Messa così è semplice: sali sul 4, che ferma sotto la quercia secolare (ibi). Anna ti aspetta, tu scendi e lei prende il tuo posto sul bus: questo è ciò che chiamerei uno scambio di personalità. Quando sarai sotto la quercia, ti vedrei bene come fiammiferaia. Tu preferiresti levatrice. Bionda come il mais.
2. (VERDE)
Prevale il verde. Alberi olenti ed alberi puzz-olenti. Scarta un panino e lo azzanna con forza da colibrì: sa di clorofilla e prosciutto. Non ok, non buono. E, stesi sotto i tigli, si mangiano cuccioli di bruco. Così lui arrotola le palpebre, ricaccia il panino in tasca e continua a raccogliere foglie.
3. (LIMONE)
Cara Ada, ti scrivo da distanze impossibili. Mi mancano il tuo sorriso e lo stufato di manzo. L’annata si è rivelata positiva: dodici ettari fertili ad ananas e fagioli. Qui i giorni si somigliano tutti, ma ai braccianti non interessa. Sanno che l’invisibile non produce raccolto. Un luogo per ogni cosa.
4. (TRAPEZISTA)
La casa del trapezista si trova sul poggio 2. La si raggiunge tramite fune sospesa sulla roggia D’é. La moglie del t. sfida i lomboreumatismi per scendere a valle a comprare fiori di zucca. Una cena luculliana per la vicina trimalcionica Silvia; vola alla casa del trapezista in aerostato; sbuffa gasetere.
5. (VALERIA)
Certo che esistono vari gradi di solitudine. Ne hai provati alcuni, ma è chiaro che si tratti di un paio di pezzi del campionario. Ed è un campionario vasto. Lucia rientra in casa, trova pile di piatti sporchi ed un’agenda vuota. Vi annota i nomi di due amiche col rispettivo temperamento: schivo, vomito.
6. (RAPINA)
Così il tizio entra nel negozio di liquori. Afferra il commesso per la camicia Pendleton e punta l’AK-47 al soffitto. Parte una raffica che scassa cristalli e fa piovere Havana Cola. Il commesso ne approfitta per sguainare il revolver sotto-cassa. Trenta secondi di pavido duello visivo. E questo è quanto.
Bere comporta sacrifici. Tipo scendere al bar ad occhi bassi. Tipo lasciare un discorso in sospeso perché hai sete. Un discorso che riprendo oggi: “Il passato non è mai dove dovrebbe essere: rincasa troppo presto, rovina molti piani. In certi casi mi interrompe. Cosa volevo dirti? Troppi sciacalli, Ada”.
8. (TOTO)
Filosofia. Generico, lo so. Stai mangiando questa torta, e ti chiedi se la fetta, cioè la parte, corrisponda al tutto, cioè la torta intera. La parte scorporata dal tutto, quindi, come un’interezza a sé stante. Però la torta è buona, e non hai tanta voglia di pensare. Felicità indivisibili, proprio ora.
9. (1978)
L’idea era quella di costruire una casa sull’albero. Poi le vertigini hanno rovinato i piani. Così Nuni ha preso a tirare certi sassi levigati rasofiume. Il sole era così basso che il bianco era rosa e l’infanzia solo un’ipotesi. Ci sentivamo uomini per la prima volta: senza costruire, tutto era nostro.
10. (CASE)
Il cane si trova in giardino. Il cane mangia l’osso. Scene di giubilo: un ottimo osso, una giornata tiepida. In camera l’uomo accende la tv. Trasmettono un film caraibico. Carta da parati tropicalista, ma riempie l’aria di sole. Anche qui del tepore. Splendide case per uomini e cani, per cani e uomini.
11. (LUNA)
Perché la luna scende tra le pecore. Sorpresa tra i due pastori che vigilano, benché uno di loro abbia visto volare un montone e cantare una marmotta. Sorpresa comunque, perché un po’ di sano sgomento giova al paesaggio, trasforma la neve in oro ed il freddo in una cetra. Suona serenate alla recessione.
12. (MAGISTERO)
Lo fulmina con occhiate sentenziose. Lui sorride con un tomo dell’enciclopedia swahili in mano. (Voci confuse). “Bene, l’interrogazione verte sul puro significato di “ignavia””. “Dovrebbe conoscere il mio pensiero al riguardo”. “Si attenga alla domanda”. In pratica non ha capelli, la mascella da sfacelo.
Non accettabile. Molto è stato fatto per mettere la ragazza a proprio agio. Certo, l’assenza d’acqua corrente e di elettricità ha reso il dialogo un po’ teso, ma si tratta di episodi irrilevanti e (simpliciter) sormontabili. La ragazza è parsa sdegnata, il precettore chiede prospettive. Rivalutare catene.
