo soltanto
da consegnarmi il pieno di vocali.

infondo imparare la tua lingua
non dovrebbe essere null’altro
che applicarsi
-inclini alla leggenda dei profeti-
al niente che oltrepassi, voce dopo voce

la tua voce
—————————————————–
*P.P. Pasolini

Angelica Cante, Spalle al lupo, Kimerik, 2009
Illustrazione di copertina di Roberto Matarazzo, fotografie di Angelica Cante


21 risposte a "Angelica Cante: Spalle al lupo"

  1. Un “palcoscenico di forti emozioni”, come dice Doris. Un farsi la guerra, scavarsi trincee, guadagnare terreno… ma sono anche versi del tempoo che fu, di un mondo che ci appartiene ancora, di uno strazio che si rinnova.
    Abele

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  2. Abele…grazie di questo. di tutto questo. di avermi dato la possibilità di essere qui, di essermi vista letta fedelmente così come speravo fosse, così come ha visto Doris quando mi ha “raccontata”, così come mi ha disegnato Roberto. questo libro per me ha rappresentato un cerchio. un giorno ho parlato di una casa senza più angoli dentro in quali nascondersi. ecco, questo libro parla anche si quella casa. che so che c’è.

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  3. Ma quanta bellezza messa insieme! Complimenti a Doris per la lettura che accompagna il canto de versi che penetra come una lama sottile nell’anima di chi legge.
    Casa da massacro mi ha quasi impedito di continuare … sembra quasi fare il “lupo” in questo post … (come nella copertina cioè sta dietro – inizio – ma non solo, sembra quasi esca da dentro formando una sola cosa con chi lo fugge (?) … impossibile dunque non portarlo con sè … ) complimenti ad Abele per la splendida proposta,
    un saluto
    Anto

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  4. rilegendo il commento di antonella che ringrazio per come è riuscita a cogliere il significato più profondo dell’immagine di roberto vorrei chiedere ad abele se fosse possibile correggere il titolo di casa da massacro che è in verità casa da massaro.

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  5. Parto da questo splendido intervento di Antonella per spiegare quanto sia straordinario per me osservare ancora una volta in che modo, le dirompenti poesie di Angelica, acquisite da ciascuno in modo personale, ad un’attenta definizione dell’emozionalità riportatane, rilasciata tramite commento (o opera figurativa come nel caso di Roberto) dalle varie personalità, rifletta un’ alta definizione del filo conduttore che percorre l’opera e che appare come punto di riferimento comune.

    Questa è la risposta che mi viene in mente per chi affezionato ad un’idea di Poesia classicista come unica dimensione veramente artistica tenda a liquidare questo tipo di poetica difficilmente inquadrabile in una categoria, spesso sminuendola, tacciandola di -senza senso -.

    Quando Angelica mi ha chiesto di scrivere “delle sue poesie”, la mia prima idea è stata:
    “oddio non ne sono capace provo talmente qualcosa di viscerale a leggerla che non sarò in grado di mantenere il giusto distacco e poi non ho i mezzi tecnici indicati, la sua Poesia merita qualcosa che non sono in grado di dare”… poi alla sua – resistenza- alle mie perplessità ho cercato di raccontare quello che per me risultava evidente come:

    È la sua poetica, la sua impronta, -orma- fatta parola, che si dà visceralmente; uno scorrere pulsante attraverso travasi di scabra visione surreale dove scabrità è necessaria, dove scanalature sono affondi tra passato e presente che vengono in contatto, vasi comunicanti, rivoli a convogliare immagini che non si collocano ma si imprimono, pervadono, con il flusso inarrestabile della loro potenza suggestiva: scorrere di piani basculanti che oscillano tra la disarmante, pura visione bambina (con la sua labilità propriocettiva) e la sezionante, spietata rivisitazione adulta della stessa che violentemente s’impone ad annientarne il sogno.

    Ecco solo qui abbiamo due testimonianze dello stesso pensiero, prima nell’immagine tremendamente suggestiva di Roberto ed ora con Antonella… ad ampia prova che quando si tratta di vera Arte il messaggio viene recepito, assunto, introiettato.

    Chi leggerà questa silloge non ne uscirà di certo – illeso – ed è un grande complimento che ti faccio An…

    Doris

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  6. Gentile Angelica, vorrei dirti che sì, che “anche qui da me c’è rumore” però la poesia riesce ad attutirlo; riesce a condurmi in un altrove dove odo altre voci, altri suoni; dove incontro altri poeti come te, per esempio, che riempiono la vita di bellezza, di segni che rimandano a significati più intensi, di immagini che contendono il quotidiano a sentimenti e idee.
    Trovo i tuoi versi molto originali. Complimenti!