14. (MIGRANTI)
Il volo casuale delle rondini nel granaio. Gli abbiamo lasciato dell’uva ed una fetta di torta al formaggio. Digressione, dieci anni in avanti: seduti sotto il portico, brindiamo alla primavera con una Pepsi. Lo sguardo è così profondo da sondare il fondo dello stagno: vi scopre diari delle migrazioni.
15. (CONTROLLO)
Lo scelgono come supervisore. Avanza autoritario, schiaffeggia una donna e le intima di lasciare la fila. Tre etti di pane risparmiato, questo è sicuro. Una volta a casa, il supervisore controlla la temperatura del frigo; abbastanza fredda da collocare le scarpe nello scomparto in alto. Segni del potere.
16. (COCO)
Gli presta l’auto, poi se ne pente e chiama mentre lui sfreccia verso la libertà. Risponde, lei non sa che dire e la cosa muore lì. Però sappiamo che qualcuno sta fuggendo: dipende dai finestrini alzati, dalla musica di flicorno, dai documenti falsi sul sedile e da una foto di indistinti estranei. Cosa?
17. (V)
Lei aveva trentun anni, lui era di nazionalità panamense: il matrimonio parve loro la soluzione migliore. (Lunga pausa). La biancheria sporca ha coperto le finestre, l’aria è scura e densa, respirano canfora. (Oppure). La porta fuori a cena, accosta la sedia alle sue natiche, sfoglia menù intarsiati.
18. (NINA)
Brava nel metterti a disagio. Ogni volta che apri bocca lei prende a sbraitare, agita le mani in un’atmosfera artificiale da modulo lunare, le vene del collo gonfie come fiumi in piena in un monsone fuori contesto. Riconosci in tutto questo il monito dello zio di Nuni: “Mai una parola di troppo, fesso”.
Vedi le cose in modo diverso. Un’altitudine ideale per respirare aria pura, un cielo perfettamente terso solcato da aquile. Tramonto vicino. Ma prima di tutto questo c’è un attimo – un pirla lo chiama genius loci – nel quale i pensieri si scontrano col panorama. Comunicazione verbale spontanea interrotta.
20. (EPICA)
Mamma lascia bambino sullo scivolo. Si avvicina ad un’amica molto sciatta, fumano Camel. Un tizio con palloncino legato al polso le avvicina. Mamma gli porge una moneta da due euro. La sciattona pare rimproverare mamma, ma con toni pacati, un buffetto ed un sorriso. Lo scivolo conduce ad un campo di iris.
21. (VETRO)
Pagine su pagine in bianco, un candido vuoto totale. Anna scrive così, senza convinzione: “15 gennaio 1985. Torna di notte, accosta la porta”. Conta le abrasioni sulle sue braccia, si considera più sola della tartaruga nel lavello in cucina. Una brezza rabbiosa spazza i corridoi come milleduecento scope.
22. (GARCIA)
I giorni nelle colonie sono finiti. Hanno fatto razzia dei beni voluttuari, e tra questi annovero acqua di fuoco e latte di cocco. Nessuna tensione, rare frizioni con gli indigeni, comodamente censiti e divisi in fazioni: il boss l’ha chiamata pax romana. Come dargli torto, del resto? Troppa benevolenza.
23. (RAFFREDDORE)
1983: mamma sceglie l’albero di Natale. La piazza è disseminata di cioccolatini e gelatine. Alcuni di noi, conoscendo il guardiano, si sono infilati nel cinema parrocchiale. Scambiamo la figurina di Renica con delle biglie. Come sempre, i vestiti ci stanno larghi. Indosso calzoni di fustagno senza tasche.
24. (DOMENICA)
Padre e figlio vanno a pesca. Sono acque da trota, benché il ragazzo sogni certi storioni visti in tv. Il padre non fa nulla per contraddirlo, vuole storioni e storioni siano. Sara, la fidanzata del figlio, ha nascosto un vasetto di esche nello zaino. Una nota legata al vaso: “Panini Tasca Interna Dx”.
Considerazioni al momento dell’impatto: splendida nottata, certo la cena m’è rimasta sullo stomaco, Ada mi interrompe ogni due o tre parole per rimarcare quanto sia felice hic et nunc, le fascio le spalle con un braccio insolitamente fiacco, stelle cadenti in ogni luogo ed anche qui, proprio ora.
26. (CENA)
Bevono tutto il vino avanzato, e non è molto. Uno si regge in piedi tramite stampelle improvvisate di bambù, l’altro (impiegato settore trasporti) imita la voce di un attore dialettale famoso nei 70. L’imitazione non è un granché, ma vista la situazione la moglie dello zoppo ride. L’attore rivede una luce sopita.