    Rosaria Di Donato

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  7. intanto do. ecco quando dico intanto do e mi chiedo come farò a dire di doris sento nel mio chiamarla do tutta la famiglia che lei mi ha DOnato in questo anno e mezzo. no, non avrei voluto mai nessun altro , mai nessun altra a scrivere delle mie poesie. e non solo perchè doris conosce le mie poesie e le ha viste nascere ma soprattutto perchè doris che ha la testa la pancia il cuore e l’animo da poeta è stata la sola persona (insieme poi a roberto) che ha inteso quel lupo così come io lo intendevo. quel lupo che abbraccia si come giustamente fa notare antonella e che non puoi quindi non portarti dietro .
    senza doris questo libro forse ci sarebbe stato lo stesso ma senza doris io non ci sarei stata nel medesimo modo.

    grazie di cuore al commento di tutti voi, alla gentilezza e alla pazienza di abele che ha saputo farmi sentire subito a casa mia. un abbraccio. an.

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  8. c’è un verso, in particolare, che m’ha colpito: “non ho altre me per dirti”.
    e poi i capelli. tanto impietoso e brusco è il “fucilarmi”, quanto ricorda un grooming amorevole il successivo spulciare via la noia.
    bello anche il titolo del libro.

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  9. Ognuno di noi si porta dentro figure e visioni, e Angelica trasfonde in maniera mirabilmente partecipativa quelle del suo esistere, per questo non si può non ammirare la sua capacità poetica. Immagini rese con vigore, rese vive dai colori della parola.

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  10. Cara Angelica, Doris, che amo moltissimo, mi ha segnalato questo tuo libro di poesie, direi un libro di geometria , di specchi e labirinti della memoria , dove c’è sì lo “strazio nuovo che si rinnova” segnalato da Neobar, o quella ” lama sottile nell’anima che legge”, di cui parla Antonella , ma anche il senso del gioco, una grande scacchiera luminosa dove si affacciano le immagini, anzi le parole si fanno immagini, diventano fatti, ed ecco allora che l’anima si fa corpo sottile e spia attraverso gli interstizi dei ricordi, spiano la ” noia tra i capelli”, o le “rose cupe dei pensieri” e il ” cuore che stringe il prato sui miei cerchi. E tuttavi c’è qualcosa nei tuoi versi pieni di incroci e rimandi ( “quanto leggiadro sia questo rimpianto”) che mi richiama la dolce e dolorosa solitudine di un Mallarmè, una sorta di ventaglio in cui , a tratti , si vive la pura dolcezza senza cammino che fanno i fiori e le cose lievi della terra ( anche l’assoluto soffro di isolamento) , una solitudine che va verso l’alto, verso l’idealità che si estende illimitatamente . E lo spazio ” rabbrividisce come un gran bacio che, folle di non nascere per nessuno, non può scaturire , nè raggiungere la pace. Una volontà ( forse inconscia) verso l’altro che fallisce, ricade su se stessa, non conserva altro che il “sorriso seppellito”, la coscienza del duplice fallimento. Resta solo una cosa che ti salva , che potrebbe salvarti , “solo una piccola striscia rossa/ tra il corpo e il pensiero”. E’ il barlume dell’assoluto.
    Un caro saluto a te e alla “mia” impareggiabile Doris, che ha fatto un’ottima prefazione.
    Ciao.
    Augusto

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  11. augusto sto pensando da minuti come ringraziarti di questo bellissimo commento…solo che non lo so fare. ogni cosa che penso di scrivere poi mi sembra troppo disarticolata. allora ti dico ciò che provo ogni volta che leggo la prefazione di doris. io credo di non essere mai stata vista completamente prima che lei mi vedesse. credo che le devo moltissimo ma soprattutto le devo avermi insegnato a guardarmi senza aver paura di farlo e a guardare agli altri con la stessa forza. questo libro è stato questo per me, guardarmi. ma anche imparare a guardare agli altri smettendola di concentrarmi su di me ciecamente. ed io, credimi, ero cieca.

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  12. Io credo che la Poesia brilli, tutta. Ma è anche vero che quando si incontra un certo tipo di Poesia si rimane abbagliati come dalla stella più luminosa. Quella luce si staglia così perfetta e affilata dal lasciare senza fiato. E dentro si sciolgono tutti i nodi, ogni residuo superfluo viene rimosso per lasciare spazio alla sua bellezza. La Poesia di Angelica ne è un caso esemplare. Davvero grazie per questa proposta meravigliosa e complimenti vivissimi all’autrice.

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