27. (PAVOR)
Brutalità. Anna chiama il vicino impiccione per chiedergli di evitare commenti spiacevoli in ascensore. Lui appare in una specie di nebbia turchiniccia, una camicia macchiata di sugo e gli occhi di bragia. Anna coglie nel vicino i lineamenti di un maniaco lombrosiano. Crede nelle facce inclini al male.
28. (ONDIVAGHI)
Durante le giornate di pioggia, scomparso dal radar, ama vivere le sue ore accanto al fuoco in compagnia del cane. Spulcia nei ricordi dei vecchi tempi: trova fidanzate violente diventate signore ed amicizie con gente di malaffare, il brivido degli anni selvaggi. Un pugnale squarcia le sue nuvole, ore 7.
29. (TORTA)
Siedono in giardino. Alcuni bevono tè freddo, altri mangiano torte troneggianti come matrone ciccione. Uno di loro si chiama Tito, una di loro Ada. Ada chiede a Tito una fetta di Sachertorte; Tito fa sì con la testa puntuta; Ada arrossisce e sorride, sorride e mangia (macchiando gli incisivi di glassa).
30. (NOTTE)
La mia voce. Non suona come alcuni anni orsono: Anna la localizzava da distanze siderali. Non vibra, pare un guaito mozzato in gola. Fa lo stesso, oggi arriva il divano dei suoi sogni. Chiamerò Anna dal giardino mentre si gode un sonno ergonomico, non farà caso alla mia nuova voce. Ascoltami solo allora.
***BRUNO CLOCCHIATTI, 2010-09-03
*
BRUNO CLOCCHIATTI, di Udine, è nato nel 1976. Ha pubblicato le raccolte METROPOLITAN (2002, L’Autore Libri Firenze) e DÉCO (2004, L’Autore Libri Firenze).
Avevamo sottolineato il taglio filmico delle poesie di Bruno: http://neobar.wordpress.com/2010/08/19/bruno-clocchiatti-variazioni/
Ecco dei testi che confermano la sua ispirazione, dei veri e propri “microfilm” come li definisce Doris, che ringrazio per averceli proposti.
Abele
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ottimi scorci, sembrano pezzi scritti in sintonia con certe situazioni che mi affascinano da sempre..
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ottima poesia quella di Bruno, davvero.
avvincente in piani e inquadrature come dice Abele, e la definizione calza a pennello.
“in cima alla luna!” il mio augurio di sempre.
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Immagino spesso, leggendo versi, il pensiero di chi li ha scritti. Cerco di seguirne il percorso e a volte davvero lo incontro verso, o da, una via che io stessa avrei battuto.
Qui avverto soltanto (soltanto?) lo sguardo e resta segreto, schiarito solo in lettura. Imprevisto e mai scontato.
Grazie, con sincera ammirazione.
clelia
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Scrittura filmica straordinaria, piacevolemente divertente e non manca anche un’offerta di riflessione, come degli haiku.
BAR mi è piaciuto tanto.
Complimenti, Bruno.
Vincenzo
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Grazie ad Abele, Roberto, Cristina, Clelia, Vincenzo ed – ovviamente – a Doris. Solo una breve nota per sottolineare che 3/0/5 non è un raccolta di poesie, bensì una serie di romanzi brevi (compresi in 305 caratteri, lo spazio di un paio di sms). La poesia, quella, è cosa per gente fine. Ubi maior minor cessat.
Abbracci,
Bruno J. Clocchiatti
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Bruno Clocchiatti che ritrovo con piacere…in questa serie di puntute, al max 305 🙂
Ottimo Bruno, ciao
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Bruno è reale. Grazie.
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ORIGINALI, MOLTO GUSTATI
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Finalmente caro Bruno.
delizia leggere affinità di sorriso. Grazie
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Non smetto di sorprendermi quando rileggo questi
-passaggi- che si aprono a panoramiche impensate… straordinarie. Approvazioni tutte meritatissime.
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è un bell’andare, apparentemente a caso, lungo un elenco apparentemente sensa senso. ma poi ho pensato che è come ritrovarsi in mano delle foto raccolte alla rinfusa in una scatola. le si prende cercandone una, magari, e ci si trova invischiati a ripercorrere il filo di in un momento, un suono, una voce, una situazione, spesso di un’intera esistenza …
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Romanzi brevi o corti d’autore…
Ognuno evoca una scena, trasmette un mood, ma soprattutto comunica
lo stile del regista, ch’è fine osservatore e poeta essenziale della vita.
Sono deliziosi, Bruno!
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